

S. M.
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ulla stampa periodica negli Stati sardi, prima del
1848 non esiste un lavoro d’insieme, completo
e sicuro, neppure per il regno di Carlo Alberto. Tut
tavia l’argomento non è privo d’importanza poiché
quei fogli, non tutti reperibili oggi nelle pubbliche
biblioteche, poterono affrontare talora, sotto gli occhi
della Censura, i maggiori problemi giuridici, econo
mici e sociali del loro tempo e sono perciò anch’essi
indizio non trascurabile, tra moltissimi altri, di quel
profondogenerale rinnovamento onde il popolo subal
pino, quando Torà suonò, seppe farsi, per l’Italia,
superiore a se stesso.
Non così vasta materia vogliono però trattare
queste noterelle; le quali hanno lo scopo, assai più
modesto, di portare qualche nuovo contributo alla
bibliografia del giornalismo e, nel medesimo tempo,
di porre in sempre più chiara luce, rifacendosi ai ben
noti studi di Antonio Manno (1), l’azione della Cen
sura negli anni operosi in cui gli animi, dalle piazze
alla Reggia, si preparavano agli ardimenti del 1848-
1849. Storia dunque soltanto esteriore, che non pre
tende inoltre d'essere definitiva; ma chi opera defi
nitiva vorrà compiere, prima o poi, almeno in questo
campo ristretto e pur così pieno di lacune, d’incer-
tezxe e di errori, non giudicherà fatica inutile l'aver
tratto dalla polvere degli archivi un insieme di no
tizie tutt'altro che prive d’interesse storico e, co
munque, sin qui ignote, completamente o quasi, ai
più benemeriti studiosi del giornalismo italiano (2).
IL
Salito al trono in momenti molto difficili, Carlo
Alberto dovette occuparsi subito deBa stampa peno-
La stampa periodica negli
Siati sardi al tempo
di Carlo Alberto
dica. Sin dal 25 gennaio 1831, il Ministro dell’interno
aveva scritto nella sua relazione al re Carlo Felice:
Sono noti a S. M. gli abusi che possono nascere dalle
troppo numerose pubblicazioni di fogli periodici. Sin dal
l ’anno scorso si pensava di limitarne il numero e si tentò
di concertarsi colla R. Segreteria di Stato (Esteri) colla quale
esiste una diversità di opinione sulle rispettive attribuzioni
circa i fogli che trattano di politica. Non essendosi sin qui
nulla definitivamente ordinato, si va intanto accrescendo
il numero di quei fogli il cui spirito eccitato dal trionfo dei
liberali di Francia si dimostrò sovente favorevole a quei
principii. E non potendo i Revisori abbastanza esaminare
quegli scritti che debbono essere prontamente spediti perchè
si pubblicano a giorni fissi, i Governatori, massime quello
di Genova, si lagnano del cattivo effetto che parecchie frasi
dei medesimi sogliono produrre. Onde prevenire siffatti
inconvenienti senza gran pubblicità basterebbe per ora che
si proibisse di permettere in avvenire la stampa o pubblica
zione di verun foglio periodico non esistente il i° agosto p. p.
senza che sia stato debitamente approvato (3).
Carlo Felice accolse la proposta «pei soli giornali
e fogli periodici pubblicati dal i° gennaio andante »,
ma non pare che il provvedimento sortisse subito
l’effetto desiderato, poiché, l’u febbraio
1832,
mentre
sopprimevasi a Genova il
Nu
to
Poligrafo,
il L’Esca-
rène scriveva di suo pugno », quel Governatore:
«L’intention du Gouvemement t .t de ne laisser
jusqu’à nouvel ordre publier aucune nouvelle feuille.
Ainsi vous devez sans attendre aucun ordre faire
arréter et punir toute publication de cette nature
parcequ’elle est certainement
non autorisée
et par
conslquent coupable »
(4).
Intanto l’Editto del
27
set
tembre
1831
aveva riordinato la Censura che, sotto
la superiore sorveglianza del ministro Barbaroux, fu
presieduta prima dal conte Michele Saverio Provana
del Sabbione, poi
(1836)
dell’ab. Massimo Pullini di
S. Antonino,
ma
soltanto nel 1835
le
RR.
Patenti
del 19
novembre e
del 16
dicembre fissarono
le
norme
die
poi ressero la
stampa
periodica sino all’ottobre
del
1847. «Quando io entrai nel Ministero », narra
il Solaro della Margarita,
«i
pochi fogli periodici che
si
stampavano erano sotto la dipendenza
del primo
Segretario di Stato per gli Affari esteri, ma, senza
prevenirmene, il conte di Pralormo, considerandoli
come materia da essere sottoposta a chi aveva nelle
sue attribuzioni la Polizia, chiamò a sè la facoltà di
autorizzare o rivedere i giornali. Non potei prevenire
quella disposizione ottenuta dal Re a mia insaputa.
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