

LA STAMPA PERIODICA AL TEMPO DI CARLO ALBERTO
Carlo Alberto ascoltava, quasi oracoli, i Gesuiti e il
Solaro. E li ascoltò sino al giorno in cui — così varie
e diverse sono le vie della Provvidenza — non soprag
giunse a disautorarli Pio IX.
I I I .
Niente politica dunque e rispetto incondizionato
alla religione cattolica. Del resto esigevasi che il
periodico fosseprovvistodi sufficienti mezzi finanziari,
che i redattori fossero persone serie ed oneste e che
la critica letteraria e scientifica si astenesse rigorosa
mente dalle personalità. Mancando o sembrando
mancare queste condizioni, il giornale non era per
messo o, permesso, veniva subito soppresso. Gli Atti
segreti di Polizia formicolano di notizie al riguardo:
giurisprudenza, medicina, letteratura, persino arte
culinaria sono trattate alla medesima stregua. Nel
1836
è seccamente respinta la supplica del sac. Ago
stino Sacchi di Rivarolo, ex-camaldolese, che, sospeso
a divinis
e già imprigionato in Ivrea, vorrebbe pub
blicare un
Banditore ecclesiastico.
Nel
1837
la mede
sima sorte tocca al dott. Felice Cassone per un
Giornale omeopatico,
«avendo già prima deciso Sua
Maestà che non s’abbia a favorire nè a contrariare
siffatto sistema di cura », e ai dottori Maurizio Poeti
e Vincenzo Chiò rispettivamente per un
Salutifero
e
un
Giornale della medicina specifica.
Più tardi, nel
1843,
trattasi di un foglio di commercio,
Il Mercurio,
ma i postulanti G. Domenico Marentier e Giuseppe
Amey sono «privi di mezzi, di nessuna moralità,
capaci di tener mano ai figli di famiglia ed a chic
chessia altro in contratti ruinosi », e perciò il per
messo viene negato, come viene negato contempo
raneamente all
'Amico delle famiglie,
periodico di
economia
domestica
del
cuoco Francesco Chapusot
perchè «il voler
toccare davvicino le persone di ser
vizio, oltreché
non presenterebbe alcuna utilità, at
tesa la discrepanza d’opinione in
tale materia
dei
rispettivi padroni,
lascerebbe
pericolo
d’inconve
nienti
ed
invece di
riuscire
il
giornale l’amico delle
famiglie potrebbe
diventare un seminerio di zizzania
>.
Nel 1844 è la volta del
Novelliere
perchè
Pietro
Zec
chini —
ironia del nome! — è «affatto privo di
mezzi », e dei
Fiori e frutti d’ogni stagione
del libraio
Barrera che non gode
le
simpatie
del
maresciallo
De La Tour, governatore di
Torino: «Il giornale
subirà la sorte di tanti
altri,
cioè
cesserà poco dopo
la sua
apparizione,
tanto
più
che il Barrera
non
pre
senta
per se stesso
alcuna
risponsabilità e non gode
confidenza di
sorta presso
il
pubblico, il quale lo
reputa
un imbroglione
». Nè
più fortunati sono t
tipografi Luigi Capriola,
Bartolomeo Galimberti
(17),
Baricco
ed Arnaldi
die,
nel 1845, tentano di pubbli
care
rispettivamente
La gazzetta detta Divisione H
Alessandria, La Sima 0 gazzetta detta Divisione i i
Cuneo
e la
Guida delTagricoltore,
ne&a quale riti—
si sospetta un avversario defl’Assoriaziane agraria.
Il governo non vuole polemiche, e perciò, ad giugno
1846,
proibisce anche
L’amico del volgo
che il tip. Lo-
betti Bodoni vorrebbe far uscire a Pinerolo in odio
ai Valdesi.
L’elenco potrebbe continuare poiché il medesimo
facevasi a Genova, a Nizza e nella Savoia, di cui
qui ora si tace. E non era poi raro il caso di sospen
sione o di soppressione, magari al primo numero,
ove il periodico dimostrasse di non possedere abba
stanza il senso della responsabilità. La
Commedia
delle varietà italiane
doveva essere diretta dal pro
fessor Francesco Caldera di Savigliano. Il Pullini,
ricevuto il manoscritto, scrisse subito al Ministero
dell’interno
(8
maggio
1839)
ch’egli era in forse
«
se
un giornale che si proponeva di sviluppare principii
della natura di quelli indicati nel suo programma
potesse convenientemente pubblicarsi negli Stati di
Sua Maestà », tanto più, aggiungeva, che «in alami
luoghi, sebbene incidentemente, s’entra a trattare di
cose politiche». Il Pralormo rispose quindi di suo
pugno: «Les articles du jouraal ci-joint sont détes-
tables sous tous les rapports, les rédacteurs inca-
pables de rien faire de bon. Ils ont la prétention de
faire des portraits, des allusions, du scandale. Il faut
retirer la permission ». E così fu fatto.
Su per giù la medesima sorte ebbe il
Poligrafo.
Giacinto Ravelli, ufficiale invalido, aveva tentato,
nel
1836,
di dar vita a un
Mercure des Salons,
a cui
avrebbero dovuto collaborare l’aw. Augusto Lecourt,
«ritenuto sospetto in materia d’opinione»,
r
Tmgi
Detoma, professore di lingua francese ed ex-uuu.ude
destituito pei fatti del
1821.
Il permesso era stato
negato, e del Ravelli la Polizia aveva scritto allora:
«Negli sconvolgimenti che afflissero il Piemonte egli
vi prese sempre assai viva parte, ma, pieno di scal
trezza, seppe ritirarsi ognora in tempo, sicché da nes
suna condanna potè mai essere colpito». Tuttavia
divenne collaboratore della
Gazzetta piemontese
e, il
24
maggio
1839,
fu autorizzato a pubblicare il
Poli
grafo.
Ma non ebbe fortuna, chè, subito al primo
numero, ricevette un severo rimprovero per un arti
colo sul processo di Beatrice Cena. Spiegò quindi
umilmente al Re che, l’anno innanzi, si era dato al
teatro d’Angennes, «panni bien d’autres infamies»
tradotte dal francese, anche un dramma intitolato
Il trionfo delle Belle Arti,
in cui Beatrice Cena appa
riva sotto adori troppo simpatici. Egli aveva voluto
correggere siffatta impressione. «Ravelli a pris son
procès dans un
Reami de causes c/Ubres
: il en a ra
dono les espresaons. Il voolaìt taire le bien..... Dieu
l'a poni de son ofgoei]— Que son Roi daigne de
hn pardonner sa fante! Sans ce pardon il se craira
perdu! ». Tornò ad insistere che aveva «nato con la
scorta della Censura e deflb
Spettatore lombardo,
in
coi trovavasi un articolo simile al suo, ma, non sem
brandogli, d'essere abbastanza perdonato,
non
si
diede pace, finché mori l’u febbraio 1840, nell'età
di 65 — ». E con lai scomparve iMiiMìn iw h i 3
Poligrafo.
Nell’ottobre 1831 i tipografi Casncdo a Bagaa,
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