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mancò di rilevare nelle sue note di viag–

gio:

«il Palazzo del Principe di Cari–

gnano è molto bello. L'ingresso è una

gran torre, nella quale c'è un porticato

ovale con otto colonne abbinate su cia–

scun lato. Dai due lati del porticato si

accede a due grandi scalinate molto belle.

Poiché l'andamento del porticato è cir–

colare, la facciata del palazzo rimane di–

stribuita un po' su un lato e un po'

sull'altro. L'edificio prosegue poi verso il

giardino e il porticato insieme ad esso.

Vi sOnO due ali corte, quindi ricomincia

la facètata.

È

un edificio bellissimo

».

Del resto allo studioso che desiderasse

acquisire una visione integrale intorno al–

la letteratura critica ispirata dal geni a–

lissimo teatino modenese non mancherà

l'indispensabile sussidio della esauriente

rassegna offerta da Daria De Bernardi

Ferrero col recente studio:

«Guarino

Guarini e la sua arte

(Torino, ed . AI–

bras, 1966).

Tirando le somme dunque, come si vede,

quello che in particolar modo impressionò

nel Palazzo Carignano fu la inconsueta

ondulazione della facciata, ondulazione

che spinse taluno a parlare addirittura di

«

rettilineo-fobia»

del Guarini. Ma, per

il caso nostro, occorre un discorso parti–

colare, giacché, l'architetto modenese, si

determinò ad imprimere all 'edificio

il

curioso suo aspetto attuale, non tanto

per accondiscendere ad un estro biz–

zarro, quanto perché costretto ad obbe–

dire ad una vera e propria esigenza fun–

zionalistica, come si direbbe oggigiorno,

di armonizzazione dell'esterno del palaz–

zo con la sua struttura interna.

Dall'esame dei disegni conservati nel–

l'Archivio di Stato di Torino già stu–

diati dallo Chevalley, e riprodotti poi nel

Theatrum novum Pedemontii

appaiono

con perfetta limpidità, i gradi dell'evo–

luzione a traverso cui il Guarini giunse

all 'idea definitiva.

Sede del primo Parlamento

Il primo progetto permane ancora con–

venzionale quanto mai: rettangolare è

il vestibolo, ai due lati del quale si ve–

dono due scale di forma ovale l'una,

rettangolare l'altra; qui la facciata risulta

completamente liscia, ma si ondulerà già

nel progetto successivo, modellandosi

cioè sulla forma ovale del vestibolo e

del salone sovrastante, In questo se–

condo progetto le scale si trovano ri–

volte verso il cortile. Il terzo progetto

ci pone viceversa dinnanzi ad una idea

nuova: in esso infatti si accede alle scale,

che sono simmetriche e doppie, da un

vano rettangolare che conduce al vesti–

bolo,

il

quale, nei disegni precedenti , si

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La « Rotonda» di Palazzo Carignano,

vista dal cortile interno.

È

un notevole esempio di quel barocco

che ha in Torino tante singolari

e imponenti affermazioni:

un momento interessante

della elaborazione fantastica

e disegnativa del Guarini.

A sinistra: bellissimo e significativo

lo scalone del palazzo, dal moto a gittate,

risospinte come in successione di curve

sterzate, rapide, salendo le rampe

a gradini curvi fra pareti strette,

a nicchie dalla capienza ambigua,

determinando ovunque un senso di sfuggenza

apriva direttamente sulla scala: questo

vano, assume poi, anch 'esso, una forma

ovale nel progetto definitivo in cui le

scale, collocate tra la facciata ed il ve–

stibolo, seguono tale movimento, e ad

esse dai due lati del vestibolo si perviene.

Al Guarini, spentosi a Milano nel 1683,

mancò la gioia di veder compiuta la sua

opera insigne, che ebbe termine, per

quanto può desumersi dai documenti , il

4 aprile 1685 . Egli del resto , aveva già

lasciato Torino, sin dal 1681 , nè vi era

più tornato , salvo che per brevi interval–

li; ciò spiega come non si facesse nulla

di un 'arditissima cupola che, secondo

l'ipotesi dello Chevalley, aveva vagheg–

giato a coronamento dell'edificio e come

al Baroncelli venisse affidata l'effettiva

direzione dei lavori.

Lavori presumibilmente costosissimi, ove

si pensi che, sebbene al modenese non

risulti corrisposta che l'irrisoria somma

di cinquanta doppie (cioè 332 ,50 lire),

Emanuele Filiberto si vide costretto a

ricorrere alla liberalità della cugina, la

reggente Giovanna Battista di Nemours,

la quale gli donò la bellezza di cinquanta

mila ducati affinché la sua nuova resi–

denza potesse aver compimento . E ne

nacque una residenza davvero principe–

sca, e per il fasto degli ambienti, e per

l'abbondanza delle opere, ovunque sparse

dai rinomati artisti chiamati a decorarla.

Ci

limiteremo ad un cenno quanto mai

sommario, anche perché la implacabilità

del tempo , e le molte vicende, apporta–

rono profonde modifiche all'aspetto ori–

ginario del palazzo. Ricorderemo, perciò,

soltanto la feconda attività del pittore

Stefano Maria Lignani, detto

«

il L egna–

nino

»,

che affrescò ben dodici sale, non–

ché una galleria, le decorazioni eseguite

dai fratelli Galliari nel salone centrale

(oggi aula del Parlamento Subalpino)

sotto la direzione del conte Robilant, nel–

la ricorrenza degli imenei del principe

di

Piemonte con Clotilde di Francia, nel

1775. Ma forse più ricco tuttora di ope–

re d'arte può dirsi l'appartamento abi–

tato da Carlo Alberto, prima della sua

ascesa al Trono, cioè tra

il

1814 e

il

1831: il Midana ritiene che le decora–

zioni a stucco siano state eseguite nel

1715, e rimaneggiate nel 1740, e preci–

samente nell'epoca in cui Luigi Vittorio

di Carignano vi condusse in isposa la

principessa Cristina d'Assia. Da ammi–

rarsi in modo particolare è la stanza ove

vide la luce re Vittorio Emanuele II ; le

decorazioni sono opera del Pregliasco,

un allievo del Bonzanigo, che teneva

bottega in San Filippo . Nella volta cam–

peggia un 'ampia tela, dovuta al pen–

nello di Luigi Vacca, tela che può ascri–

versi all'epoca delle nozze di Carlo Al–

berto con Maria Teresa di Lorena (1817)

e che raffigura Giunone incoronata nel–

l'Olimpo su di un cocchio trainato da due