

attentato alla vita della
«
Duchessa Reg–
gente» con... pratiche di stregoneria, il
Senatore Sillano, Giovanni Antonio So–
livo, detto
«
Gioia» (!) suo aiutante di
camera, insieme a Giovanni Gandolfo,
frate della Consolata.
Osserveremo, per inciso, che del Ca–
stello, Emanuele Filiberto poco si curò,
e ciò per due evidenti motivi: anzitutto
perchè l'erezione di un nuovo e ben più
munito fortilizio, la «Cittadella », ve–
niva praticamente a sottrargli qualsiasi
importanza strategico-miIitare, d'altron–
de egli aveva già all'indomani del suo
ingresso a Torino posto mano ad un ri–
dimensionamento del
«
Palazzo del Ve–
scovo », che, radicalmente abbellito, rin–
novato e prolungato in direzione del
Duomo sarebbe stato poi comunemente
battezzato «Palazzo di San Giovanni »,
L'occupazione francese
Carlo Emanuele
I ,
a sua volta, conti–
nuando a migliorare il Palazzo di San
Giovanni, divenuto ormai sede stabile
della Corte, non solo si preoccupò paral–
lelamente di accentuare le funzioni di
rappresentanza ddl'ormai smantellata
rocca, pur dotandola di qualche apparta–
mento eventualmente utilizzabile come
residenza principesca, ma ci lasciò ad–
dirittura un documento di estremo inte–
resse, di cui purtroppo s'ignora la data
precisa, ove già traccia un programma
per
«
restaurare et dar forma di Palazzo
al Castello di Torino
». Con ogni evi–
denza,
il
documento ebbe una traduzione
granca nel progetto ideato dal Vittozzi
ed esemplarmente illustrato da M. Ber–
nardi nella già citata
«
Guida alla Mostra
del Barocco»
(voI.
1).
Scrive infatti il
Bernardi:
«Fin dal 1600 Ascanio Vit–
tozzi, l'architetto ducale, aveva dato un
disegno per una nuova facciata del Ca–
stello verso la città; altri seguirono con
un progetto di vasto rimaneggiamento
del fabbricato (demolizione e rifaci–
mento della fronte occidentale con la
decapitazione delle torri romane fino al–
l'altezza del primo piano, la creazione
di un porticato nella facciata verso il
Po, abbattimento della torre ottagonale
con la scala a chiocciola e sua sostitu–
zione con una grande scala in pietra di
Luserna, riparazioni degli ambienti al
pianterreno sotto il salone che guarda,va
la collina), cbe non fu eseguito se n'On
in parte. Poichè fra il
1606
e il 1608
si andava procedendo alla sistemazione
di piazza Castello con
((
portighi" secon–
do l'idea vittozziana di circa vent'anni
prima, è da fissare in quel periodo l'ese–
cuzione della nuova facciata verso la
città, per dare all'intera piazza un carat-
tere architettonicamente unitario confor–
memente ai disegni dell'architetto or–
vietano...
».
«
L'interno del Castello, intanto
-
egli
prosegue -
sempre più si ornava di
pitture e di stucchi ad opera di artisti
ed artigiani vari. Le stanze dovevano
quindi presentarsi splendide per le gran–
di feste date in Palazzo nel
1608,
ano
dando spose due figlie di Carlo Ema–
nuele I . Quanto alle necessarie modifi–
cazioni della facciata, do.cumentate da un
quadro di Antonio Tempesta di circa
il 1620, da una stampa di Giovanale
Boetto di trent'anni dopo, da un'altra
del T asniere del
1675
e da vari dipinti
della seconda metà del Seicento, conviene
tener conto della fantasia degli autori
che spesso si riferivano a progetti non
attuati, sia del fatto che il gusto. del tem–
po esigeva di trasformare con adatta–
menti posticci edifici ed ambienti in oc–
casione di avvenimenti eccezionali. Così
per iil torneo svoltosi nel 1620 in Piazza
Castello in onore degli sposi Vittorio
Amedeo I e Maria Cristina di Francia,
quell'o rappresentato nel quadro del
Tempesta, lavorarono a decorare la fac–
ciata del Castello gli stuccatori Sollero
e Stassio su disegni di Carlo Vanelli; ma
non si sa se, essendo di stucco, la deco–
razione fosse provvisoria o definitiva
».
Carlo Bossoli: atrio e scalone di Palazzo Madama. In questa tempera il pittore ha rap–
presentato nel
1853
Vittorio Emanuele II che lascia il Senato dopo l'apertura delle.
5
a
legislatura del Parlamento Subalpino. Alla sua sinistra, isolato, il conte di Cavour
Maria Cnstina di Francia! Ecco un nome
prestigioso di donna energica ed altera,
a dispetto di una sinistra fama, a cui
molto contribuirono dicerie e leggende
create e diffuse da cortigiani e da lette–
rati faziosi, incapaci di perdonarle d'aver
saputo uscire vittoriosa da lunghi grovi–
gli di contese e di intrighi, assicurando
ad un tempo e la continuità del'la dina–
stia sabauda e l'autonomia politica del
Piemonte che Francia e Spagna, per op–
posti motivi d'interesse, miravano ad as–
soggettare approfittando della sua vedo–
vanza.
A tale sinistra fama di Maria Cristina,
Duchessa Reggente, dall'ottobre 1637, in
nome dei figli ancora in tenera età Fran–
cesco Giacinto (morto a sei anni nel
1638), e Carlo Emanuele II (nato nel
1634, ma succedutole in realtà nel go–
verno dello stato soltanto quando ella
mori il
27
dicembre 1663) sembra ben
adattarsi l'immagine tradizionale che ce
la raffigura intenta a ricamare, a conver–
sare con diplomatici, a firmar decreti,
nel prediletto soggiorno, un
«
gabinetto »
squisitamente arredato e decorato (1639)
dal Grattapaglia in una delle torri, men–
tre nei vani superiori echeggiavano i la–
menti dei detenuti.
Taluno viceversa avanza anche l'ipote–
si che proprio in quei vani risiedesse
e lavorasse, all'opposto, in tutta pace
e libertà il pittore
«
manierista» Fran–
cesco del Cairo!
"Madama Reale"
La « Reggente» infatti una volta scop–
piata la guerra civile suscitata dalle di–
scordie con i cognati Tommaso e Mau–
rizio di Savoia-Carignano aveva giudi–
cato dimora più rassicurante del nuovo
Palazzo di San Giovanni, e per sè e per
la prole non ancora adolescente, la vetu–
sta rocca degli Acaja, decidendo di tra–
sferirvisi stabilmente, con l'intero se–
guito, negli ultimi mesi del 1639. Da co–
testo periodo ha praticamente inizio la
sistematica trasformazione del Castello
in Reggia, trasformazione che con gli ar–
tisti più famosi vide gareggiare i più
esperti artigiani.
«Fu allora
-
scrive
Vittorio Viale -
che fra l'altro ((si voltò"
il gran cortile centrale, e gli si costruì
sopra l'imponente salone, che dava un
ingresso d'onore sia agli appartamenti
ducali sia alle sale di parata e di acco–
glienza.
E
fu proprio di questi tempi che
nei registri
e)
dei maestri di cerimonia
al vecchio nome si sostituisce pian pian'o
e poi definitivamente quello di Palazzo
Madama
». Aggiunge inoltre il Viale:
«
Pesanti velluti neri a fondo oro o leg–
gere sete,
ornavan~,
a seconda delle' sta-
43