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La Biblioteca Nazionale

Liberata Torino dall'assedio francese,

Vittorio Amedeo II si dedicò con ener–

gia e chiarezza di vedute alla riorga–

nizzazione e al rafforzamen to dello Sta–

to, preoccupandosi anche della rinascita

degli studi, del rinnovamento dell'Uni–

versità, del riordino della Biblioteca e

degli Archivi di Corte: diede quindi

incarico nel 1709 all'abate savoiardo

Filiberto Amedeo Machet di provve–

dere alla risistemazione della Libreria

sabauda, che era stata trovata dal Mont–

faucon, l'iniziatore degli studi di pale

0-

grafia greca su basi scientifiche, in uno

stato di caotico disordine quando, nel

1701, era passato da Torino nel suo

viaggio di ritorno dalla visita alle bi–

blioteche d'Italia, descritta nel

Diarium

Italicum

pubblicato a Parigi nel 1702.

Il riordino fu attuato con la collabora–

zione del teologo protestante tedesco

Christoph Matthias Pfaff, che nel 1710

era giunto a Torino alla corte di Vit–

torio Amedeo II e subito aveva rivolto

la sua attenzione ai codici ebraici e

greci, che la biblioteca ducale possedeva

in gran numero, limitandosi per i lati–

ni ad alcuni cimeli, come il

Lattanzio,

scritto in lettere onciali del VI sec.,

appartenente all'antico fondo del Mo–

nastero di Bobbio (riconoscibile nel ca–

talogo del sec. X pubblicato dal Mura–

tori), attualmente conservato nella bi–

blioteca dell'Archivio di Stato di To–

rino. Insieme al Pfaff collaborò a quel

riordino

il

medico e botanico torinese

Lorenzo Terraneo, per quanto concer–

neva la filosofia e la storia naturale.

Venne redatto un voluminoso indice

inventario, in folio, di 768, pagine por–

tato a termine nel 1713:

Index alpha–

bétique des livres qui se trouvent en

la Bibliothèque Royale de Turin en

cette année

1713, conservato presso la

Biblioteca Nazionale Universitaria di To–

rino (R. I. 5), del tutto trascurato ed

ignorato finora.

È

un manoscritto di

notevole importanza, non solo perchè è

il

più antico che possediamo per la

storia e la consistenza della biblioteca

dutnle, che nel 1713 era divenuta reale,

avendo: ' Vittorio Amedeo II assunto

22

quell'anno il titolo di Re di Sicilia,

mutato poi in quello di Re- di Sarde–

gna, ma anche per l'introduzione che

precede il manoscritto, sul lavoro di

riordino compiuto. La nuova sistema–

zione era stata fatta usufruendo di una

galleria destinata dal sovrano a sede

della biblioteca; i libri erano stati di–

sposti in scaffali alle colonne della gal–

leria: 16 colonne nel piano inferiore

e 21 nel piano superiore, in tutto 37

colonne, corrispondenti ad altrettante

sezioni della biblioteca.

L'Index

è di–

viso in sezioni corrispondenti alle co–

lonne: d'ogni sezione è dato l'indice

alfabetico degli autori con il numero di

collocazione nella sezione.

Oltre diecimila volumi sono elencati

sommariamente

nell'Index,

manoscritti e

stampati (una sezione è dedicata ai di–

segni e alle incisioni): come e quando

si era formata questa raccolta?

Quando Emanuele Filiberto nel 1563

entrò in Torino, vi portò la libreria

ducale, ricostituita tre anni prima a

Rivoli con 93 volumi, in gran parte a

stampa. Affidata stabilmente alle cure

di un bibliotecario, il torinese Ludovico

Nasi che la resse dal 1560 al 1582,

la biblioteca si accrebbe quasi giornal–

mente con acquisti che il duca faceva

non soltanto a Torino, ma anche a Ve–

nezia e Lione, due dei più grandi em–

pori librari dell'epoca. Col Nasi colla–

boravano diversi scrittori, poichè il duca

voleva costituire una biblioteca che fosse

un'enciclopedia o « teatro universale di

tutte le scienze

».

Agli acquisti si ag–

giunsero doni cospicui, primo tra i

quali uno splendido esemplare stampato

su pergamena dei 13 volumi dell'edi–

zione plantiniana della Bibbia poliglot–

ta (Anversa 1569-73), donatogli nel

1573 da Filippo II re di Spagna, tut–

tora conservato nella Biblioteca Nazio–

nale di Torino.

Emanuele Filiberto, mente particolar–

men te aperta alla cultura scientifica con

orientamento pratico, curò che la bi–

blioteca non si sviluppasse come raccol–

ta di carattere letterario e artistico sol–

tanto. Questa apertura verso le scienze,

che interpretava

il

nuovo spmto dei

tempi , fu certo mantenuta da Carlo

Emanuele I,

il

cui matematico, Barto–

lomeo Cristini, tenne l'ufficio di biblio–

tecario dal 1585 al 1608. La biblio–

teca tanto si accrebbe, e con essa le

raccolte archeologiche e artistiche, in–

sieme a quelle di scienze naturali e di

strumenti matematici, da render neces–

saria una nuova sistemazione. Carlo

Emanuele I provvide quindi tra il 1606

e il 1608 a far allestire una galleria

splendidamente decorata, che collegava

il Castello (Palazzo Madama) con il

Palazzo del Vescovo, residenza ducale.

Nella galleria vennero riuniti i manG–

scritti e gli stampati che il duca riuscì

ad acquistare in gran numero durante

il

suo regno, suscitando l'ammirazione

degli studiosi.

Preziosi acquisti

Dal 1608 al 1633 fu bibliotecario duo

cale il cremonese Carlo Ravano, cono–

scitore delle lingue ebraica, caldaica,

siriaca e greca. Il fondo dei codici

arabi, ebraici e greci era già divenuto

noto ai dotti del tempo e costituiva

una delle caratteristiche della biblioteca .

La Biblioteca Nazionale di Torino, ere–

de del patrimonio della libreria ducale,

non possiede alcun catalogo della libre–

ria redatto in quell'epoca; uno ne pos–

sedeva, ma è andato distrutto nell'in–

cendio del 1904: il manoscritto A.VII .

56, di 35 carte, anepigrafo, descritto

da Bernardino Peyron come:

Index he–

braice simul et italice per classes dige–

stus operum hebraicorum, quae aut

manuscripta aut impressa in Bibliotheca

Ducum Sabaudiae extabant ante saec.

XVII;

probabilmente il catalogo era

opera del Ravano: la legatura era alle

armi del duca.

Al regno di Carlo Emanuele I devono

assegnarsi gli acquisti: dei codici del–

l'Abbazia di Staffarda, dei codici del

Cardinale Domenico della Rovere tori–

nese (il pronipote Gerolamo della Ro-

vere morì nel 1592 arcivescovo di To–

rino), di alcuni codici della famiglia

Gonzaga ceduti da Carlo I di Gonzaga

Nevers (tra i quali

il

celebre

Plinio ,

con miniature di scuola del Mantegna,

inviate dalla Biblioteca Nazionale di

Torino alla Mostra Gonzaghesca di Man–

tova del 1966 insieme ad altri cimeli

gonzagheschi) e di numerosi altri co–

dici, acquisiti isolatamente, od anche

a gruppi, come il

Beatus

-

miniato

nel sec. XI in Catalogna -, il

Messale

Rosselli

-

capolavoro della miniatura

spagnola nel sec. XIV -,

tI

gruppo dei

codici giuridici miniati a Bologna tra

il '200 e il '300 ecc.

Confluirono nella libreria ducale, fin dai

tempi di Emanuele Filiberto, libri pre–

gevoli, quasi tutti manoscritti e molti

con miniature, che si trovavano nei ca–

stelli, case o cappelle ducali della Savoia

e del Piemonte, come testimoniano alcu–

ni inventari del '400 e '500 conservati

nell'Archivio di Stato e pubblicati dal

Vajra e da altri. Codici miniati per i

duchi di Savoia (ricordiamo ad esempio

i codici della Bibl. Naz. D . VI. 2 ed ·

E. III. 13, miniati per Filiberto I e

per Carlo III), ovvero acquisiti per via

di parentele o portati in dono dalle

consorti (come Bona di Berry, Maria di

Borgogna, Anna di Lusignano figlia del

re di Cipro, Jolanda e Margherita di

Francia, Beatrice di Portogallo, che ci

fanno ricordare mirabili cimeli quali

i manoscritti sicuramente miniati per i

duchi di Berry e di Borgogna,

il

fa–

moso manoscritto musicale in notazione

mensurale, proveniente da Cipro e noto

come ms. ]. II. 9 della Biblioteca Na–

zionale), incunabuli stampati su perga–

mena e miniati. esemplari speciali ri·

servati ai re di Francia, raggiunsero

man mano la libreria ducale. Si formò

lentamente un altro gruppo importante,

non meno caratteristico di quello greco

ed ebraico: il gruppo francese, nel quale

meritano particolare menzione i nume–

rosi romanzi francesi miniati del seco–

lo XV, rispecchianti l'essenza della cul–

tura cortigiana, mentre è di non minore

interesse il complesso dei codici latini