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l’impotenza della giustizia finissero per provocare conseguenze politi-

camente pericolose. Il 5 agosto 1524, in una riunione del Consiglio, si

discusse «touchant les assemblees qui se font de jour et de nuyt en ce-

ste ville, et a esté ordonné que l’on mecte quelque ordre pour les pren-

dre, et qu’on doije donner une douzeine ou una

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e

de compaignons au

prevost Sacquet avecques quelque peu d’argent pour les entretenir, a

celle fin qu’il puisse proceder a la capture». Il «prevost Sacquet» era

Giovanni Antonio Sacchetto, di Polonghera, nominato capitano di giu-

stizia di qua dai monti il 5 marzo 1519 e quindi, di fatto, responsabile

della lotta alla criminalità in tutta la regione, protagonista impotente del

progressivo deteriorarsi dell’ordine pubblico nel Piemonte di quegli an-

ni. Per quanto elusiva, la delibera lascia pensare che le «assemblees» di

cui si allarmava il consiglio riunissero cospiratori piuttosto che crimina-

li comuni; nessun documento ci autorizza peraltro a supporre che i prov-

vedimenti previsti siano stati effettivamente messi in atto, e la cronica

mancanza di denaro che affliggeva le finanze ducali suggerisce piutto-

sto il contrario

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. In ogni caso, ancora il 26 gennaio 1526 si tornava a di-

scutere in consiglio «du cappitaine de la justice, que est plus que requis

il doije avoir douze chevaulx plus que l’ordinaire qu’il a de monseigneur

et vingt hommes de pied a ce qu’il puisse fere quelque bon exploict de

justice, et pour eviter que aulcune sedition ne se esleve comme il est ap-

parent»: il timore della criminalità era dunque ancor sempre intreccia-

to con la minaccia della sedizione. Poche decine di armati sarebbero sta-

te sufficienti per riportare la situazione sotto controllo non solo in una

città di dimensioni ancora assai modeste come Torino ma, si assicurava,

nell’intero Piemonte; ma per le disastrate finanze ducali anche questo

sforzo era destinato a rivelarsi eccessivo. Il 21 marzo 1526, la duchessa

si rivolgeva al duca nella speranza che questi riuscisse a trovare il dena-

ro necessario e a spedirlo in Piemonte: «il est requis avoir vingt cincq

hommes tant à pied que à cheval pour tenir la justice en craincte et ré-

putation», scriveva Beatrice, «pour les grans maulx et homicides qui ont

esté perpetiez n’a guères». Il denaro non si trovò, ma in compenso sce-

se in Piemonte il duca in persona, mentre la guerra continuava a infu-

riare senza risparmiare Torino, e la sua venuta, se non riportò la tran-

quillità, sembra almeno aver consentito di evitare per il momento il com-

pleto collasso dell’ordine pubblico: in quei mesi Marin Sanudo ricevette

a Venezia lettere da Milano, spedite il 21 maggio 1526, in cui si assicu-

rava che «tutto il Piemonte è in arme, et sono stati amazati circa 200

La vita e le strutture politiche nel quadro della bipolarità signore-comune

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soffietti

(a cura di)

,

Verbali del« Consilium cum domino residens»

cit., p. 71. Sul Sacchet-

to cfr. TG 175, f. 196; TG 189, f. 107.