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1814, colla restaurazione della Monarchia.

Il 14 marzo 1820, nasceva, nella stanza

adorna delle pitture del Vacca e del Pre–

gliasco,

(<<

ai tre quarti della prima ora

di questa mattina»),

Vittorio Emanuele

II,

colui che sarà

il

primo Re d'Italia.

La

Gazzetta Piemontese

annunziava l'e–

vento ai suoi «

leggitori delle varie pro–

vincie del Regno... con singolare traspor–

to di piacere

».

A tramandare la memoria

di questa data venne scoperta nel 1884,

sul frontone del palazzo, una gustosissi–

ma cartella in bronzo, disegnata da Carlo

Ceppi, che mirabilmente si inserisce nella

barocca sinfonia di linee della facciata.

Il

1821 vede, con le prime avvisaglie

dei moti indipendentistici, la piazza Ca–

rignano riempirsi dei cortei di quei libe–

rali che si recavano da Carlo Alberto,

allora « reggente

»,

per invocare una car–

ta costituzionale, secondo le aspirazioni

degli intelletti più progrediti e fu infatti

la sera del

13

marzo che egli dal balcone

del palazzo ne annunciò la promulga–

zione, fidando, con animo troppo gene–

roso, nel sicuro consenso di Carlo Felice,

il

quale, invece, si affrettò a revocarla,

non appena rientrato nei suoi Stati. An–

cora per un decennio Palazzo Carignano

rimase residenza di principi, giacché,

il

27

aprile 1831, Carlo Alberto divenuto

Re di Sardegna, si trasferiva con l'au–

gusta famiglia nella reggia, destinando

l'antica sua dimora a sede del

«Consi–

glio di Stato»

e dell'«

Azienda Generale

per l'Estero

».

Intanto i tempi matura–

vano, e

17

anni dopo, allorquando

il

so–

vrano poté dare definitiva realtà ai sogni

liberali della sua giovinezza, concedendo

lo Statuto,

il

Palazzo Carignano ebbe l'o–

nore di accogliere

il

primo Parlamento

del Regno.

Ore di passione nazionale

Per le nuove esigenze, il salone centrale

affrescato dal Galliari, un tempo sontuosa

cornice a concerti e balli, dovette essere

trasformato in anfiteatro, e di tale meta–

morfosi si incaricò l'architetto Sada. In

breve l'aula fu pronta per la cerimonia

inaugurale, che si svolse 1'8 maggio 1848.

Il re era partito per

il

fronte e lottava alla

testa delle sue truppe nel Lombardo-Ve–

neto! In sua vece pronunciò il Discorso

della Corona il luogotenente del Regno ,

principe Eugenio di Carignano, che così

prese a dire:

«Circondati da un fosco

orizzonte, noi, uniti da mutuo amore, da

mutua confidenza tra popolo e principe,

avemmo in pace, dalla saviezza del Re,

le riforme e le istituzioni che assicurano

al Paese la forza e la libertà

».

Chiuso in

una minuscola uniforme della Guardia

Nazionale, un fanciullo di quattro anni,

il

40

futuro principe ereditario Umberto assi–

steva a quello spettacolo di indicibile

solennità forse non ancora del tutto con–

scio di quanto stava accadendo attorno

a

lui.

La sala rimane oggi intatta, così come

era in quelle ardenti ore di passione

nazionale!

Un giorno, però, alle pareti comparvero

crepe preoccupanti che denunciarono la

perentoria necessità di urgenti restauri:

questi vennero compiuti, con grandissima

abilità, dall'architetto Amedeo Peyron

che, spiega

il

Merlini

«fece cingere i

muri pericolanti con enormi cerchioni di

ferro rovente, i quali raffreddandosi si

restrinsero, riavvicinando le parti stac-

Abdicazione di Carlo Alberto a Novara. (Museo del Risorgimento Italiano, Torino).

Nonostante la persistente arretratezza di molte istituzioni piemontesi,

Carlo Alberto era sincero nella sua volontà di «conservare svecchiando» -

ed anche nella politica economica il suo regno

vide la riparazione di alcuni dei più grossolani errori della Restaurazione

cate in maniera da farle combaciare

».

Già sin dal 1850, la piccola aula, alle–

stita due anni innanzi nel salone da ballo,

aveva rivelato i propri limiti ed una

troppo esigua capienza, suggerendo al–

l'architetto Ignazio Michela un progetto,

(eccessivamente ambizioso per trovare ac–

coglimento), di un«

Palazzo Nazionale

»,

all'angolo tra via Verdi e via Rossini,

atto a contenere sia

il

Senato che la

Camera.

Ci

si vide di conseguenza co–

stretti a valersi di ripieghi, onde adattar

l'aula alle sempre nuove esigenze, e ciò

sino a che in capo ad un decennio, l'an–

nessione al Piemonte delle regioni del

centro e del meridione della penisola,

moltiplicando

il

numero dei deputati im-

pose con drammatica urgenza

il

problema

di una nuova sede. Si tentò bensì ancora

una soluzione di compromesso, proponen–

do con opportune modifiche la vicina

Chiesa di San Filippo senonché la saggia

considerazione che l'interno del tempio

sarebbe tutt'al più bastato per l'aula, ma

in nessun caso mai per i servizi e gli in–

dispensabili locali annessi, convinse

il

conte di Cavour a rompere gli indugi, e

ad affidare nell'ottobre del 1860

il

pre–

ciso mandato all'«

architetto della Came–

ra

»,

Amedeo Peyron, di elaborare un

progetto ex-novo, tenendo conto che i

comizi elettorali erano già stati convo–

cati per

il

gennaio successivo, e che, per–

ciò, la data di riunione della Camera non