

maggiorenti cittadini, anziché porsi di fronte a loro come un interlocu-
tore e una controparte.
Non è detto, beninteso, che ciò andasse a vantaggio dell’intera col-
lettività, al cui interno potere e influenza politica si distribuivano se-
condo linee tutt’altro che egualitarie: al contrario, le collusioni tra fun-
zionari e notabili rischiavano di aggravare ulteriormente il tasso già ele-
vato della corruzione. Rinnovando, nel 1496, i privilegi concessi nel
1482 dal suo predecessore Filiberto, il duca Filippo fu assai esplicito in
proposito, rilevando che le limitazioni poste all’operato del vicario era-
no indispensabili «ad extinguendum extorsiones, molestias, iniusticias
et alias plerasque oppressiones»: tutti abusi derivanti «tum ex longa mo-
ra et regimine vicarii in ipsa civitate tempore indeterminato, tum ex sin-
dicatus deffectu». Restando in carica a tempo indeterminato, spiegava
il duca, gli ufficiali tendevano inevitabilmente a contrarre «amiciciis et
intelligenciis», tali che l’operato della giustizia ne risultava alterato: «hic
iniuste substinetur, alter indebite opprimitur»; senza contare poi che
quelle stesse amicizie consentivano al vicario, al momento di uscire di
carica, di sottrarsi a quel «sindicatus» che la legge prevedeva e che se
eseguito secondo le regole avrebbe messo allo scoperto le sue illegalità
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.
Il fatto che queste considerazioni si ritrovino in margine a privilegi
concessi su esplicita richiesta della comunità, che come si è visto limi-
tavano la durata in carica dei vicari e stabilivano la loro non rieleggibi-
lità per un certo periodo, dimostrano che la comunità stessa era allar-
mata al pari del principe dall’estensione delle collusioni fra funzionari
ducali e notabili locali. È evidente allora che l’immagine di un rappor-
to dualistico fra autonomie locali e potere centrale va, se non modifica-
ta, certo almeno arricchita di qualche sfumatura; e che solo attraverso
l’analisi particolareggiata delle carriere, degli affari e delle alleanze fa-
miliari di coloro che occupavano uffici in città per conto del principe si
potrà sostituire a quell’immagine schematica un quadro più autentico
delle interrelazioni fra società locale, amministrazione periferica e bu-
rocrazia statale.
4.
I limiti della fedeltà.
Qualsiasi analisi dei rapporti fra Torino e il duca di Savoia nel Quat-
tro-Cinquecento non può prescindere dalla constatazione che dopo
La vita e le strutture politiche nel quadro della bipolarità signore-comune
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PD 123, f. 231
v
; copia posteriore, datata erroneamente 1446 come l’originale, in AST, Cor-
te, Città e provincia di Torino, mazzo 3, n. 5.