

568
Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
lo stesso cerimoniale che solennizzava l’entrata in carica del vicario e
del giudice. Così, ad esempio, il 19 dicembre 1434 il vicario Pietro dei
signori di Rivalta nomina «ad officium cavalarie» il suo consanguineo
Nicolò, e la minor credenza, dopo aver ascoltato il giuramento del de-
signato, delibera con solennità che questi «nobilitate et virtute eius exi-
gentibus in militem recipiatur».
Agli ordini del «cavalerius», la «familia curie» costituiva la sola for-
za di polizia permanente a disposizione del vicario e del giudice. Anche
i suoi componenti, solitamente non più di tre o quattro, erano scelti dal
vicario e mutavano dunque con una certa frequenza, poiché il loro man-
dato durava quanto quello dei loro superiori. Tutto indica in effetti che
vicevicario, «cavalerius» e «familia» costituivano di solito un gruppo
professionale ben integrato, spesso reclutato nella stessa zona se non
nella stessa famiglia: così il 13 maggio 1427 il vicevicario Bernardo di
Nuceto dei signori di Cavallerleone, entrando in carica, portò con sé
come «cavalerius» il «providus vir Manuel Nusiglinus de Savilliano» e
come «familiares curie» tre uomini di Cavallermaggiore e uno di Ca-
vallerleone.
A quanto pare, la condotta degli sbirri nei confronti dei cittadini di
cui avrebbero dovuto garantire la sicurezza non era sempre encomiabi-
le, tanto che il 17 gennaio 1460 il consiglio comunale elevava formale
protesta «contra famulos curie qui aperte presumunt vulnerare et per-
cutere gentes in Thaurino eorum auctoritate propria contra formam iu-
ris». Lo stesso «cavalerius» era del resto, talvolta, il primo a dare il cat-
tivo esempio, se il 21 marzo 1526 il consiglio ducale era chiamato a giu-
dicare «circa mulierem violatam in hac civitate Thaurini, ut fertur, per
militem familie vicarii». La scarsa fiducia dei Torinesi nei confronti di
queste forze di polizia è testimoniata dalle frequenti disposizioni con
cui il consiglio di credenza istituiva servizi di guardia a carico dei cit-
tadini, coll’esplicito incarico di intervenire in caso di disordini «ad ma-
nutenendum officiarios curie et fortes eos tenendum». Ma non bisogna
dimenticare che la vera ragion d’essere del «cavalerius» e dei suoi uo-
mini era quella di assicurare la sottomissione della città ai rappresen-
tanti del duca, e che solo a costoro essi rispondevano del proprio ope-
rato, non certo alle autorità cittadine, le quali si sforzavano, almeno nei
momenti difficili, di provvedere per conto proprio alla tutela dell’ordi-
ne pubblico
21
.
21
ASCT,
Ordinati
, 78, f. 101
v
;
soffietti
(a cura di)
,
Verbali del «Consilium cum domino resi-
dens»
cit., p. 130.