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I poteri di un quadrato magico - Un discorso urbanistico e un episodio di evasione dalla rigida astrazione geo–

metrica - "II principio di convenienza" - Febbrile fervore edilizio - "A chi piace l'opera del Guarini, buon pro gli

faccia ma stia tra i pazzerelli" - Dalla bizzarria eccessiva e grossolana alla virile rozzezza dei palazzi torinesi -

L'aggiunta ottocentesca verso piazza Carlo Alberto, destinata a sede del Parlamento italiano, non fu utilizzata in

seguito al trasporto delle Camere a Firenze

Oggi Palazzo Carignano ospita il Museo del Risorgimento ed

è

un sacrario di memorie storiche, di fatti ed eventi dell 'epopea nazionale, meta di pellegrinaggio di tutti gli italiani

Nel saggio dedicato a:

«Il gusto e la

civiltà Subalpina

», apparso in «

Torino

1961 », (volume realizzato dal

Piemonte

artistico e culturale),

lo scrittore Oddone

Beltrami, osservava, riferendosi alla strut–

tura urbanistica della nostra città, fra

l'altro :

«

Si direbbe che la logica infallibile, l'ele–

mentare geometria, che presiedette alla

sua primitiva costruzione intorno all'in–

tersecarsi di due coordinate, il Cardo e

il Decumano romani, abbia fissato per

sempre il suo destino, quasi l'antica città

quadrata avesse i poteri fatali di un

"quadrato magico" durèriano .

«

Se tale forma perfetta manterrà infatti

il

suo rigore di fantastico gioco di scac–

chi, per più di millecinquecento anni ri–

velandosi il più "funzionale" campo trin–

cerato atto alla protezione contro le con–

tinue insidie guerresche e le disordinate

violenze della lunga età medioevale, fin

dalla prima "rottura" di essa, Torino

costruirà con spirito geometrico e insieme

fantastico la stupenda fortezza a forma

stellare della Cittadella, quindi, animata

da uguale vocazione, procederà nella sus–

seguente età barocca, al suo primo, se–

condo, terzo ampliamento.

«

È

allora che vediamo sorgere le grandi

moli squadrate dei Castellamonte e del

Guarini, cui le stesse strutture, al di là

della elegantissima ornamentazione in

cotto, conferiscono valore estetico .

È

in

34

questi secoli, sedicesimo e diciassette–

simo, che gli architetti di Corte, il Vit–

tozzi,

i

Castellamonte, il Juvarra, Bene–

detto Alfieri impronteranno dello stesso

spirito magico-geometrico le principali

piazze e contrade, semplicemente proce–

dendo all'allineamento rigoroso e all'iden–

tità nell'altezza degli edifici che su di

esse si affacciano, e alla costruzione delle

poligonali esedre nelle zone terminali;

sulle ordinate isole della scacchiera or–

mai ingrandita e arricchita le bizzarre

cupole guarinesche saranno come i rari

punti esclamativi di un discorso urba–

nistico solenne e pacato e tuttavia alieno

dalla pedanteria

».

Qualche mese dopo, nell'elegantissimo

elzeviro:

«Torùto in dieci tempi»

il

Beltrami ancora aggiungeva:

« La fac–

ciata del Palazzo Carignano tutta in cotto

come un'immensa quinta distesa lungo

l'area della piazza, prende possesso con

le sue armoniose volute dello spazio an–

tistante e dei nostri sensi. Il mattone nu–

do palpita nelle masse ondulate sotto la

luce che ne accentua la sinuosità e ri–

desta nell'uniforme colore toni diversi

dal morbido al sontuoso. Le stelle di

cotto, emblema decorativo di quelle che

aeree traforano le cupole guarinian.e e ne

sopportano il peso spingendole sempre

più in alto, si ripetono in una lirica teo–

ria che sottolinea la perfetta unità di sti–

le e coerenza del palazzo e la trasfigura

in una razionale dolcezza, di intima vir–

tù plastica

».

Volendo trarre , per conto nostro , qualche

conclusione dal discorso di Oddone Bel–

trami , oseremmo azzardare l'ipotesi che,

rispetto al criterio informatore dell'ar–

chitettura civile torinese , criterio ispirato

al concetto di una rigida, funzionale ra–

zionalità,

il

Palazzo Carignano costituisca,

in certo modo, un'eccezione alla regola ,

oppure, se preferiamo, (per esprimerci

con terminologia più spregiudicata), un

episodio di evasione dalla rigida astra–

zione geometrica nei reami della libera

fantasia creatrice o meglio della magia.

Mondo magico del Guarini

Nell'avanzare simili ipotesi, teniamo sotto

occhio una monografia redatta da uno

dei più autorevoli ed acuti indagatori

dell'essenza dell'arte guariniana, e più

precisamente da Mario Passanti,

il

quale

esplicitamente ci invitò ad addentrarci

nel «mondo magico di Guarino Guarini».

Leggiamo, infatti, nell'omonimo testo:

« La negazione statica, la coesistenza di

motivi escludentisi a vicenda, la coesi–

stenza nelle parti via via soprastanti di

un medesimo organismo di espressioni

radicalmente differenti, la radicale diver-

sità tra l'interno e l'esterno di un mede–

simo edifizio; gli elementi rappresentati

non nel loro essere ma nel toro divenire,

la compenetrazione dei corpi e degli spa–

zi; l'aumento apparente e non costante

della dimensione dei corpi e degli spazi:

sono tutti modi diversi con cui il Guarini

desta in noi l'impressione di trovarci in

presenza o, ancor più, di esser contenuti

in organismi magici che stanno fuori delle

leggi del nostro mondo fisico e della

logica nostra la quale richiede: che fra

gli elementi regni gerarchia, che una

cosa non possa essere contemporanea–

mente due, che si rispetti il "principio

di convenienza" escludente la contempe–

ranea eterogeneità di motivi in un or–

ganismo

».

Come tutti sappiamo,

il

«

Palazzo Cari–

gnano»,

deriva la propria denominazione

dall'esser stato, per circa un secolo e

mezzo, l'aulica residenza dei principi di

Savoia-Carignano, e cioè dai tempi di

Emanuele Filiberto, detto

«il Sordo–

muto

»,

il

quale ne aveva commesso la

progettazione al religioso teatino Guarino

Guarini, sino al giorno in cui, estintosi,

con la morte di Re Carlo Felice,

il

ramo

primogenito dei Savoia, subentrò ad es–

so, sul trono sardo, secondo le leggi del–

la successione dinastica,

il

trentatreenne

Carlo Alberto, 1'«

Itala Amleto

»,

il

27

aprile 1831.

Come è noto, altresì ,

il

ramo dei Savoia-