

LA “ REGAL TOR INO
”
E U N ' I M I T A Z I ONE CARDUCC I ANA
Indubbiamente il Nigra si ricordò della chiusa
della
Palingenesi politica
del Monti, perchè troppo
evidenti sono le imitazioni:
.....e dentro
Alla densa caligine di spessi
Lampi divisa si sentian profondi
Correre i tuoni, e strepitar le folgori
Di partir desiose. I circostanti
Eroi dal fianco trassero fremendo
Le generose spade. In un momento
Si spiegar, s’agitaro le diverse
Dieci mila bandiere e le veloci
Selve di ferri che dal sol percossi
Mettean barbaglio agli occhi e tema al petto.
Nelle spade securi e più nel core
Taciturni procedono e terribili
Gli ordinati squadroni. In lunga riga
Scudo a scudo, elmo ad elmo, e fianco a fianco
Si strigne, e al moto delle teste vedi
L ’un coll’altro toccarsi i rilucenti
Cimieri e l’onda delle eccelse piume.
Sotto il piè de’ guerrieri e de’ cavalli
Trema la terra, e nubi alza di polve
Che da lungi veduta al ciel rotarsi
Fa delle madri impallidir la gota,
E il coraggio brillar de’ giovinetti
Che d ’illustre sudor bagnarsi anelano
Nelle fervide mischie, e il dorso premere
Di focoso destrier fra tube e timpani.
Nella « Rassegna » del Nigra, sfilano dinnanzi agli
occhi dei lettori molte fra le più note città del vecchio
Piemonte, che il poeta chiama con epiteti che ve
diamo anche usati dal Carducci.
Cosi l’aggettivo di «vecchia » dato ad Aosta;
così il «Cuneo fedele » fa riscontro al Cuneo «pos
sente e paziente » carducciano, e Ivrea dalle «rosse
torri», l’Ivrea turrita; e la frase «fatale penisola»
del verso 127 della « Rassegna di Novara », e così
l’immagine carducciana in cui si paragona l’Alfieri
ad un’aquila che vola sopra l’Italia gridando, per
riscuotere i morti italiani: le ossa di questi scricchio
lano sè ricercando lungo il cimitero della penisola
per vestirsi d ’ira e di ferro, ricorda ben da vicino i
martiri d’Italia che sorgono alla voce del gran Re:
Tutti del sangue lor son caldi i solchi
Della fatai penisola, e feconda
Germogliò dalle infrante ossa disperse
La rinnovata libertà.
Qui si potrebbe osservare che forse lo spunto,
anche per l’atteggiamento stilistico, può essere deri
vato dall’Aleardi,
Le Città Italiane:
La penisola fatale
Si converse in un lungo ordin di tombe.
può ricordare altri versi dello stesso Aleardi:
Italia Italia, cercarono con cento
Lingue diverse e ignote...
... lungo il cimitero
Della fatai penisola.
E proseguendo in un’attenta lettura, si può ancora
imbattersi negli accenni del carme di Costantino
Nigra, a « i piani e i poggi di Mondovì », a « l’armi
gera Torino », a «Biella industre » e gli «squadroni
d ’Aosta impetuosi », che hanno suggerito al Carducci,
con ogni probabilità, il «Mondovì ridente » e la
«regai Torino », e Biella che ostenta i camini indu
striosi e « l’impeto d ’Aosta ». Il «tra fumo e polve »,
al verso
177
del Nigra, lo s’incontra anche nell’ode
carducciana — che pure si legge al verso
47
del
Canto
all'Italia
del Leopardi — :
... i foschi
Cavalcator divorano la via
Tra fumo e polve...
I
battaglioni che scendono gagliardi dalle cit
delle Alpi Piemontesi, come le acque dei fiumi, hanno
riscontro nella «Rassegna »del Nigra: nei reggimenti
delle varie armi che egli ci presenta e che il gran Re
passa in rassegna nella pianura di Novara, reggi
menti eroici che hanno bagnato del loro sangue
«la fatai penisola ».
Gli incontri, ben è vero, sono formali, chè nel
l’intima connessione l’ode carducciana, ben si stacca
dalla «Rassegna » del Nigra: ma è certo tuttavia
che il Carducci si servì di reminiscenze e di ricordi
che usò e sfruttò nel suo canto, in cui freme in ben
altro modo che non nel Nigra, l ’esaltazione del
grande Re e della «santa luce dettarmi ».
Ma oltre al Nigra, il Carducci dovette certo aver
avuto di fronte alla memoria anche il carme in versi
sciolti che nel
1842
Felice Romani pubblicava a Torino
in occasione delle nozze di Vittorio Emanuele allora
Duca di Savoia con Maria Adelaide Arciduchessa
d ’Austria
(2).
In questo carme dimenticato, il poeta di
Moneglia intende celebrare Torino: «La festante me
tropoli Taurina », aggettivo di cui si è ricordato il
Carducci attribuendolo alle Alpi; come pure avrà
avuto dinanzi «d ’Asti i colli — per vendemmia
festanti », e più innanzi il ricordo:
«alla regai Torino »
lieta del talamo augurato.
E
ancora avrà avuto di
nanzi alla mente la descrizione topografica che il
Romani fa delle varie città del vecchio Piemonte:
... Ivrea che un giorno
Splender mirò de’ suoi Marchesi in fronte
L ’Italica corona: e Biella altera
Del suo gran minator...
... E
Pinerolo
Testimon d’alti fatti e di nefandi
Sotto il ferro straniero...
E così pure il verso carducciano:
Italia, Italia, rispondeano l’ume...