Table of Contents Table of Contents
Previous Page  208 / 1821 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 208 / 1821 Next Page
Page Background

VECCHIA TORINO

All’ala opposta (N° i e 2 a sinistra) la Regina

Maria Teresa, figlia di Ferdinando III, Gran Duca

di Toscana, ospitava la suocera Maria Cristina prin­

cipessa di Curlandia, e la vedova del Re Carlo Felice,

Maria Cristina Teresa di Borbone, Infanta delle Due

Sicilie. Erano ospiti frequenti e graditi: la sorella

del Re, Maria Elisabetta moglie dell’Arciduca Ra­

nieri, il mite Viceré del Lombardo-Veneto e le quattro

figlie di Re Vittorio Emanuele I che avevano sposato

rispettivamente il Duca di Modena, il Duca di Lucca,

il Principe Imperiale Ereditario di Austria e Ferdi­

nando II, Re delle Due Sicilie. Due principini irre­

quieti passavano dall’uno all’altro palco degli augusti

genitori: due adolescenti, il primo quattordicenne,

il secondo dodicenne, che le fortune della patria

dovevano innalzare a fastigi gloriosi- Vittorio E-

manuele Duca di Savoia e Ferdinando Duca di

Genova.

Nei cinque ordini di palchi erano distribuiti i

più bei nomi della nobiltà piemontese. Molti di essi

si fregiano del titolo di casati estinti; ma parecchi,

nelle persone dei loro discendenti, ornano tuttora i

palchi rinnovati del vecchio teatro. Solo al quinto

ordine, frammisto a nobiltà di rango inferiore com­

pariva qualche nome borghese: le Madame

Calleri-

Cigna, Franchi-Canavero, Roggeri-Govean, Juva-Ric­

cardi, Barberis-Spitulli

e poche altre.

Il

repertorio del Teatro Regio era stato per più

di due secoli assai modesto. Da una lista che elenca

le rappresentazioni dall’anno 1700 in poi, appare

che i «

Signori Cavalieri componenti la nobile Società

per la Direzione Generale dei Teatri e Spettacoli di

Torino

», e rispondevano ai nomi di S. E. il Cavaliere

Thaone

(sic)

di Revel, S. E. il Cavaliere della Mar­

mora, S. E. il Conte di Ferrere, S. E. il Barone

Perrone, se la cavavano con poca fatica. Il cartellone

non portava più di due opere e qualche balletto.

Dal 1700 al 1833 il Teatro Regio aveva sempre

funzionato regolarmente, eccetto le forzate chiusure

nei periodi di guerra: dal 1704 al 1714, dal 1733 al

1736, dal 1746 al 1747, dal 1793 al 1797 e nel 1800.

Anonimi gli autori delle musiche per molti anni,

dal 1715 al 1718 era stato infeudato a Stefano

Andrea Fiore, compositore milanese ora dimenticato.

Primo nome illustre che compare sul cartellone, se

così si può chiamare l’elenco di due opere, è Ales­

sandro Scarlatti con

VIfigenia in Tauri (sic),

infram­

mezzata da «balli incerti », come erano chiamate

quelle coreografie in cui l ’azione era così confusa o

vacua da non lasciar capire che cosa rappresentasse.

Metastasio librettista appare la prima volta con la

Diione,

musicata dall’ora completamente ignorato

Satri. In seguito intervengono Porpora, Jomelli,

Leo, Gluck, Galuppi, Sacchini, Piccinni. Repertorio

a base di Greci e di Romani, benché fin dal 1740

Boileau avesse esclamato: «

Qui nous délivrera des

Grecs et des Romains

? ».

Due soli stranieri trovano ospitalità in tutto il

secolo: Mysliwececk da Praga, detto « il Boemo »,

nel 1768 e nel 1774, e Giacomo Rust, il cui nipote

farà una contraffazione di sonate beethoveniane,

nel 1782. Cimarosa si presenta nel 1785, Haydn

nel 1805, Rossini nel 1815 col

Tancredi,

e Meyerbeer

nel 1819 con

Semiramide.

La stagione di cento anni fa (1834) presenta la

prima esecuzione a Torino della

Norma

di Bellini,

e la

Fausta

di Donizetti, con la soprano Carolina

Ungher, amica di Beethoven e prima interprete della

sua

Nona Sinfonia.

Nella stagione teatrale dello stesso anno il Teatro

Carignano, il quale era uso di dare quattro opere,

ne dava solo tre:

I l disertore Svizzero

di Lauro Rossi,

autore dimenticato di 29 opere e direttore del Con­

servatorio di Milano e poi di Napoli;

Zampa

di

Hérold e

Parisina

di Donizetti.

Il

d’Angennes

competeva brillantemente con i

fratello maggiore alimentando cinque opere, e cioè:

Torquato Tasso

di Donizetti, la

Chiara di Rosemberg

di Ricci,

Sonnambula

di Bellini,

Erano due ed or

son tre

pure di Ricci, e l’

Elisir d’amore

di Donizetti.

Come si vede, dal 1834 al 1934 come numero di

opere eseguite complessivamente nei vari teatri in

una stagione, e come valore artistico, forse non si

è fatto molto progresso.

E D O A R D O R O G G E R I