

UNA MOSTRA DI DISCEPOLI DI FELICE CASORAT I
k a l a a l l a l •
esprimeremo in seguito — all’angolo riposante della
Baia di Paraggi
ed agli
Ulivi sul mare),
che possono
conferire non poca nobiltà ad una mostra. Di lui
riproduciamo anche
Quiete cittadina,
una solitaria
veduta periferica torinese.
Quale contrasto fra l’arte di quest’ultimo e
quella della Donati!
Una festosa colorazione e gioia di sole diffonden
t i nella vastità delle spiaggie, sulle quali spiccano
le più vivaci, accese note delle cabine, mentre la
caratterizzano, dimostrano le difficoltà lodevolmente
superate in cui ama misurarsi quest’artista che,
espositrice a Venezia, a Roma (attualmente, con la
sua opera
Sant'Antonio,
anche alla Esposizione
d’Arte Sacra) ed altrove, nel suo
Paesaggio con
cancello,
castigata visione di paese, d’una ingenuità
che trae, si direbbe, ispirazione dai primitivi, ha
certo una delle sue opere migliori.
Della Reviglio segnaliamo volentieri le
Due ma
schere ed una bottiglia,
coscienziosa e, se modesta, non
superficiale composizione d’accurata esecuzione, vi
vace nelle sue brillanti tonalità di smalti, e non
dimenticando una
Natura morta,
se anche meno
personale e confondentesi nella monotonia di troppe
altre.
Se nelle sue figure, marine e nature morte ancora
disuguale ed incerta può sembrarci la Magnetti, un
ottimo sintomo delle sue possibilità e dell’incammi-
narsi su una via veramente sua, possono essere le
Calle
che rivelano una personalità in promettente
corso di sviluppo.
• • •
- I
refrattàri
alle correnti dell’arte d’avanguardia,
quelli persino che dichiarano di non aver più messo,
e a torto, per un’infinità di ragioni, fl piede iu tm’espo*
sizione, perchè, a loro giudizio, troppo profanati i
tradizionali templi dell’arte, visitando la mostra dei
sette ex allievi di Casorati avrebbero potuto pro
vare, riaffermiamo, il loro attimo di forse inaspet
tata emozione e sentire la propria sensibilità ade
guarsi gradatamente a quella rivelata in varie opere
esposte.
E quando visitando una mostra d’arte si prova
deU’emozione
ed una corrente d’affinità, superiore a
quella che poteva essere nelle nostre intenzioni e
previsioni, si stabilisce fra l ’intimo nostro e le opere
esposte, lo scopo è raggiunto, non importa con quale
mezzo. La sacra funzione dell’arte è salva, è rispet
tata, e per quest’arte allora il visitatore può anche
non occuparsi di conoscere se riceva il suo nome da
un secolo piuttosto che da un altro, perchè si tratta
della riconciliazione con tutta l’arte, di qualunque
epoca, che, dalla fusione d’anime di chi ha creato
e di chi osserva, trae la sua ragione d essere e di per
petuare col
suo segno
i grandi periodi storici nei più
vari aspetti e cioè quello che è sempre stato, è, e
sarà, il grande inesauribile poema, ed il dramma,
della natura e dell’umanità.
In tali condizioni di spirito il visitatore, accli
matatosi un po’ all’ambiente nuovo per lui, può
forse anche essere portato a riflettere che il Bonfan-
tini dipingendo
può aver sentito
come dipingendo
sentiva
Massimo d’Azeglio,
l ’innovatore
ai suoi te;
il coraggioso, fervente reazionario alle affettazioni,