

miniati di sicura origine francese, dei
sec. XIV-XV.
Vale la pena di ricordare che durante
il periodo di reggenza di Madama Rea–
le, Cristina di Francia, somme ingenti
non vennero più spese per la cultura,
ma per feste, ricche e suntuose: tutta–
via nella libreria ducale ne rimase uno
splendido ricordo, monumento caratte–
ristico dell'epoca, nella serie dei grandi,
magnifici album dei
Balletti,
capolavori
della miniatura e della calligrafia del
'600, eseguiti dal cartografo Tommaso
Borgogno. Di alcuni di questi Balletti
si conservano anche le musiche, che si
aggiungono al complesso di codici mu–
sicali, già notevole nella libreria ducale
aumentato poi successivamente con ac–
quisti di cui diremo.
Sul bibliotecario Pier Ludovico Bour–
sier, medico savoiardo, cui la biblioteca
rimase affidata dal 1633 al 1658, pesano
gravi responsabilità di sottrazioni, tra
le quali quella di parte dei manoscritti
di Pirro Ligorio, che Carlo Emanuele I
aveva acquistato e che si conservano,
per quanto ne è rimasto, all'Archivio
di Stato.
Nel 1667 accadde una catastrofe: un
incendio distrusse la galleria: solo una
parte dei volumi fu salvata, gettata alla
rinfusa dalle finestre nella piazza sot–
tostante. Ammucchiati in alcune stanze
i libri salvati vi rimasero, senza più
aspetto di biblioteca, anche se fu man–
tenuto l'ufficio del bibliotecario, fino al
riordino disposto da Vittorio Amedeo II
nel 1709.
La Libreria pubblica e la Biblioteca universitaria
Nel 1713 ebbero inizio e furono con–
dotti avanti rapidamente, affidati a Mi–
chelangelo Garove e Giovanni Antonio
Ricca, i lavori di costruzione del nuovo
edificio dell'Università, cioè l'attuale
tra via Verdi e Via Po.
Il
12 ago–
sto 1714, il Consiglio generale della
città di Torino, dovendo decidere per
l'esecuzione di un legato dell'Infante
Maria di Savoia risalente all' l1 giugno
1656 per l'erezione e
il
funzionamento
di una biblioteca pubblica in Torino,
rilevava: «attesa massime la constru–
zione della fabrica conspicua dell'Uni–
versità de' studij d'ogni sorta di scienze
hormai ridotta a perfezione
in la quale
vi è un vaso proprio, e destinato per
la libreria publica
»,
precisando più ol–
tre «hora massime che detta fabrica
dell'Università e vaso, destinato per la
publica biblioteca,
si trova quasi a
perfectione, ed in istato di ricevere li
sudetti libri»
«et che anzi più presto
sarà possibile si stabilisca la sudetta
publica Biblioteca con l'accompra de'
libri necessari» naturalmente col dena–
ro del legato. Accettando di dare concreta
esecuzione al legato (la cui somma corri–
spondente arrivò poi, nel 1729, e venne
versata dalla Città alla Biblioteca del–
l'Università) la Città si impegnava
«
di
mantenere in perpetuo a spese della
Città detta Biblioteca a pubblica como–
dità
».
Fin dal 1714 la Biblioteca dell'Univer–
sità era destinata ad acquistare questa
caratteristica, ben precisa, di
libreria
pubblica,
che troviamo poi in diversi do–
cumenti. Della biblioteca originaria del–
l'Università, non abbiamo nessuna no–
tizia: sappiamo invece con certezza
dai documenti che a seguito di un altro
lascito di Giovanni Antonio Roggero,
del 1687, pure per istituire in Torino
una pubblica libreria, l'apertura di tale
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pubblica libreria era stata decisa dalla
Città il 21 luglio 1714. Questa pub–
blica biblioteca della città di Torino
veniva sistemata in una delle sale della
vecchia sede dell'Università, in una casa
davanti a San Rocco e vi restava fino
al 1723, anno in cui
il
Consiglio gene–
rale della Città deliberava, il 17 mag–
gio, che poichè il re - dopo aver dato
ordine di trasferire «
la sua libreria nel
vaso della pubblica biblioteca della Re–
gia Università»
manifestava
il
deside–
rio che vi fosse pure trasportata
«la
libreria aperta dalla città a benefficio
pubblico nell'anno
1714
in una sala
dello studio
»,
si procedesse alla conse–
gna della Libreria civica con i relativi
inventari.
Il
re riteneva che «uniti i
libri della sua libraria a quelli della
suddetta della Città si comporrà un'otti–
ma libraria
».
L'inventario diviso per
materie, recante il titolo:
I ndex libro–
rum Bibliothecae Regiae Urbis Tauri–
nensis, die
20
maij
1715»
è conser–
vato nella Biblioteca Nazionale tra i ma–
noscritti (R.I.61, con legatura are armi
della Città di Torino: comprende solo
stampati.
A questi fatti si accompagnarono le Re–
gie Costituzioni per l'Università del
1720, 1723 e 1729. In quella del 1720,
pubblicata per l'inaugurazione dell'Uni–
versità rinnovata, si legge: «Ed avendo
noi determinato, che dentro la stessa
Università si stabilisca un'ampia e scel·
ta Biblioteca per comodo sì degli Stu–
denti, che del Pubblico...
»:
seguì su–
bito . con regia patente del 15 novem–
bre 1720, la nomina del primo prefetto
della Biblioteca, al cui compimento la–
vorava Filippo Juvarra (1721) del quale
la Biblioteca Nazionale conserva una
importante raccolta di disegni. Si sta–
bilirono un organico di personale, un
orario, le modalità per la lettura e gli
Antifonario bobbiese
dei secoli
X -
XI
con annotazione musicale
di tipo sangallese
obblighi dei lettori. La costituzione del
1729 stabilì l'obbligo per tutti gli stam–
patori degli Stati del Re di Sardegna di
consegnare una copia degli stampati e
l'obbligo ai professori dell'Università di
consegnare una copia dei loro scritti al
termine dei corsi «sotto pena della
perdita dello stipendio per mesi sei
».
Il
primo prefetto, avvocato Picono,
diede mediocre prova: gli stampati del–
la biblioteca reale, documentati dall'
I
n–
dex
del 1713 e quelli della Biblioteca
civica, di cui
all'Index
del 1715, ven–
nero mescolati e malamente descritti in
un
Catalogus
da lui redatto (ms. R.I.
11),
che costituì base della consegna
della biblioteca al nuovo prefetto, l'abace
Francesco Domenico Bencini, professore
dell'Università , il 30 dicembre 1728.
Il
Picono aveva del tutto trascurati i ma–
noscritti: il Bencini in tre anni
li
mise
in ordine. L'inventario topografico che
egli redasse costituisce il primo lavoro
serio e impegnato di catalogazione dei
manoscritti della biblioteca regia: fu
eseguito certo per ordine del re e de–
positato nel R. Archivio come dice la
sottoscrizione a firma del Bencini, da–
tata 19 agosto 1732; si conserva tut–
tora nell'Archivio di Stato di Torino,
in un volume in folio di 654 cc. col
titolo di
Indice de' libri manoscritti
ebraici, greci, latini, ita!iani e francesi
i quali la R.M. del Re di Sardegna ha
tolti dal suo Regio Archìvio per rendere
riguardevole la Biblioteca della sua Re–
gia Università di Torino.
Dobbiamo
avvertire che anche questo
Indice
del
1732, importante per la descrizione
spesso analitica e ben fatta dei mano–
scritti, rimase quasi sconosciuto al pun–
to che Carlo Cipolla e
Car~o
Frati nel–
l'Inventario dei codici superstiti
(To–
rino, 1904) mostrano di conoscere sol–
tanto il
Catalogo alfabetico sommario,
scritto - come l'Indice del Bencini -
di mano dell'abate Poesio assistente
della Biblioteca. Questo catalogo alfa–
betico, conservato nella Biblioteca Na–
zionale (R.I. 8 e 9)
è
veramente un
semplice indice: probabilmente fu re–
datto dall'abate Giuseppe Roma, pre–
fetto della Biblioteca dal 1732 al 1737,
che ne inviò una selezione, peraltro
copiata tal quale nei titoli prescelti, a
Bernard de Montfaucon, che la pubbli–
cò nella
Bibliotheca Bibliothecarum ma–
nuscriptorum nova
(Parisiis, 1739, col.
1393-1403).
Nel
1745 diventava prefetto l'abate
Giuseppe ,Pasini, che tenne l'incarico
fino al 1770: nel 1749 egli pubblicò con
la collaborazione di Antonio Rivautella
e Francesco Berta il famoso catalogo
Codices manuscripti Bib!iothecae Re–
gii Taurinensis Athenaei.
che fece cono–
scere in tutto il mondo i manoscritti di
Torino e costituisce ancora oggi base