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UNA MOSTRA D I DISCEPOLI D I FELICE CASORATI

ogni regione: Filippo Carcano (/

credenti),

Emilio

Gola

(Il Naviglio di Milano),

Enrico Coleman (

Pu­

ledri della campagna romana),

Luigi Conconi

(Sullo

scoglio di Quarto),

Cesare Detti

(Duca di Guisa),

Luigi Nono

(Refugium pecatorum),

Bartolomeo Bezzi

(Adigettó),

Antonio Mancini

(Ritratto del padre),

Gae­

tano Previati

(Autumnalia),

Cesare Tallone

(Ritratto),

Ettore Tito

(Pescheria - Sulla piazza - Baccanale),

Pompeo Mariani

(Porto di Genova),

Angelo Morbelli

(Le due nevi),

Francesco Sartorelli

(Egloga),

Pietro

Chiesa

(La leggenda di Thais),

Paolo Sala

(Santa

Russia),

Lino Selvatico

(Signora in nero),

Aristide

Sartorio

(Ad e Galateo),

Ferruccio Scattola

{Visioni

i ’Assisi),

e ancora i Gioii, i Ciardi, Grubicy de Dragon,

Milesi, Petiti, Belloni, Bazzaro, Nomellini, ecc.

Rievocazione nostalgica? Significazione d’un qual­

che rimpianto nell’attuale periodo dei più imprevisti

ardimenti e delle più audaci acrobazie? No, no. Vo­

gliamo solo, conchiudendo, ricordare ai

refrattari

dell’arte d’eccezione che tutte le opere citate,

con

lutti i temperamenti che rivelano e nei p ii vari aspetti

sotto cui si presentano,

vanno comprese e considerate

complessivamente neU’Ottocento, nel periodo quindi

in cui di Novecento non si parlava ancora. Non si

sgomentino quindi troppo questi

refrattari

per questo

nostro Novecento, tìpico movimento rigeneratore

del quale è superfluo

rilevare le benemerenze e

k

vittorie,

esso

pare

(mentre

tatti i

grandi valori

(he

lo

precedettero, o die inevitabilmente vi sono

inseriti, rimangono immutati in quella consacra­

zione che il tempo ha loro assegnato) ben degno

della più cosciente valutazione e d ’una tale e cosi

varia possibilità di realizzazioni, evoluzioni, risorse,

pentimenti (non è stato forse attratto qualche stesso

ottocentista dal Novecento per ricalcare poi le orme

transitoriamente abbandonate?), da poter compren­

dere nella sua vasta orbita — citandone qualcuno

fra i più rappresentativi per stile — da un Wildt,

un Martini a un Messina, un Baglioni (un nostro

giovane coscienzioso e degno); da un Casorati, un

Tosi a un Soffici, un Suoni; da un Valinottì, un

Calvi di Bergolo (altra nostra giovane coscienziosa,

austera affermazione) a un Menzio, uno Spazzapan.

Dovremmo ricordare anche i futuristi? No. Del

lasciar loro l’impressione

d!incasellarli,

circoscriverli

nello spazio di tempo che riceve il nome sia pare da

un intero secolo,

potrebbero non essercene grati e dò

potrebbe essere fl più convincente sintomo (fi come

non possano avere eccessiva importanza le delimi­

tazioni di tempo in rapporto al veloce, dinamico cam­

mino che, come solamente lo vede e lo vuole il Dace,

è tracdato sconfinatamente alla nostra stirpe, per il

Ubero manifestarsi di qoeU'inesaoribtle primavera di

purissime idealità; sane, salde energìe, die costi­

tuisce ramatissima nostra Italia, la coi sacra fiamma,

che arde nd

quale in»«*ingnibile h f f a tatto

il mondo, richiede solo d’essere costantemente ah*

mentala, in «y i atanpo, da onere

d’imcroUaH*Foia.