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PORTICI E GALLERIE A TORINO

* * *

Una memoria d ’altro genere. La galleria si ria­

nimò dal 1913 per qualche anno col diffondersi del­

l ’industria cinematografica. In quel periodo d’in­

fanzia e — parrebbe impossibile! — di massima

floridezza economica per la cinematografia italiana

che a Torino vantava gli stabilimenti più grandiosi

e meglio attrezzati, la galleria Subalpina costituì il

posto di riunione delle comparse d ’ogni tipo e leva­

tura. Una delle sue caratteristiche più curiose fu di

raccogliere giornalmente, dalle ore sedici in poi,

tutte le attrici e gli attori disposti a posare per un

quadro, per qualche scena, sostenendo qualsiasi

ruolo: i

cascettisti,

come si diceva con una parola di

gergo, perchè facevano un

cachet,

ossia una particina,

una fugace apparizione nel film.

Era una sorta di mercato dei figuranti, creatosi

senza una speciale iniziativa, quasi per un accordo

spontaneo, per una tacita intesa degli interessati.

I volonterosi si facevan trovar lì, e i segretari delle

troupcs

cinematografiche sapevano di potervi pescare

la dama o

Yapache,

il mariuolo o il gentiluomo, la

ballerinetta o il bandito, il nano o il gigante, tutti i

personaggi di contorno, insomma, che i direttori di

scena avevano ordinato per i quadri da

girare

l’in­

domani.

Talvolta, dovendosi eseguire un fastoso ricevi­

mento, con una folla fantastica d ’invitati, si proce­

deva a una leva in massa che però, la sera seguente,

restituiva alla galleria tutti i suoi mobilitati, sempre

instancabili e pronti a nuove prove.

Col graduale tramonto dell’arte allora muta, di­

minuì a Torino, fino a cessare affatto, l ’esercizio

delle comparse.

* * •

S’inaugurarono rispettivamente il 24 novembre

1889 e il i° aprile 1890 la galleria Nazionale e la

galleria Umberto I.

La Nazionale, costruita a croce, in parte con

marmi, con cupola centrale, su disegno dell’archi­

tetto Camillo Riccio, posta fra le vie Roma e XX Set­

tembre, con un braccio uscente in via Arcivescovado,

lunga in totale 142 metri, riceverà considerevoli ri­

tocchi, che aumenteranno la sua importanza, in

occasione del rifacimento di via Roma.

Un movimento straordinario le dà il mercato

dei grani, e dal 1932, per la Borsa delle granaglie,

uno spazioso salone vi è stato espressamente siste­

mato secondo i criteri più moderni.

La galleria Umberto I, dovuta all’iniziativa dei'

proprietari fratelli Marsaglia e C., fabbricata, su di­

segno dell’ingegnere Lorenzo Rivetti, tra via Basi­

lica e piazza Emanuele Filiberto, con un braccio

laterale che sbocca sul tratto dell’ex piazza Milano,

è la più estesa delle quattro gallerie torinesi: lunga

complessivamente 197 metri, la sua animazione si

alimenta di quella, inesauribile, dell’attiguo mercato

di Porta Palazzo. S ’apre nell’edificio dell’ex Ospedale

Mauriziano, eretto alla metà del secolo XVIII su

progetto dell’architetto Ferroggio. Non è fuor di

luogo rammentare che l’ospedale, la cui fondazione

— opera di Emanuele Filiberto — risale al 1573 e

che viene amministrato dal Gran Magistero dell’Or-

dine Mauriziano, fu tolto da via Basilica solo nel 1885

per essere trasferito nell’attuale sede di corso Stu-

pinigi.

A ricordo del Mauriziano resta, di fianco all’in­

gresso della galleria Umberto, una lapide apposta

in onore dell’agronomo cuneese Vincenzo Virginio,

«insigne filantropo », «in anno di funesta carestia *

introduttore in Piemonte della cultura della patata,

morto in quell’ospedale il 5 maggio 1830.

E la fugace rassegna è finita. Essa ci ha con­

sentito di passare attraverso tre secoli di sviluppo

edilizio cittadino. In questa visione panoramica

risalta tanta parte del progresso compiuto dalla

capitale piemontese, da che fu eletta a sede di

Governo a quando — dopo eventi fortunosi — potè

esultare al realizzarsi dei più vasti destini italici.