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UNA MOSTRA DI DISCEPOLI DI FELICE CASORATI

ai manierismi, ai convenzionalismi, a tutto ciò che

poteva contrastare l ’indipendenza dell’arte, quando,

dopo il periodo trascorso col Verstappen (del quale

tanto era «l ’amore del vero, e non del

vero brutto

ma del

vero bello »),

ritornando al vero con sincerità,

seguiva liberamente il proprio ideale. Il D ’Azeglio,

che si sorprenderà poi, come, con tanto amore alla

indipendenza, alla nazionalità, all’Italia, quando i

paesisti prendevano il pennello in mano la sola cosa

che non facessero fosse l’Italia e cioè

un

'*1

tolta

u.'nrr'»-

lata al soffio del vento del nord

»e preferissero «

un’arte

serva d’altrui; un’arte che aspetta da Parigi o da Londra

i suoi modelli e le sue ispirazioni colla

pacotille

del­

ialtre

nouveautés

dell'anno

»e rappresentassero *

una

natura senz’anima, senza carattere, fiacca e smorzata... •

e che si addolorerà del «

bisogno d’essere di moda, e

seguire non la coscienza, preziosa nell’arte come in

ogni altra cosa, ma il capriccio del giorno

». Il D ’Azeglio

che affermerà ancora che •

nella pittura di paese si

possono suggerire precetti, osservazioni, ecc., ma se

non s’opera per ispirazione, tutto è inutile. Per questo

i grandi paesisti sono stati p ii rari che i grandi in

altri rami dell’arte

».

E può forse ancora essere portato a riflettere, il

visitatore, che il Bonfantini stesso, nella predilezione

a ritrarre i suoi cavalli,

può sentire come poteva sen­

tire

una Léonie Lescuyer, l’eletta consorte di Andrea

Gastaldi, una delle migliori allieve della celebre ani­

malista Rosa Boneur, o come

poteva

anche, per

esempio,

sentire

quell’altro animalista (e non solo

animalista) ossolano (rivendichiamo, quando ci si

offre l’occasione, un po’ di questo nostro modesto,

meno conosciuto ed onesto Ottocento piemontese)

che fu il Carlo Gaudenzio Lupetti, e che il Chiara

può aver attinto alle stesse fonti d ’ispirazione d’un

Avondo e (se anche qui non si tratta di figura)

d ’un Mentessi, d’un Ricci...

Nel ricordare questi nomi, che ci sono oltremodo

cari, non intendiamo beninteso stabilire confronti di

valori, ma solo precisare, e se è possibile dimostrare,

che quando questo visitatore sino allora

ribelle,

si è potuto convincere delle affini disposizioni psi­

chiche dei vari cultori d ’arte, all’atto della realizza­

zione delle opere, allora v ’è sufficiente garanzia per

lui per poter dichiarare raggiunta la funzione del­

l’arte; e questo è l’essenziale, indipendentemente da

tendenze, vuole, tecniche. Diversamente, non pos­

siamo che essere tutti d ’accordo, se l’opera d’arte

non è una rivelazione di sensibilità, una visione di

bellezza e di nobiltà, un

incitamento alla nostra ele­

vazione,

manca alla suprema sua missione e dovrebbe

considerarsi ben poco necessaria, per non dire ingom­

brante, e spesso perniciosa, nelle nostre esposizioni.

* ♦*

Abbiamo cominciato questo articolo riferendoci

ad un’opera di Felice Casorati esposta alla Esposi­

zione Intemazionale d’Arte nel 1910 a Buenos Aires

e la nostra penna è tratta irresistibilmente a ricordare

la mirabile riunione d ’opere italiane, che quella

mostra ospitava, anche perchè ne risulterà

quante e

quali scuole e tendenze artistiche

l’Italia, gloriando­

sene — trattandosi di artisti tutti invitati o di opere

provenienti da pubbliche gallerie — in quella lontana

epoca, come sempre, ufficialmente valorizzasse e

intendesse far conoscere oltre oceano, quale superba

rassegna dei suoi più espressivi valori spirituali.

Idilliaci, simbolisti, veristi..., e fra questi colossi

fuor discussione, e quanti... i

rivoluzionari...

Tutti

però col personalissimo tocco dell’artista di razza.

Un semplice elenco, come ci viene alla memoria,

di qualche autore e ispettive opere, al quale inten­

zionalmente lasciamo l ’apparente «^ratiere dell’ari­

dità di catalogo, dispensandoci l ’importanza delle

sole citazioni dal dilungarci (ciò che d ’altra parte lo

spazio non ci permetterebbe) in commenti ed esal­

tazioni: oltre alla valorosa schiera dei nostri piemon­

tesi, da Giacomo Grosso (con l ’ammiratissimo

Ri­

tratto della figlia

ed un altro

Ritratto),

ad Alberto Pal­

chetti (.

Prealpi piemontesi),

Giovanni Giani (

Macchie

di sole),

Augusto Carutti

(Nubi rosate),

Cesare Maggi

(Pomeriggio di Vento - Neve in alta montagna),

Cesare

Saccaggi

(Cloto)

(1), altri illustri rappresentanti di

(1) Non poniamo dimenticare che nella scultura di

quella mostra era magnificamente presente la nostra regione

nelle opere di Leonardo Bistolfi

(Bassorilievo monumentoal

senatore Rosatxa),

Edoardo Rubino

(Vittoria

alala),

Luigi

Belli

(Mattini),

Gaetano CeUini

(L’umanità contro

il

male),

Cesare Redazzi

(Sudo),

Giorgio Cangioii

(La sorgente).