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LA STAMPA PERIODICA AL TEMPO DI CARLO ALBERTO

ma,

fatto accorto, ed onde le benigne intenzioni non

procedessero più oltre, sottomisi alla Reai Sanzione

le Patenti del 16 dicembre 1835 per cui si proibì

la pubblicazione di gazzette o giornali contenenti

notizie politiche senza la permissione del Primo Se­

gretario di Stato per gli Affari esteri, cui incombeva

prescrivere le norme per la revisione. Ebbi in seguito

ad essere ben pago di questa disposizione, perchè,

se i giornali che furono autorizzati dal Primo Segre­

tario di Stato per gli affari interni, quindi da quello

di Guerra, quando la Polizia passò nelle sue mani,

avessero potuto parlare di politica, sarebbonsi pro­

babilmente veduti articoli che avrebbero cresciuto

assai lo slancio di quelle idee che conveniva tempe­

rare »(5).

Il Solaro alludeva al conte Stefano Gallina e al

cav .

Emanuele Pes di Villamarina, specialmente a

quest’ultimo che, uomo di spirito, fu da molti so­

spettato, e a torto, di liberalismo. Tuttavia è fuori

di dubbio che Carlo Alberto, nella scelta dei suoi

consiglieri, parve ricordarsi qualche volta delle pa­

role che il Blondel attribuisce a Vittorio Amedeo II:

«Se non volete rovinarvi, mettete gara tra il vostro

cuoco e il vostro maggiordomo». Siffatto sistema

aveva però anche, com’è facile intendere, i suoi in­

convenienti. «Se memoria non mi falla », scrive lo

stesso Solaro, «fin dal 1836 ebbero principio le

Let­

ture popolari,

giornaletto che si lasciò con troppa faci­

lità pubblicare, sebbene le tendenze dovessero fare

avvertiti che era un primo saggio di fallaci lezioni

dirette a quella classe che ha bisogno di lavoro, di

quiete, non di essere spinta a maggiori speranze che,

non realizzandosi, ne annientano la felicità. Vi furono

articoli talmente in opposizione alle idee che giusta­

mente dominavano che l’estensore fu rimproverato

dal cav. Lazzari, nelle cui mani era la Polizia; ma a

quale prò’ se, presentandosi al cav. di Villamarina,

ne riceveva tutt'altra accoglienza? Fu forza alfine

proibire le

Letture popolari',

ma, con nuova incon­

gruenza, si permise che risorgessero col titolo di

Letture di famiglia

»(6). Di simili incongruenze, do­

vute non solo alle diverse tendenze

e al vario

tempe­

ramento delle persone chiamate

ad applicare la legge,

ma anche, come avviene,

alle

amicizie,

alk aderenze

e alle simpatie personali, è piena

la

storia

del gior­

nalismo nell’antico regime.

Naturalmente però potevasi sempre

fare

appello

al Re. «I governi assoluti », scrive

Giuseppe Manno,

«avevano questo di utile,

che agli

errori

e alle capo­

nerie dei delegati del

potere soccorreva

qualche

volta

efficacemente

il ricorso, come di appello, al supremo

delegante, il quale

poteva dire voglio,

o

non posso,

anche dopo i

verdetti amministrativi di qualunque

autorità. Il

delegante da me invocato e chiarito della

innocenza delle

mie opinioni e dd noncompromettersi

punto

per esse le fatare sorti dd paese, incaricò fl

ministro

Villamarina di aiutarmi con la sua autorità.

E il ministro

prese sopra di sè d’ingiungere a nome

del Re alla Revisione di rispettare tatto il ino

ma­

noscritto e di restituirmelo sema cancrlatare e sena

instruzioni. Così fu.

E

la

Storia moderna della Sar­

degna,

che io amo quale il migliore dei lavori della

mia mente, potè presentarsi al pubblico quale la mia

mente aveala concepita »(7).

Giuseppe Manno era un fedele servitore della

Dinastia; ma l’azione moderatrice del Re si esercitò

non di rado anche a favore di uomini di tendenze

democratiche universalmente note. Basti per tutti

l’esempio del Brofferio. Desideroso infatti di pro­

muovere il progresso civile dei suoi popoli, Carlo

Alberto sentì sempre una specie di segreta solida­

rietà con gli uomini di studio, anche se dicevansi

liberali. Poiché nel vecchio Stato subalpino, avido

di più ampio respiro, il liberalesimo fu principal­

mente, se. non esclusivamente, italianità, e la nota

deU’indipendenza, che dominò ogni altra nel 1848

come nel 1821, trovava profonde risonanze nel cuore

del Re. Ma Carlo Alberto aborriva il liberalesimo di

Luigi Filippo e lo riteneva inconciliabile con le tra­

dizioni secolari, politiche e soprattutto religiose, della

sua casa. Nel 1842, in poche pagine scritte nel racco­

glimento di Racconigi, ringraziava fervidamente il

Signore per avergli concesso, ad onta dell’educazione

ricevuta dai calvinisti ginevrini, «une gràce immense

en me faisant conserver la Sainte Foi et en me por-

tant à m’en faire constamment honneur »(8). La

difesa della religione cattolica e dei suoi ministri gli

sembrava infatti un obbligo di coscienza e di onore,

un preciso dovere per il quale era pronto a co -?-

mere anche «ces élans de l’àme d’un jeune soldat »,

com’erasi espresso nel 1839, «qui ne peuvent pas

étre désavoués par mes cheveux gris »(9). Così

Giovanni Prati, sebbene avesse scritto per lui un

inno guerriero, fu espulso da Torino, nel 1845, per

avere offeso il P. Angius e deriso, si disse, le pratiche

religiose (10), e Lorenzo Valerio, alla vigilia delle

riforme del 1847. si vide sopprimere le

Letture di fa­

miglia

per un articolo che dispiacque ai gesuiti.

La difesa dell’altare e del trono esigeva pertanto

che nessun periodico, neanche quelli ufficiali, che

erano la

Gazzetta piemontese

(11), la

Gazzetta di Ge­

nova (12), VIndicatore sardo (1

3)

e il

Journal de

Savoie

(14), si occupasse di politica; nè era poi per­

messo procurarsi giornali forestieri, italiani o fran­

cesi, che non fossero rigorosamente legittimisti e

cattolici. Le eccctioni, a questo riguardo, erano raris­

sime e circondate d’infinite cautele, mentre l’intran­

sigenza veniva spinta a tal ponto die, nel dicembre

1840, fl prof. Chinila dovette abbandonar l’idea di

fare osa re

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1841, il

generale

F.

Della Classa d'Isasca.

comandante militare di Torino, avendo chiesto, col

parere favorevole dd Lanari, l'autorizzazione di

abbonarsi al

Jcmrual dea Déiets,

ebbe dd

Solaro

on

reciso rifato (15).

Dd redo, non solo i giornali poiitàd e letterari,

ma anche l i grandi <

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