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GEMMA VERCELLI E IL PROBLEMA DELLA SUA AR

Che altro infatti significa il magnifico dipinto

Ninfe e piante morte

se non la gioia di questa libera­

zione? Un malato di classicismo potrebbe ricordare i

carducciani cipressi davanti a San Guido e citare dal

carme

Alle fonti del Clitumno:

A piè de i monti e de le querce a l’ombra

co’ fiumi, o Italia, è de' tuoi carmi il fonte.

Emergean lunghe ne’ fluenti veli

naiadi azzurre, e per la cheta sera

chiamavan alto le sorelle brune

da le montagne.

Orbene nulla di tutto ciò. Dai cortici degli alberi

annosi, che il vento ha contorto e il freddo spogliato

d’ogni sorriso di verde, le ninfe sono uscite... E come

non pensare allo spirito immortale, che abita in noi

e che la morte libera dal carcere, segnato, solcato e

scosso dalle bufere delle passioni e dagli uragani della

terrena sofferenza?

O

non forse quelle ninfe, sorte dai gorghi pro­

fondi della fonte al grido dell'ultima agonia degli

alberi tormentati, esprimono la divina fraternità

degli esseri, che con indicibile senso di amore il

Poverello di Assisi cantò? Anche le due anatre, che

impettite muovono dal piede di uno degli alberi

morti e paiono mettere una nota comica nella gran­

diosità del quadro, hanno pur esse un profondo

valore se possono significare che l’infallibile voce

dell’istinto assiema la calma anche di fronte alla

morte, ammonendo che non distruzione questa è,

ma conservazione della vita nel trapasso ad altre

forme novelle e migliori.

Nelle figure umane poi la bellezza è data dall’ir-

raggiarsi sui volti della vita interiore.

Estasi, Sor­

presa, Visioni

sono tele stupende dove la ricchezza

e la vivezza del sentimento sono espresse con spon­

taneità così evidente, che sembra di veder palpi­

tare le gole, muovere le mani.

_ E non si jMiò parlare dell’arte di Gemma Vercelli,

senza fermarsi a considerare l ’importanza clic nei

suoi quadri hanno le mani. Queste realizzatrici delle

umane fatiche, queste fattrici delle opere nostre,

sono da lei meravigliosamente spiritualizzate e le

servono come nobile, efficace, potentissimo mezzo

di espressione.

Ed

ecco

due quadri che, per il profondo

con­

cetto

filosofico

che li informa, sembrano varcare il

limite concesso agli umani:

Homo

e

Intuizione.

Homo. Da chi mai Gemma Vercelli fu iniziata alle

profondità della dottrina di Platone, o intese par­

lare del misticismo dei neoplatonici, o ebbe notizia

delle speculazioni gnostiche, o udì delle meditazioni

dei Padri della Chiesa, od ancora conobbe dei mi­

steri della Kabbala o dell'Adam Kadmon? Chi mai

le parlò della concatenazione e della discesa dei

mondi divini, fino all'idea archetipa dell’uomo, giù

giù fino al riverbero oscuro di questo nel cavernicolo

platonico del Gorgia? Credo fermamente die se ad

alcuno questa faticosa odissea dell'umano pensiero,

29.