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PRIMI VAGITI TORINESI DELL'ELETTROTECNICA
Può penetrare nei fluidi del corpo umano, dila
tandoli, rarefacendoli, tanto che si è osservato che
il sangue che sprizza dalle vene di un uomo elettriz
zato ha tutte le proprietà di zampillo elettrico.
È consuetudine affibiare alla rana di Galvani
l’onore di essere stato il primo degli animali ad offrire
i suoi tendini allo scatto elettrico. Nel libro del Bec
caria, stampato quando Galvani aveva soltanto 16
anni, questo diritto di priorità spetterebbe al gallo,
la cui zampetta, sotto il
colpo elettrico
scatta
come
ventaglio di donna che si apra per un colpo di collera.
È naturale che la rana abbia preso, nelle esperienze
posteriori, il posto del gallo, per le sue qualità di
saltatrice che la munivano di tendini capaci di scatti
molto maggiori.
Secondo il nostro remoto autore il
vapore elettrico,
pur avendo proprietà simili a quelle della luce e
del fuoco, se ne differenzia alquanto. Ha i medesimi
effetti di riflessibilità della luce ordinaria e, attra
verso il prisma si scompone negli stessi colori elemen
tari, disposti nello stesso ordine. Però non attraversa
il vetro così bene come l ’altra luce, ed i suoi raggi
sono freddi. (Provi il buon Padre Beccaria a strin
gere in mano una lampadina che per parecchio tempo
sia stata incandescente!).
Egli giudica che tale fatto, che allora era deter
minato dalla rapidità della scintilla elettrica, che
ancora non si era saputo fissare in una incandescenza
continua,
dipende da rarità di detto vapore, come nella
luce della Luna o dalla velocità con cui la stelletta
Passa e non fa più tempo a scaldare.
Il
vapore elettrico
è più affine al fosforo e rispetto al
foco ordinario
possiede la particolarità che, mentre questo nel
vuoto si spegne, quello
più ampiamente dispiega la
sua luce.
La curiosità sugli effetti di questo misterioso
foco elettrico
ha trascinato il buon Padre a cadere nel
peccato di vivisezione, facendo abbruciare una povera
lodoletta, messa a contatto con una bottiglia di
Leyda.
Alla domanda di che cosa sia questo
vapore elet
trico
l’autore, da timorato scienziato ortodosso, ri
sponde che
la cognizione di esso è risevrata a Dio,
ma
però si può azzardare a dire che
è un fluido diffuso in
maniera diversa nei corpi di tutto l ’universo, e tende a
che la quantità diffusa in ciascun corpo si equilibra
con la quantità diffusa in ciascun altro.
Non vi è però da credere che le tendenze dogma
tiche e alquanto scolastiche che erano insite nel ca
rattere della scienza del tempo, e più ancora influenti
sull’abito mentale di un caserdote, abbiano ostacolato
le indagini del metodo sperimentale.
La fama della
spranga di Franklin
(parafulmine),
la grande novità cmericcjia di due r.nni prima, in
duce il diligente Padre Beccaria a ripetere l’espe
rienza. Impianta sul tetto della casa un parafulmine,
allestito con tutte le cure. Vi è persino un parapioggia,
che è attraversato dall’asta metallica, che deve ripa
rare da ogni umidità il mastice attraverso il quale
l ’asta stessa penetra nel solaio sottostante. L ’asta
termina con una catenella da cui penzola una sfera
di metallo. Ad ogni accenno di temporale l’appassio
nato fisico corre al suo solaio. Il mese (siamo nel
luglio 1752) gli è favorevole: temporali i giorni 2, 8,
10, 13, 15, 18 e 31. Talvolta parecchi in un giorno
solo.
Non possiamo seguire il fisico in tutte le sue con
statazioni, alcune delle quali gustosissime. Basti dire
che l’accavallamento di nubi che ordinariamente è
una illusione prodotta dalla differente velocità rela
tiva con la quale il nostro occhio percepisce il loro
spostamento a seconda della loro distanza dal
l’occhio stesso, è interpretato come un fenomeno
di attrazione e repulsione di masse di vapori saturi di
elettricità di nome contrario e dello stesso nome.
Amena è la supposizione che tutta questa elettri
cità che vi è nell’aria sia prodotta per lo strofina
mento che si determina tra la superficie delle acque
correnti dei fiumi e per l ’aria calma che stazione
sopra di esse. A loro volta tali acque sarebbero elet
trizzate per causa del loro sfregamento sul letto del
fiume.
Vi sarebbero pure dei fulmini che invece di piom
bare dall’alto, zampillano dal suolo, come quello
osservato a Bologna il 21 luglio 1745, che uscì da
una chiavica e rovinò la torre delle monache di
Santa Caterina.
Tra gli scherzi perpetrati dal fulmine è spassoso
quello di cui si lagna il Conte della Gherardesca.
In una sua dispensa visitata dalla folgore nel giugno
1749, nella sua villa presso Firenze, furono trovate
due dozzine di fiaschi perfettamente intatte esterna
mente, ma pure perfettamente asciugati internamente.
Probabilmente è stata una scusa del maggiordomo
beone.
Sono pure citate alcune osservazioni del Conte
di Robilant, Regio Sovraintendente delle Miniere
Sarde, il quale aveva osservato che i pozzi di scavo
emanavano
vapori elettrici
nei vari giorni della set
timana, ma non alla domenica perchè
in tale giorno
essi erano diserti di minatori.
Padre Beccaria chiude il suo ormai quasi bicen
tenario trattato dicendo che
più che stabilire dottrina
assai certa e definitiva
(sic),
ha voluto proporre ma
teria per ritercaria.
Per questa sua buona volontà e per la priorità
torinese nel trattare
l ’Elettricismo,
merita di essere
stato qui ricordato.
E. R.