

LA STAMPA PERIODICA AL TEMPO DI CARLO ALBERTO
sogno, per essere ammessi nel Regno, di speciale
autorizzazione e, numero per numero, del visto della
Censura, ond’era sempre possibile che gli abbonati
dovessero rassegnarsi a perdere il denaro precedente-
mente versato e, se non interveniva la grazia sovrana,
a possedere un’opera frammentaria e incompleta.
Questo fu appunto il caso del
Dictionnaire de la con
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versation et de la lecture,
di cui giova accennare, a
titolo di esempio, le curiose peripezie.
Il
Dictionnaire,
al quale collaboravano uomini
come L. Cibrario, G. Manno e F. Sclopis, si pub
blicava a Parigi (edit. Béthume), ma aveva molti
abbonati negli Stati sardi, soprattutto nella Savoia.
A Chambéry il libraio Constant Puthod era riuscito
a raccogliere ben 187 sottoscrizioni. Ora avvenne
che, nel giugno 1835, la 36» dispensa parve alla Cen
sura poco ortodossa, onde fu trattenuta, insieme
con cinque altre giunte di poi, nella dogana di Pont
Beauvoisin. Subito dopo l’opera venne proibita! Era
un disastro per il Béthume e specialmente per il
Puthod che si affrettarono entrambi ad implorare la
misericordia del Re. «Quelques articles», scrisse
quest’ultimo, «ayant été rédigés d’une manière qui
ne répondait pas aux promesses faites dans le pros-
pectus, le suppliant a fait des représentations aux
Editeurs; des articles entiers ont été refaits ou cor-
rigés d’après ces représentations. Les Editeurs ont
promis que d’orénavant tous seraient rédigés dans
un bon esprit. Unecclésiastique d’unmérite distingué,
chanoine au Chapitre de Chambéry avait bien voulu
se charger de la rédaction de quelques articles impor-
tants et notemment de ceux qui concemaient les
Princes de l’Auguste Maisonde Savoie ». E il Béthume
ricordò anche, non senza abilità, ch’egli era «ancien
garde du corps, attaché à la personne de feu Mon-
seigneur le Due de Beni pendant l’émigration des
Cent jours, depuis officier de la Garde royale ».
A siffatte invocazioni non rimase insensibile Carlo
Alberto; onde, il 28 ottobre 1835, il Pralormo scrisse
all’ab. Rendu a Chambéry: • S. M., prenant en con-
sidération les motifs exposés par cet honnéte com-
mer^ant
(Puthod)
et sachant en outre que l’éditeur
Mr. Béthume a méme déjà changé des feuillets qui
contenaient la biographie inexacte de son auguste
Prédécesseur le Roi Charles-Félix, a daigné vous
charger de lire attentivement les six livraisons qui
ont été retenues par la Censure et de donner votre
avis sur la convenance d’en permettre l’entrée. La
rectitude de votre jugement, la sévérìté de vos prin-
dpes, l’étendue de vos connaissances ont inspiré une
bien juste confiance à S. M. sur l’opinion que vous
émettrez à cet égard ».
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Rendu si mise subito all'opera e, il 6 novembre,
inviò la sua relazione, dedicata quasi esclusivamente
alla parte religiosa e filosofica, poiché, quanto alla
politica, restringevasi ad accennare di sfuggita che
l’opera, «sans jamais descendre à la démagogie, ren-
ferme tous les ptéjngés francai» relativement an gou-
vernement représentatif ».
Il lodato Canonico (cosi il Pralormo nella sua relazione
al Re) rispose osservando che su 25 compilatori degli arti
coli di storia, politica, religione e filosofia, contenuti in dette
distribuzioni, 20 sono conosciuti pei loro sani e cattolici
prìncipii che rifulgono nei molti articoli da essi inscritti;
3, senz'essere ostili alla religione, mostrano una tendenza
allo scetticismo e nei soli otto articoli da essi inseriti nel
detto Dizionario non presentano gran che di biasimevole,
anzi l’uno di essi, sebbene inclinato alla repubblica, con
chiude nei suoi temi a favore della monarchia; due compi
latori finalmente sono increduli, ma l’un d'essi stabilisce in
punto di genesi religiosa le teogonie indiane, opinione oggimai
confutata ampiamente da tutta la schiera degl’increduli, e
l’altro è partitante del naturalismo, setta filosofica spenta
col Volney e che i liberali del Broussais non han fatto risor
gere. Dopo esposto questo spoglio il prefato Canonico si
fa ad osservare: i° che il
Dictionnaire de la conversation,
toccando oltre i cento volumi, avrà soltanto pochi acqui
sitori, epperò non diverrà mai un libro popolare; 2° che i
Direttori di quest'impresa hanno fermo volere di miglio
rarla sotto l'aspetto religioso e politico, come ne fanno
prova le più recenti distribuzioni, la surrogazione degli arti
coli stampati nei fascicoli già ammessi dalla Censura ed il
numero quadruplo di compilatori noti all’intiera Europa
per scritture dettate giusta gli eterni prìncipii della vera
religione e della savia politica; 30 che negli articoli compi
lati da persone di men sane credenze i passi biasimevoli
si riducono a due o tre, e questi ancora presentati col pir
ronismo proprio di quelle menti;
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finalmente non essere
possibile d’impedire che per mezzo del contrabbando buon
numero degli attuali soscrìttorì che già posseggono per rego
lare introduzione 35 volumi non si procurino la continuazione,
il che sarebbe doppiamente dannoso. Per tutte queste con
siderazioni il canonico Rendu conchiude essere in coscienza
di avviso potersi accogliere favorevolmente la supplica del
libraio Puthod. Il riferente, convinto pur esso della saviezza
di tali osservazioni ed avvalorato dal parere del Sig. Conte
Provana, capo dell'ufficio di Revisione, nell'ossequiarle al
R. Trono si fa solo a soggiungere parergli conveniente che,
ove si conceda ai soscrìttorì della Savoia il poter ricevere
i fascicoli del
Dictionnaire de la conversation,
tal grazia non
si dovrebbe ricusare ai pochi delle altre provincie di V. M.
Il Re approvò, ed anzi, essendo sorto subito
qualche dubbio, il Pralormo scrisse, il 12 febbraio
1836, al Guardasigilli: «Il Sovrano permesso non
era solamente limitato ai numeri giacenti prima del
19 novembre, ma estensibile ugualmente ai fascicoli
che avevano ad uscire per compimento dell’opera, e
doversi quindi a quelli testé usciti e che usciranno
per l’avvenire permettere l’introduzione e rimessione
ai sottoscrittori e per essi ai librai». Era dunque
come firmare una cambiale in bianco. Chi poteva
garantire che nelle future dispense non si sarebbe
trovato nulla di riprovevole? Infatti, di B a poco,
la Censura tornò a dare l’allarme, e il Re, turbato
nella sua coscienza religiosa, credette opportuno di
proibire nuovamente l’intiera opera, onde reclami,
raccomandaTròni, suppliche e infine l’espediente con
cui, il 29 maggio 1838, «la distribuzione del
Dictiom-
naire
fu limitata per Sovrana disposizione agli asso
dati die già avevano ricevuto i primi fascicoli e eoo
che non avesse luogo», scriveva il Barbaroux, «se
non dopo esame da farsene dalla Cwnmiwow di
Revisione »(16). Ma si en in aostana sempre allo
stesso ponto; onde dd
DicHommain
discuteva» an
cora ad 1846, perchè, ia tatto ciò die r t h r t t i f t f
o indirettamente avene attinenza eoa la religione,
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