

UN POETA TORINESE ALL’ALBA DEL SECOLO
GIULIO GIANELLI
A lba di Secolo
B
isogna riportarci ai primi anni di questo secolo,
anzi proprio a quel 1900, intorno a cui gli
oziosi disputavano per le gazzette se dovesse asse
gnarsi al secolo X IX oppure al XX .
Torino non era metropoli, e di essere la linda e
ampia capitale del Piemonte si contentava, anche
perchè molte gemme della sua corona splendevano
intatte e tutte le memorie del non lontano Risorgi
mento s'affollavano ancora per i portici di via Po,
in certe sale di caffè storici, nei palazzi gentilizi e
in alcuni venerandi uomini che tenevano desta, ahi
più pochi!, la fiaccola. Erano appena scomparsi i
trams a cavallo, appena terminato lo sventramento
che apri via Pietro Micca; a Pozzo Strada si arri
vava con due soldi sulla caffettiera di piazza Statuto;
piazza Venezia era ancora l’enorme «piassa dèi Bosc «;
piazza d’Armi Vecchia era l ’usato campo delle eser
citazioni militari, e sul corso Massimo d'Azeglio si
stendevano più giochi di bocce
che case. Aria d’intimità, aria
di una città signora che ha
aperto i battenti dell’ospitale
«cà granda », ma distingue i
forestieri dagli indigeni.
Gli studenti (per i non tori
nesi: camere ammobigliate
a
lire
15,
pranzi e cene
al «Ca-
nónet » per 14-16 soldi, com
preso il vino; paletot e man
tello
da
Bocconi; veglione allo
Scribe, Monte di Pietà aperto
tutti i giorni) si conoscevano
fra loro quasi tutti. I ricordi
dà recenti stadi liceali spinge
vano la maggior parte, anche
dalla facoltà di medicina, a
fare visita ai compagni di legge
e di lettere: quei di matematica
non avevano che da scendere
dai piani superiori.
L ’Università unica e vera,
quella di via Po: & il con
vegno, lì la fornitura delle di*
spense, fi il chiasso e le assem
blee per gli scioperi e per lo
smercio della relativa «Campana degli studenti ».
Ogni facoltà aveva i suoi grossi calibri: croce e
delizia. In medicina, Giacomino, Lombroso, Mosso,
Tibone. In legge, Ronga, Mosca, Chironi. Le Istitu
zioni di diritto romano, nel primo anno uno scoglio;
poi le faccende diventavano più lisce.
L ’istituzione più caratteristica dell’Ateneo erano,
in facoltà di lettere, i «sabato
»
di Graf, consuetudine
cara agli studenti tutti e ricercata da alcuni numerati
e casti gruppi della intellettualità cittadina. La
facoltà contava gran nomi di professori: Graf, Frac-
caroli, Pezzi, Renier, Hugues, Carlo Cipolla. La gloria
e il simbolo di essa era però Arturo Graf. Lo circon
dava l ’aureola della poesia e l'uomo gh.
toso e
solitario diventava men guardingo e più benevolo. La
ricerca erudita aveva in lui aperto l’adito al dottrinario
e al polemista dell’estetica, misurandosi col Carducci
e col De Sanctis, ma i giovani andavano cercando e
discutendo piuttosto i volumi di
Morgana e
di
Rime
iella Selva
usciti in quegli anni. Tra gli studenti di
lettere, c ’eran quelli onorari e
fuori corso: Giovanni Cena,
Francesco Pastonchi. Cena, nel
corso dell’anno, aveva letto
Madre.
Era stato un avveni
mento universitario prima che
cittadino. Tuttavia, dà poema
Renzo Straglio non ne
stampò
più di mille copie, che
si
ven
dettero, ma senza fretta. E
costava una lira al volume, e
c’era insieme un bel disegno
di
Leonardo Bistolfi! La
fama
letteraria non aveva ancora
imboccata
la chiara
tromba
die adesso possiede. La gente,
il gran pubblico, non s’inte
ressava agii avvenimenti let
terari, e, dd resto, Cena
non
eramolto cooosduto all’infuori
d’una stretta cerchia di
vani artisti e scrittati Non
era un uomo che amasse le
intimità: povero, si restrin
geva con la sua povertà come
con «'amante. Non
credo
neanche che le relazioni
con
v ;
I
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