

Se nonostante simili tensioni Torino restò così a lungo fedele alla di-
nastia sabauda, ciò dipende anche dal fatto che dal rapporto con i Sa-
voia la città traeva pur sempre un tornaconto economico, tale da bilan-
ciare, almeno nei tempi meno tristi, il peso della fiscalità ducale. La prin-
cipale fonte di reddito del comune, a parte la taglia, era rappresentata
dalle gabelle che nel Trecento i principi d’Acaia avevano concesso alla
città di riscuotere, concessione regolarmente rinnovata nel corso del
Quattrocento. Nel 1448 il procuratore fiscale cismontano, agendo, co-
me accadeva non di rado, negli interessi del duca ma senza la sua previa
autorizzazione, aveva fatto causa alla città coll’intento di avocare le ga-
belle al fisco, ma il consiglio ducale gli aveva dato torto e la città aveva
continuato a goderne gli introiti. Le conferme ducali badavano tuttavia
a rendere ben chiaro che non si trattava di un diritto, ma di un privile-
gio concesso dal duca proprio per ricompensare la fedeltà dei Torinesi,
e che avrebbe potuto ad ogni momento essere ritirato: sicché come si
vede la comunità aveva ottimi motivi per non spingere fino all’estremo
i propri dissapori col duca
36
.
Non troppo diverso era il caso dei pedaggi riscossi alle porte cittadi-
ne e che in gran parte erano divenuti col tempo proprietà privata delle
maggiori famiglie torinesi: anche in questo caso una causa per la loro
avocazione al fisco, iniziata ai primi del Quattrocento, si concluse nel
1440 con una sentenza del consiglio ducale favorevole alla città, e an-
che in questo caso il duca sapeva di poter contare se necessario su uno
strumento di pressione economica capace di ridurre alla ragione i nota-
bili cittadini. Un’altra fonte di reddito, che costituiva al tempo stesso
una potenziale occasione di conflitto e un concreto vincolo economico
fra il principe e i cittadini, era costituita dai mulini e battitoi sulla Do-
ra, di proprietà del duca e che quest’ultimo accensava di solito alla città:
la decisione di portare il censo annuo da 800 a 950 fiorini provocò ad
esempio nel 1469 violente proteste, anche se in genere pare che entrambe
le parti avessero tutto da guadagnare da una pacifica convivenza
37
.
Coll’affermarsi della sua centralità amministrativa, Torino era del
resto legata all’amministrazione sabauda da rapporti, anche economici,
sempre più complessi e bilaterali: la presenza in città del Consiglio ci-
smontano e dello Studio era senza dubbio un’occasione di spese per la
comunità, ma anche di profitti, che assumevano talvolta le forme di una
La vita e le strutture politiche nel quadro della bipolarità signore-comune
577
36
HPM
,
Leges
, I, cc. 442 sgg.
37
m. chiaudano
,
La finanza del comune di Torino nel secolo
xv
, in «BSBS»,
xliii
(1941), pp. 2,
9, 15 sg.;
r. comba
,
Il principe, la città, i mulini. Finanze pubbliche e macchine idrauliche a Torino nei
secoli
xiv
e
xv
, in
g. bracco
(a cura di),
Acque, ruote e mulini a Torino
, I, Torino 1988, pp. 79-103.