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La «sala del Guidobono»

al primo piano di Palazzo Madama,

già detta

«

camera nova verso il Po

»,

così chiamata perché la bellissima

decorazione ad affresco della volta,

fu eseguita dal savonese

Domenico Guidobono nel 1714

Nell'inventario redatto il 21 dicembre

1433 , due anni dopo la morte del Prin–

cipe di Piemonte, il pignolo compilatore

non omette di registrare, nell'aula ma–

gna del castello, nemmeno una corda rot–

ta, già usata come strumento di tortura!

Se però i mobili scarseggiavano, assai

cospicuo appariva, viceversa,

il

numero

delle gioie e delle argenterie , in maggio–

ranza doni dI ospiti e feudatari. Amedeo,

per esempio, possedeva pure:

«un"

iri–

corno"

d'argento guernito di oro e fog–

giato a mano, ossia un

"espion "

che

rivelava i veleni posti nelle vivande »

(F.

Rondolino:

Il Castello di Torino

in

Atti della Soc. Piem. d'Archeol. e B.A.

»

voI. XIII, Torino, 1931). E possedeva

pure un astrolabio, un mappamondo, dei

giochi di scacchi e di carte, armi da tor–

neo, nonchè una diecina circa di libri:

raccolte di aforismi, opere di devozione,

romanzi cavallereschi, manuali d'arte mi–

litare ecc. ecc.

Nella seconda metà del secolo i Savoia

tornarono a prediligere Torino, e, con

Amedeo IX e Jolanda, si può dire ab–

biano veramente inizio la gaia vita di

corte, forse anche la frivolezza, ma, so–

prattutto, il lusso ed i raffinati costumi

per la troppo austera e militaresca rocca

di Porta FibeHona. Le pareti interne, già

squallide e nude , si addobbano di tap–

pezzerie d'alto pregio: damaschi, « taf–

fetas blanc et rouge »,

«

saint cramoys »,

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«dmp d'or », «vellours pers fleurs de

lix », e di arazzi a soggetto ispirato alla

storia greca, punica, egiziana.

Banchetti pantagruelici e rappresenta–

zioni d 'argomento sacro e pagano, non–

chè giostre e tornei disputati sulla piazza

antistante il castello la duchessa Jolan–

da organizzò,

il

16 dicembre 1474, in

onore della marchesa Bernardina del

Monferrato, e, due mesi dopo, per cele–

brare le nozze della figlia Anna col prin–

cipe di Taranto , Federico di Aragona.

Le duchesse reggenti

Un affresco eseguito, presumibilmente

intorno al 1633, nel Castello del Valen–

tino dal pittore Isidoro Bianchi da Cam–

pione, ci ha infine tramandato

il

ricordo

deHe accoglienze tributate,

il

5 settembre

1494, da Bianca del Monferrato, (vedova

del duca Carlo I « il Guerriero» e reg–

gente lo stato in nome del figlio cinquen–

ne Carlo Amedeo) a Carlo VIII, re di

Francia, che si avviava ad una disastrosa

spedizione nel napoletano. Il piccolo prin–

cipino era nato a Carignano il 23 giugno

1489 : nella quaresima di quell 'anno ave–

va predicato a Torino, al cospetto dei

duchi e della corte, il Beato Angelo Car-

letti da Chivasso. Tre anni dopo il rice–

vimento del monarca francese verrà edi–

ficata, nel 1497, la celebre « Galleria »

(cellula degli odierni « Museo d'Anti–

chità» e della «Pinacoteca Sabauda»)

che avrebbe saldato il castello al Palaz–

zo Vescovile (e, quindi al « Palazzo Rea–

le ») sino al 1800.

I decenni che seguirono videro precipi–

tare la decadenza della dinastia, invi–

schiata nel duello politico franco-spa–

gnuolo. Spogliato della quasi totalità dei

suoi domini, il duca Carlo III, detto

«

il Buono»

assistè all'incorporazione del

Piemonte nel regno di Francia, avvenuta

nel 1537.

Li

riscatterà il di lui figlio

Emanuele Filiberto,

in

virtù della vit–

toria di San Quintino

(lO

agosto 1557)

Ma , come Torino ed il Piemonte, anche

il fortilizio di Porta Fibellona aveva su–

bìto profonde umiliazioni ad opera dei

presuntuosi occupanti, i quali , però , in

effetti, in ottemperanza a quanto avevano

sancito le clausole del trattato di pace,

non lo restituirono che nel 1562, non

senza avervi tuttavia demolito le opere

difensive, scardinato i serramenti, fran–

tumato la maggior parte delle tegole,

non senza averlo , insomma , reso pratica–

mente inabitabile, del che il duca, entrato

in città

il

7 febbraio 1563, tosto si rese

conto, trasferendosi personalmente, sen–

z'altro, nel Palazzo Vescovile, e desti–

nando l'edificio medioevale alla Corte, che

vi allestì, di quando in quando, spetta–

coli drammatici nei saloni, mentre gli

altri locali venivano adibiti ad archivio

e ad alloggiamenti per le truppe, e le

torri, a carcere.

Benchè l'argomento riesca decisamente

sgradevole, coteste prigioni, in origine

situate nei sotterranei, richiedono una

breve sosta in virtù dei personaggi il–

lustri che ebbero il privilegio di... ospi–

tare. Fra tutti primeggia Tommaso

III

Marchese di Saluzzo, catturato nel 1395

a Monasterolo, in conseguenza della

sconfitta subita dalle soldatesche di Gia –

como d'Acaja: vi rimase circa due anni

ed ingannò la noia componendo lo « Che–

valier errant », il poema da cui tanta fa–

ma gli derivò, ed a cui si ispirano gli

affreschi che istoriano

il

castello di La

Manta, presso Saluzzo, probabile opera

del Jaquerio.

Altri detenuti di. .. riguardo (trattati

però senza eccessiva cortesia) vanno ri–

cordati: nel 1587 il capitano Antonio

Rubatto da Cuneo, poi decapitato, sotto

l'accusa di aver congiurato per cedere

alla Francia la sua Città, il conte Cata–

lano Alfieri di Magliano, mortovi il 14

settembre 1674, e, nella prima

m~tà

dello stesso secolo,

il

presidente Ottavio

Ruffino, poi liberato e riabilitato, l'abate

Valeriano Castiglioni, il conte Messerati

ed il commendator Pasero. Nel 1647 fi–

nirono pure nelle torri, accusati di aver