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RICORDANDO UNA MOSTRA DI DISCEPOLI

DI FELICE CASORATI

Q

uando siamo alla presenza di un capo scuola

come Felice Casorati, la meditazione sui risul­

tati dei suoi insegnamenti può essere ispirata da non

superficiali considerazioni per quegli affidamenti di

coscienziosa autocritica e ponderazione, che tutta

l’opera del maestro può dimostrare nelle sue varie

fasi di svolgimento.

Ricordiamo che nel lontano 1910 un'opera di

Felice Casorati:

Le figlie dell'attrice,

era esposta

all’Esposizione Intemazionale d ’Arte del Centenario

Argentino a Buenos Aires. Mostra questa che, trat­

tandosi d’una inconsueta riunione di opere di alto

valore di tutte le nazionalità, ha assunto particolare

importanza, specialmente in relazione ai criteri arti­

stici prevalenti ed all’accoglienza ed influenza in

quella capitale delle varie correnti e scuole, che in

quell’anno si rivelavano numerosissime, anche nelle

mostre personali, delle gallerie private (fra le molte

— all’intemazionale e nei vari Saloni — quelle di

Grosso, Delleani, Sartorelli, Zuloaga, Aglada y Ca-

marasa, Rusinol, Leroy, Baragwanath King, miss

Lilian Cheviot, degli argentini Alice e Quiros, del-

l'uruguayano Larravide, della Società degli Acqua-

rellisti Francesi, ed altre ancora collettive delle scuole

francese, spagnuola, fiamminga, ecc.).

La citata opera di Casorati era ammirata spe­

cialmente perchè considerata dal pubblico

pittura

alla Grosso,

giudizio sul quale, e senza analizzare se

dato a torto od a ragione, non intendiamo soffermarci

e commentare (sorvolando pure su quanti altri, ita­

liani e stranieri, antichi e moderni — Floris, Breughel,

Parentino, Tintoretto, Tiziano, Piero della Francesca,

Carena, Klimt, Kandinski, ecc. — da critici, studiosi

e pubblico Casorati sia stato ritenuto seguace, assi-

milatore o comunque giudicato influenzato *o ispirato

nei vari periodi della sua produzione). Ci interessa

unicamente qui far rilevare che, riflettendo su questa

impressione

che poteva ricevere il visitatore di fronte

all’opera casoratiana, anche i

refrattari

alle correnti

dell'arte nuova e che ignorano la passata produzione

del maestro e le sue caratteristiche, e sono irriduci­

bilmente fermi all’Ottocento. possono già rendersi

conto di quale

autocritica, ripetiamo,

di

quale intimo

travaglio,

di quale profonda, vigilata elaborazione

siano

state suscettìbili le sosseguentìsi realizzazioni

della

sua

arte

e, in conseguenza, di quale rispettabile

affidamento possano dare i suoi insegnamenti

La sempUce riflessione, da parte di chi, da noi, è

nobilmente, lodevolmente legato alle tradizioni, sul­

l’impressione riportata dal pubblico di Buenos Aires

sull’opera di Casorati, può già essere un primo buon

passo che ci facilita il compito della dimostrazione

a cui avremmo anche desiderio di giungere in questo

scritto, neU’interesse d ’una sempre maggior compren­

sione e valorizzazione dell’arte contemporanea.

• • *

Rileviamo subito l ’opportimità ed il giovamento

di mostre del carattere dell’ultima degli ex allievi

di Casorati (Sergio Bonfantini, Federico Chiara,

Giorgina Lattes, Ida Donati, Paola Levi Montala- ‘

Lea Reviglio, Maria Magnetti) poiché se é vero che

esiste un pubblico il quale, sia per incompetenza,

sia perché poco desideroso d ’occupare il tempo nelle

necessarie

distinzioni,

sia per partito preso, per prin­

cipio, nelle mostre periodiche ufficiali non si inte­

ressa — o senz’altro le salta o le evita — delle sale

destinate al Novecento, è altrettanto vero che questo

pubblico, molte volte, erroneamente, solo ammette

un’arte rispondente ai proprii gusti rimasti immutati

da diecine d ’anni, circoscritta in canoni ritenuti

inderogabili e non s’avvede della stretta parentela

che certa arte può anche avere frequentemente con

l’oleografia da poco prezzo o con la ben levigata

insegna di negozio.

E

forse in questo stesso pubblico nonmancano gli

entusiasti delle

pietose riproduzioni

delle madonne del

Morelli e del Barabino, 0di qualchedipintodel Bruzzi,

che sarebbero giunte persino alle giurie delle Società

Promotrici, colle brave firme degli autori come se fos­

sero loro opere originali e dimostrandoiloro... criterii.

(E

come esprimerci sa certi paesaggettì, originali

questi, presentati alle giurie stesse, e composti in

modo die non vi mancasse proprio nulla: dal molino

in riposo, al ruscelletto, al ponticello?).

Quindi non confondiamo e distìnguiamo.

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avevamo in passato (e

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possiamo

ém

di non avere tuttora) la negazione dd boon gusto,

l’innocente quanto opprimente dilettantismo; fl pes­

simo Ottocento, c’è (e speriamo di poter dire ad

minor tempo possibile definitivamente c’è stato) il

deplorevole Novecento per opera di coloro die, sona

penetrare quale iosac 1odelettivo aegn autorevoli

?

«