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ricordo delle origini, esisteva ancora nella chiesa,

una cappella dedicata a Santa Maria del Sepolcro.

Disgraziatamente i resti delle costruzioni medioe­

vali sono scomparsi; il Priorato dei Canonici del Santo

Sepolcro che fiorì nel secolo X III, in cui fu fondato,

se pure non ebbe i suoi inizi alla fine del secolo pre­

cedente, non ha lasciato traccie della sua architet­

tura. Però, ancora circa venti anni or sono, alcuni

studiosi asserivano di avere ammirato alcune arcate

di un chiostro romanico nella località dove ora sorge

10 stabile in via Sagra di S. Michele, n. 59 (già pro­

prietà Capello); ricerche fatte oggi in proposito hanno

dato risultati negativi; al n. 52 della stessa via

rimane una cascina detta dei Frati, ma questa

costruzione del periodo barocco deve attribuirsi alla

Comunità Camaldolese.

Dell’antico Priorato rimane però ancora un ci­

melio di scultura; alludo alla statua mutilata cre­

duta della Vergine che fu allogata entro nicchia

praticata nel muro della canonica a destra della

facciata della chiesa. E la parte superiore di una

statua in marmo bianco che rappresenta una figura

femminile in grandezza quasi naturale. La statua

11 cui volto mutilato esprime dolore e devozione,

tiene le palme distese delle mani, aderenti al seno,

in atto di dolorosa sorpresa, di commiserazione e di

adorazione; il capo piamente inclinato è coperto da

un drappo che, a molte pieghe, si chiude sotto la

gola, lasciando in vista pochi capelli e l'orecchio;

i tratti del viso sono abbastanza espressivi; il corpo

è avvolto in ampio paludamento a molte pieghe

parallele, foggiate classicamente con buon effetto;

un ricamo della veste è ottenuto mediante cavità

globali ricavate col trapano; le mani piuttosto de­

formi escono dalle maniche strette in molte pieghe

concentriche. È incontestabile l’imitazione del drap­

peggio delle statue classiche; l'atteggiamento pate­

tico della figura commiserente ed adorante è note­

volmente espressivo, per cui questo cimelio parmi

non privo di pregio.

In altro mio scritto

(Il Momento,

9 gennaio 1929)

ho creduto di ravvisare in questa statua, l’opera di

scalpello romanico della prima metà del secolo X III,

allevato alla scuola di quel Benedetto nominato

Antelami che operò dal 1178

(Deposizione

del duomo

di Parma) ed i cui numerosi seguaci lavorarono fin

oltre la prima metà del secolo X III.

Ma riflessione più matura e sopratutto il giudizio

di competentissimi hanno reso la mia opinione meno

sicura.

L ’attitudine, il panneggiamento, l’acconciatura

del capo, i tratti del volto, la fattura delle mani

sono elementi che parlano piuttosto di un’opera

della classica romanità decadente, elaborata dall’arte

provinciale; dovendosi quindi escluderla come pro­

dotto di arte preromanica o romanica. Il tipo e

l'attitudine derivano fondamentalmente dalle figure

oranti dell’arte paleocristiana, con la variante che

mentre gli oranti sono, di regola, raffigurati in atti­

tudine nettamente frontale, collo sguardo in avanti o

in alto; qui invece la statua e rivolta leggermente verso

la sua sinistra ed il suo sguardo è rivolto in basso.

La figura evidentemente era in rapporto con

qualche altra che stava alla sua sinistra ed in basso;

da ciò ad immaginare che eventualmente la statua

facesse parte di un gruppo rappresentante Cristo

deposto, è breve il passo legittimo e ragionevole.

Non si può in modo assoluto dimostrare che questa

figura rappresenti la Madre di Dio in quanto che

nella composizione del gruppo intervenivano le Pie

Donne e Discepoli. Una grave obbiezione che si può

fare si è che gruppi di questo carattere nei bassi

tempi non sono conosciuti, nè in tutto nè in parte;

ciò però non esclude che la statua si possa riferire,

come si è detto, ai bassi tempi e che l’unica snieea-

zione che le si possa dare per il suo aspetto e

i

sua attitudine sia quella sopraccennata.

La data del VI secolo, scritta sotto la nicchia,

può rispecchiare una antica tradizione ma è poco

credibile in quanto che nel sesto secolo la mina

dell’arte romana era completa; nè l’arte barbarica

si era sostituita coi suoi prodotti che del resto hanno

tutt altro carattere, con esclusione del pieno tondo;

nè i caratteri stilistici della statua possono fare pen­

sare all’arte bizantina intesa nel senso esatto della

parola. La nostra scultura dei bassi tempi sarebbe

quindi anteriore al VI secolo e rappresenta per il Pie­

monte un

unicum

;si potrebbe anche supporre che così

frammentaria sia stata importata da altre regioni.

Questo cimelio di scultura non priva di pregi

intrinseci, qualunque sia la sua data, ha una grande

importanza per la storia religiosa ed artistica della

nostra regione; sarebbe quindi conveniente esporla

alla venerazione dei fedeli, neH’intemo del tempio,

sottraendola così agli insulti delle intemperie e dei

male intenzionati.

E U G E N I O O L I V E RO