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SAGGEZZA DI AUGUSTO

stesso: « Nei miei consolati sesto e settimo, dopo

aver fatte cessare le guerre civili, avendo in mia

mano, per universale consenso, la somma del potere,

trasferii il governo della cosa pubblica dalla mia

persona al Senato ed al popolo romano. Per la quale

benemerenza un senatus consulto mi attribu ì il nome

di Augusto, le porte della mia casa furono ornate

di lauro e della corona civica e nella curia Giulia

fu posto uno scudo do ro , che, come risulta dal­

l’iscrizione appostavi, il Senato mi diede per il mio

valore, clemenza, giustizia e devozione. Dopo questo

tempo fui superiore a tutti per autorità, ma però non

ebbi maggior potere di quanto ne avevano quelli

che mi furono colleghi nelle magistrature »

(Mori.

Anc.

34, con i supplementi trovati nel

Moti. Antio-

chenum).

Il nome di Augusto doveva essere la forma

ufficiale, morale e religiosa, del principato nascente:

cittadino romano, il principe non è superiore agli

altri per le magistrature, non è il primo dei Romani,

è un generale vittorioso, ma dal complesso dei suoi

uffici e garanzie, raccolte in una semplice unione

personale, esce la figura dell’/lMgwsfus, superiore a

tutti perchè è forte, ma anche perchè è giusto, pio

e

Divi filius:

superiore quindi non per

potestas

o per

dignilas,

ma per qualcosa che comprende tutto, e

che ha un carattere più spiccatamente personale,

1

’auctoritas,

fondamento e giustificazione del prin­

cipato.

Le alte cariche che Augusto accettò in processo

di tempo non modificano la sostanza intimamente

personale del principato: non si creava una monar­

chia, si riconosceva la superiorità di un uomo per i

suoi meriti, per il suo potere di fatto, perchè era

figlio del D ivo Cesare, cui la deificazione aveva tolto

ogni ricordo di sostanza mortale per farne il simbolo

che dovrà acquistare, nei secoli, un valore incalco­

labile, della romanità conquistatrice, dominatrice ed

intangibile. Questa sostanza lim itata, personale della

monarchia di Augusto rientrava perfettamente in

tutto il suo piano d ’azione; anche ora non era il

capo partito che dominava lo Stato, ma il figlio di

Cesare che lo serviva, ed il necessario personalismo

di questa origine fu poi, com era comprensibile, la

causa delle inevitabili difficoltà e preoccupazioni che

Augusto ebbe più tardi, per la successione.

Organizzato così, dal punto di vista costituzio­

nale, il centro del nuovo sistema, urgeva il problema

delTordinamento amministrativo dello Stato. Dal­

l’epoca delle prime conquiste, tutte le provincie e

dominii dell’impero restarono, in sostanza, sotto­

posti ad un regime di occupazione militare. Dei

magistrati o promagistrati muniti di comando mili­

tare, accompagnati da improvvisate amministrazioni

e dall’organizzazione fiscale degli appaltatori delle

pubbliche entrate, si alternavano a periodi brevis­

simi, nel governo, o per meglio dire, nello sfrutta­

mento e nella spogliazione dei dominii. Roma, per

i suoi sudditi, non poteva essere conosciuta che in

due modi: le aquile delle legioni ed i libri dei pub­

blicani. Di questo stato di cose i dominii soffrivano

A a g a r t*

sino all’esasperazione, sino all’odio del nome romano,

odio di cui nell’ultimo secolo della repubblica si ave­

vano avute notevoli manifestazioni; e sin dall’età

dei Gracchi, i più preveggenti dei Romani si erano

resi conto del pericolo sovrastante a quell’amalgama

informe di territori rapinati che allora era lo Stato

romano.

La lotta fra cavalieri e senatori per il controllo

giudiziario sulle provincie aveva dilaniata Roma per

alcuni decenni, ma non era riuscita a portare alcun

sensibile miglioramento. I magistrati che si rovina­

vano per le spese elettorali, quando pure non erano

già in condizioni finanziarie pessime prima, attende­

vano di governare le provincie per restaurare il loro

patrimonio. Nessuno stipendio veniva dato per questi

uffici, nessuna organizzazione amministrativa li so­

steneva. Augusto volle evitare questi inconvenienti

creando stipendi per i governatori provinciali, e cer­

cando di sottrarre queste amministrazioni alle tra­

versie della politica istituendo per tutte le provincie

gerarchie di impiegati. Le provincie direttamente

dipendenti da lui furono le [Mime a subire queste

modificazioni: i procuratori, scelti con gli stessi cri­

teri delle amministrazioni patrimoniali famigliali,

curavano l’esazione delle imposte e tasse, ammini­

stravano i territori stessi, provvedevano ai pagamenti.

Le provincie personalmente amministrate da

Augusto vennero così a costituire un corpo a parte.

Le loro entrate andavano a versarsi neD'ammini­

strazione privata del principe, il quale, con esse,

provvedeva direttamente al pagamento delle truppe e

a tutte le spese relative all’esercito ed alle ammisi-