

La nuova sede della Biblir;teca Nazionale in corso di costruzione nell'area ove sorgevano le scuderie dei Principi
di Carignano. La facciata dell'edificio, ora completamente restaurata, è opera dell'architetto Filippo Castelli (1790)
traHÌco cittadino, sulla quale avrebbe
dovuto essere costruito l'edificio che
avrebbe dovuto ospitare la Biblioteca
Nazionale e la Biblioteca civica, funzio–
nalmente unite. Ma quello che era riu–
scito a Vittorio Amedeo II nel 1723,
di riunire le biblioteche regia , civica
e universitaria in un unico corpo a
vantaggio evidente degli studi, non po–
teva ripetersi per un semplice disposto
di legge nella grande Torino del sec.
XX. ove le due biblioteche, Nazionale
e Civica, dovevano svilupparsi indipen–
denti, con pubblico e compiti diversi.
Si fecero diversi progetti, finchè soprag–
giunse la prima guerra mondiale e la
«
pratica» venne archiviata fino al
1936, anno in cui
il
Demanio fece la
consegna alla Biblioteca Nazionale del–
l'area destinata alla costruzione, senza
però che ne seguisse l'inizio.
La biblioteca intanto cresceva di anno
in anno . Le sale di studio, riservate ai
professori erano salite a otto, oltre la
sala per i manoscritti e i rari. Tra la
prima e la seconda guerra mondiale tre
raccolte importanti entrarono in biblio–
teca : Foà, Giordano e Chiantore. Le
raccolte Foà e Giordano, integrantisi a
vicenda, pervennero nel 1927 e 1930,
sotto la direzione di Luigi Torri . con
la collaborazione del maestro Alberto
Gentili e del bibliotecario marchese
Faustino Curio : insieme le due raccol-
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te, donate dalle famiglie Foà e Gior–
dano successivamente, costituivano in
origine una raccolta formata dal conte
Giacomo Durazzo, di origine genovese,
ambasciatore cesareo a Venezia nel
1765 ; si tratta di un complesso di 696
manoscritti e 422 stampati di musiche
del '500, '600 e '700, divenuti presto
noti in tutto il mondo musicale perchè
comprendevano autografi o inediti di
Antonio Vivaldi, Stradella, Gabrieli,
Merulo, Fescobaldi e molti altri: gior–
nalmente, si può dire, questo complesso
richiama
l 'at~nzione
degli studiosi e si
è venuto ad aggiungere al fondo musi–
cale formatosi in precedenza, accrescen–
done straordinariamente l'importanza.
Quanto alla raccolta Chiantore . donata
nel 1934, di stampe e opere illustrate
sul costume e il Risorgimento, essa ven–
ne ad arricchire il complesso storico–
artistico che si era venuto formando
nella biblioteca regia ed era stato ar–
ricchito dal dono Lumbroso.
Man mano che la biblioteca si arric–
chiva , la sede diventava palesemente
insuHÌciente: si attendeva, si sperava la
nuova sede. La Direzione generale
delle Accademie e Biblioteche creata
nel 1926 procedeva spedita al rinnova–
mento delle strutture della maggior
parte delle biblioteche nazionali e uni–
versitarie, sostituendo ai vecchi scaffali
lignei grandi magazzini con scaffali me-
tallici funzionali , meglio rispondenti
alle necessità di flessibilità e converti–
bilità di una grande biblioteca moderna
e nello stesso tempo più igienici e of–
frenti maggior sicurezza contro i peri–
coli d'incendio. A Torino no: a Tori–
no, sempre in attesa di una imminente
sistemazione definitiva nella nuova se–
de, gli scaffali rimasero di legno e nel
disastroso bombardamento dell'8 dicem–
bre 1942 andarono perduti 150.000
volumi, 17.000 incisioni e 10.000 car–
te geografiche, di un patrimonio com–
plessivo che si avvicinava alle 600.000
unità. Si salvò fortunatamente quasi
tutto il materiale prezioso, che era sta–
to sfollato.
La nuova sede
Il
salone magazzino crollato nel 1942
venne ricostruito e trasformato in una
grande sala di consultazione (1954) in
sostituzione delle sale di studio che non
furono riaperte al pubblico, ma il pro–
blema dello spazio - venuto a mancare
un così grande magazzino - si aggra–
vò: si dovette ricorrere a magazzini
succursali, umidi e malsani, mentre ac–
quisti importanti come quelli della bi–
blioteca del duca di Genova e dell'Ar–
chivio Promis, pur essendo inventariati
nel patrimonio della Biblioteca Nazio–
nale , dovettero essere depositati nella
Biblioteca Reale.
La necessità della nuova sede, stabi–
lita con una legge fin dal 1907, diven–
ne urgente. Un concorso per il progetto
venne finalmente bandito dal Ministero
dei Lavori Pubblici nel 1956: nel 1957
veniva dato l'incarico agli architetti Car–
bonara, Insolera, Liviadotti, Quistelli,
e Amodei di presentare
il
progetto de–
finitivo, approvato nel 1958: il 4 ago–
sto 1959 avevano inizio i lavori, che
purtroppo nel 1967 non sono ancora
terminati. La nuova bibiloteca disporrà
di due auditorium capaci di 400 posti,
di sala per mostre, di sala per la lettura
dei periodici, di sala per la lettura dei
rari e manoscritti, tutte di notevole
ampiezza, come il complesso sala di
lettura e sala di consultazione pratica–
mente corpo unico della lunghezza di
80 metri.
Il
magazzino sarà un corpo
unico capace di oltre due milioni di vo–
lumi: considerato che la biblioteca non
ha ancora raggiunto le 800.000 unità
(per l'esattezza sono 720.000, di cui
512 .000 volumi, 142.000 opuscoli,
4.000 manoscritti, 1.000 disegni, 26.000
lettere e documenti, 13 .000 stampe,
5 .000 carte geogr. , 11.000 periodici,
1.600 incunabuli), si avranno in futuro
larghe possibilità di ospitare doni co-
splcui.
Nell'attesa che la costruzione della
nuova sede sia terminata, l'attività del–
la biblioteca è stata rivolta principal–
mente a sanare la grave perdita del ca–
talogo distrutto nel 1942 (perdita non
meno grave dei volumi distrutti): per
720.000 unità sono necessarie almeno
1.500.000 schede e forse più;
il
la–
voro è stato iniziato nel 1960. Nello
stesso anno è stata iniziata un'opera
massiccia di restauro dei manoscritti
cartacei, danneggiati dall'incendio del
1904, fino allora trascurati per dare la
precedenza ai pergamenacei.
Il
Labora–
torio di restauro dell'Abbazia di Grot–
taferrata ha portato a termine nel 1966
il restauro dei manoscritti cartacei gre–
ci : complessivamente 130 manoscritti
dei sec. XIV-XVI;
il
Laboratorio di re–
stauro dell'Abbazia di Praglia conduce
avanti
il
restauro dei codici cartacei la–
tini, ma questi sono assai più numero–
si; seguiranno gli orientali ed ebraici,
gli italiani e i francesi.
Il
Laboratorio
torinese creato nel 1905 continua in–
tanto la sua attività con
il
restauro
dei manoscritti pergamenacei miniati, in
una sede provvisoria offerta dal Museo
Egizio, in attesa di potersi 'sistemare
con larghezza di spazio nella nuova se–
de a proseguire l'opera meritoria che in
sessant'anni di attività ha restituito agli
studiosi oltre cinquecento manoscritti.
Stelio Bassi