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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

La situazione non era sempre migliore nel caso dei giudici, spesso ac-

comunati ai vicari nelle accuse di corruzione, tanto che fin dal 1454 il

duca Ludovico aveva concesso, insieme ad altri privilegi accordati alla

comunità, «quod non liceat iudicibus nec vicariis dicte civitatis […] ali-

quas sportulas petere seu exigere ab aliquibus civibus». L’esistenza di

lagnanze nei confronti dei funzionari era considerata come inevitabile,

al punto che nel 1467 la comunità decise di nominare una commissione

ad hoc

per raccoglierle, decretando che chiunque aveva lamentele da

sporgere dovesse esporle in un memoriale, così da poter inviare al duca

un

dossier

unitario «contra omnes et singulos officiarios et iusticie ad-

ministratores».

In qualche caso le lagnanze dei cittadini fanno affiorare una realtà

assai curiosa di traffici e piccole illegalità condotte al coperto della ca-

rica: come quando, nel 1489, il consiglio di credenza denunciò il giudi-

ce messer Giovanni da Gattinara per aver fatto entrare in città, sotto la

copertura della propria autorità, del vino «quod vendi facit ad taber-

nam», senza pagare la gabella che la città aveva il diritto di esigere sul

vino importato

24

.

Assai più rare sono invece le tracce di conflitti più propriamente po-

litici, e a farne le spese sono quasi soltanto i governatori e luogotenen-

ti generali insediati dal duca a Torino, spesso inclini a prevalere con la

propria autorità sulle ragioni della comunità e a corroderne per quanto

possibile le franchigie: come ad esempio il governatore Giorgio di Val-

perga, che appena entrato in carica, nel 1462, pretese di tenere perso-

nalmente tutte le chiavi di Porta Segusina, senza lasciarne neppure una

alla comunità, suscitando le prevedibili proteste del consiglio. Qualche

incidente del genere naturalmente è documentato anche con i funzio-

nari di rango inferiore: così ad esempio nel 1424 la credenza, convocata

dal nobile Aldrato Guasco «cavalerius civitatis» per ascoltare una pe-

rentoria richiesta di denaro inviata dal duca, deliberò di mandare a que-

st’ultimo un ambasciatore munito di un memoriale in cui fossero ricor-

date e illustrate le franchigie della comunità; «qui quidem nobilis Al-

dratus, quoad confectionem memorialis, non consentit nixi interveniente

consensu curie, aliter non», un rifiuto che provocò la replica stizzita dei

sindaci

25

. Ma nel complesso l’impressione è che vicari e giudici, e ancor

più i loro luogotenenti, tendessero ad allacciare buoni rapporti con la

comunità, e talvolta anche a identificare i propri interessi con quelli dei

24

duboin

,

Raccolta per ordine di materie delle leggi

cit., XX, pp. 1479-87;

tallone

,

Parlamen-

to sabaudo

cit., IV, p. 228; PD 75, f. 327; ASCT,

Ordinati

, 83, f. 30

r

.

25

ASCT,

Ordinati

, 78, f. 109

r

;

tallone

,

Parlamento sabaudo

cit., VIII, p. 104.