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DEL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI TORINO

343

i resti di quella famosa muraglia di 200 metri d’altezza, e lunga in

traverso della valle per lo meno un chilometro e mezzo, se non più,

che avrebbe dovuto arrestare una massa d’acqua di 8 chilometri di lun­

ghezza per 2 di larghezza a 200 metri di spessore, cioè di 3200 mi­

lioni di metri cubi pesante sulla diga con 3200 milioni di tonnellate:

e la muraglia era indispensabile giacché mai da che esistono quei monti

le rocce s’incaricarono di funzionare da consimile sbarramento.

La cappella di S. Minatore, al principio della discesa degli Scalari,

si volle dedicata a questo santo che a mine avrebbe aperto la diga roc­

ciosa e svuotato il lago : un sacrario dedicato ad un santo minatore

trova il suo posto al principio di un bacino, ove nei secoli passati, ed

ancora nel presente secolo si lavorava fortemente alla estrazione di mi­

nerali plumbo-argentiferi alla Cuccagna (m. 3162), alla Bellagarda (m.

2929) senza bisogno che questo santo si incaricasse di una bisogna così

gigantesca. Non manca ancora che di trovare i battelli che navigavano

sul lago di 16 chilometri quadrati.

E se pure in altri tempi le rocce di destra si continuavano non in­

terrotte con quelle di sinistra, ciò poteva essere o prima od anche dopo

il

periodo glaciale,

chè movimenti posteriori a questo avvennero, come

lo dimostrano rocce levigate arrotondate, divise da lacerazioni assai grandi

nel valloncino di Destrera, sempre però in tempi in cui l’uomo non abi­

tava queste regioni ; e pure di tali mutamenti geologici mancano sul

luogo tracce evidenti.

9.

Il quaternario nella valle della Dora JBaltea;

formazioni glaciali, valli originarie della Dora Haltea.

E siamo giunti alla grandissima valle della Dora Baltea superante i

3000 chil. quad. di superficie e nella quale i fenomeni

quaternarii,

in

ispecit i1

glaciale,

si svolsero in scala grandissima e dal

glaciale

ap­

punto cominciamo.

Durante il

periodo glaciale

la vai Veni e la vai Ferret erano ingombre

da due grandi correnti di ghiaccio che giunte al piede Nord Ovest di

M. Chétif e di M. de la Saie si cozzavano di fronte o quasi, si compri­

mevano a vicenda, si ripiegavano per modo da incanalarsi nella depres­

sione corrispondente al

thaliveg

di vai d’Aosta e vi discendevano in

enorme ghiacciaio dello spessore di ben 800 metri, che, rinforzato lungo

tutta la valle di Aosta, dagli affluenti glaciali laterali riusciva a sboc­

care nella valle del Po ed a costruirvi, espandendosi, il magnifico anfi­

teatro di Ivrea, unico per ampiezza e classico fra gli altri.