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case a due piani, ornate di portici; sono però modesti

edifici, diversi da quelli di disegno vittozziano che ben

conosciamo: essi costituiscono una delle testimonianze

più vive della formazione della piazza del Castello vo–

luta da Carlo Emanuele I.

È

abbastanza agevole presu–

mere che essi rappresentino l'elemento di transizione

tra le costruzioni che vediamo nelle stampe cinquecm–

tesche del Caracha e di altri autori

-

una piazza irre–

golare e priva di portici

-

e gli splendidi edifici del

più tardo

'600,

rispondenti più fedelmente alle linee

dell'architetto di Orvieto.

Sistemazione di piazza Castello

Mi

è

qui di grande ausilio la bella monografia di Vit–

torio Viale, già direttore del Museo Civico di Torino,

pubblicata nel vol. XLIV del Bollettino Storico-Biblio–

grafico Subalpino

-

1942

con il titolo: «Un antico

progetto per la sistemazione di Piazza Castello e del

centro di Torino

».

In questo interessante lavoro

è

ri–

cordata l'ordinanza ducale del sedici giugno

1606,

per

la sistemazione della piazza del Castello:

«

Desiderando

Noi per abbellimento di questa Città, che quelli che

hanno case sopra la piazza de Castello se la rendano

più utili e comode... secondo che a ciascuno spetterà

facciano portighi tirando la facciata di esse case a neta

linea, conforme al disegno che dall'ingegnere nostro

Ascanio Vittozzi gli sarà dato

».

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due anni dopo, dato che all'ordinanza non pare vi

sta stata sollecita ottemperanza, lo stesso Carlo Ema-

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L'incisione riproduce la fronte a levante di Torino, con il Monte dei Cappuccini verso il

1620.

Il punto di osservazione scelto dal De Ville corrisponde

ad una modesta altura, a sud est del Monte dei Cappuccini,

ave la breve via Felicita di Savoia termina contro l'ingresso del «Convitto delle Vedove e Nubili»

nuele fa erigere sulla piazza una riga di porticI con

botteghe nel fondo e sormontate da un terrazzo

e

2

);

questi portici e botteghe vengono poi donati (Patente

Ducale del ventisei marzo

1612)

ai proprietari delle

case antistanti, ciascuno per la sua parte, con l'obbligo

però di far fabbricare, entro i prossimi due anni,

«

due

piani con le finestre, poggioli e ornamenti che saranno

ordinati dall'ingegnere architetto Capitano Ascanio

Vittozzi

».

Considerando quindi la data della patente e quella,

presunta, della incisione del De Ville, mi par lecito

concludere che

-

salvo errori

-

la veduta dell'archi–

tetto francese sia la prima a presentare questi edifici

a portici, da poco innalzati ad ornamento della piazza

del Castello,: case a due soli piani sopra i portici, come

prescrive la Patente, non ancora a tre come si vedranno

alcuni lustri dopo.

Alla destra del Castello, si innalza dominante sopra i

tetti delle case la cupola del Duomo di San Giovanni;

a fianco, alquanto staccato, il campanile.

Ad ovest della città un lungo acquedotto derivato dalla

Dora si accosta a Torino all'altezza della Porta Susina,

l'antichissima uscita della città verso la Francia, che

allora sorgeva al termine dell'asse di «Dora Grossa...>.>

ove oggi si incrociano le vie Garibaldi e della Con–

solata.

Lo sfondo di alture e montagne che chiude la veduta,

anche se molto impreciso, non lascia dubbi circa l'inten–

zione del De Ville di raffigurare la bella cerchia alpina

che circonda Torino; il castello turrito alla estrema si–

nistra

è

certamente quello di Rivoli; più lontano, do–

minante su' un picco, un'ardita costruzione può rico–

noscersi come la Sagra del San Michele; l'ampia valle

centrale, infine, in cui scorre serpeggiante un fiume,

rappresenta lo sbocco della Val di Susa.

Si conclude così l'esame di questa singolare e assai

poco nota incisione torinese di Antoine De Ville; passo

ora alla presentazione della seconda incisione, la ta–

vola quarantuno, altrettanto poco nota: per iniziare

dirò subito che essa

è

stata stampata

«

rovesciata

»,

o

per distrazione del tipografo, oppure volutamente, per

semplice licenza dell'autore. Ma ciò che conta nell'il–

lustrazione (che presento « raddrizzata»)

è

la nuova

testimonianza di dettaglio che essa costituisce circa

l'antico aspetto di un angolo assai caratteristico di

Torino .

La precedente incisione del De Ville mi aiuta grande–

mente nel descrivere questa nuova veduta: sulla sini–

stra appare il Castello, in cui notiamo la bella «10-

bietta» con trifora posteriore alla faccia di mezzo–

giorno e in alto il noto festone ad archetti sotto !o

spiovente del tetto . Oltre

il

Castello, la bella Galleria

rielaborata dal Vittozzi, visibile per circa metà

-

l'al–

tra parte essendo nascosta dal Castello .

In essa, assai meglio che nell'incisione precedente, si

nota il nuovo corpo di fabbrica ad un solo piano, con

tetto a terrazza, ornato di grandi nicchie cieche alle

quali si accompagna, più elevata, una serie di piccole

nicchie a medaglione contenenti, pare, delle anfore

ornamentali.

La Galleria termina contro un fabbricato alquanto più

elevato, assai stretto, che può ben interpretarsi come

l'ala a levante del vecchio Palazzo ducale; sul davanti

della Galleria il breve giardino in pendio verso il pa–

rapetto della muraglia nuova ed infine, a chiusura del

recinto fortificato , il Bastion Verde, ornato di grandi

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