

S A G G E Z Z A
D I A U G U S T O
C
esare Ottavio assumeva la grande e gravosa suc
cessione di Cesare a diciannove anni. Peso certa
mente arduo, per così giovane erede; e tanto più
arduo, in quanto il gesto assassino che, in nome delle
idee e delle forze retrive, avevano compiuto i cesari-
cidi, gettava Roma nella contesa più aspra fra nuove
fazioni, continuatrici non meno aspre della guerra
civile che Cesare aveva vinta. Fin dai suoi primi
passi, si rivelava il temperamento di
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. Ottavio,
divenuto C. Giulio Cesare Ottaviano, il quale, al
genio di Cesare, sostituiva una già matura prudenza,
ima notevole scaltrezza, una sapienza politica stu
pefacente data la sua età. La successione di Cesare
non poteva essere presa tanto facilmente. Vi contra
stavano da un lato le stesse forze reazionarie che
avevano cercato di tagliare la via a Cesare, dall’altro
alcuni collaboratori più vicini del dittatore scom
parso, soprattutto Marco Antonio, che tentava di
prendere per sè la successione appoggiandosi sulla
forza di molte legioni che già avevano servito sotto
il suo Capo, in Gallia o nella guerra civile. Cesare
aveva creato il nuovo Stato, non aveva ancora po
tuto assicurare la completa organizzazione del nuovo
regime. Gli elementi di forza che il nuovo Stato
doveva unificare, lui scomparso, ripresero un tenta
tivo di autonomia e di reciproca sopraffazione.
Quattordici anni di lotte contro le opposte fazioni
furono necessarii perchè Ottaviano potesse tenere,
da solo, il comando nell’Urbe e nell’impero e pren
dere realmente possesso della successione morale e
politica di C. Giulio Cesare. Il suo mirabile accorgi
mento politico gli aveva dato il trionfo. Giovinetto,
aveva saputo costringere Roma a tener conto della
sua persona valendosi dell’eredità e dell’adozione di
Cesare. Adulto e capo di parte, egli ebbe l'abilità di
far coincidere la sua fazione con Roma stessa, di
combattere M. Antonio per iuta rivalità di supre
mazia, ma di fario difendendo nello rtesso tempo,
il nome, il prestigio, il primato di Roma, e l’unità
dell’impero. Aveva legioni e navi e valorosi colla
boratori: ma Antonio non poti raggiungere la supe
riorità che a Ottaviano veniva dall’aver dalla sua
parte tanto il prestigio di Cesare amie la tradizione
di molti secoli gloriosi e la legge, la patria stessa
romana. «
RempMicam, dominatione factionis op
pressa*, in libcrtaiem viniicavi
» scrisse egli stesso
nel suo testamento politico: infatti egli seppe mo
strare non di combattere per sè, ma per lo Stato.
Nell’ultima guerra contro M. Antonio e Cleopatra
alla vigilia della battaglia di Azio, la sua vittoria
era attesa per la salvezza di Roma, e il suo avversario
non aveva potuto impedire che una abile propa
ganda lo facesse apparire traditore dello Stato e
asservito ai fini e alle ambizioni della greca erede
dei Faraoni.
Proseguito il riordinamento delle provinde orien
tali e la sistemazione dei veterani, che furono larga
mente compensati, Ottaviano si diresse verso Roma.
Il Senato già gli aveva esteso il privilegio della invio
labilità sacrosanta in tutto l’impero, quindi anche
oltre il pomerio, ed a vita; gli aveva decretati solenni
onori ed aveva ratificati tutti i suoi atti. In Oriente,
ove il prestigio della romanità non poteva essere
sentito se non come venerazione di una persona
divina, lasciò costruire templi in Efeso e Nicea in
onore dd Divo Cesare, in Pergamo e Nicomedia in
onore di Roma e suo. Al 13 agosto del 29 a. C., dopo
essere stato accolto con cerimonie senza precedenti,
celebrò il trionfo per le vittorie dell’illirico, il giorno
dopo per la battaglia di Azio, ed infine il 15 agosto
per la conquista dell’Egitto: trionfi superbi, accom
pagnati da generose largizioni di denaro, da opere
pubbliche commemorative, da larghissime e giuste
ricompense ed onori soprattutto ad Agrippa, e poi
anche agli altri luogotenenti ed ai veterani.