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UN POETA TORINESE - GIULIO G IANELL I

Il casto am o re

La poesia di Gianelli, come fu già osservato, appare

una reazione al Dannunzianesimo fastoso e al ve­

rismo grossolano, ed è per questa sola ragione che i

pochi i quali ne hanno parlato in sede critica si son

creduti autorizzati di apparentarlo con Gozzano, con

Vailini, con Corazzini e gli altri crepuscolari. L'acco­

stamento è suggerito più dalla vicinanza cronologica

che non dalla natura poetica. Vero è, intanto, che

i poeti autentici sono un mondo a parte e che ogni

tentativo di catalogazione riesce superficiale e appros­

simativo. Giulio Gianelli non è un crepuscolare.

Semplice, di esile voce, di teneri accenti, di minuti

sospiri, di casti ardori è la sua poesia, ma non c'è

mai in lui quel rispecchiarsi nella propria debolezza,

quel compiacersi dei mezzi espressivi, quella stanca

e sorvegliata andatura che caratterizza il decadente.

Ammiratore del Pascoli, dal quale aveva ricevuto

alcune lettere che lo resero felice, allora, e che ora

sono andate perdute, non ha neppure col Pascoli

nulla di comune aU’infuori del religioso impeto di

amore e del delicato contemplare. Alcune sue poesie

pare che anticipino la sapienza delle parole dense e

la disciplina provveduta del lirismo puro.

Leggasi, per esempio, questa breve poesia:

Cielo,

in cui è ritratta la esitazione infantile e intenerita

dinanzi alle impalpabili sensazioni di un vespero

sereno nel quale egli trascende le cose corporee,

mentre la realtà e il sogno si confondono.

Nel floreale cielo del vespero

v ’ha un’esistenza d'aeree cose:

tra lini e rose

vestizioni di bimbe e spose

che mentre io guardo sfumano già.

Non v’è più terra, non v'è più uomini,

per me: soltanto quella tìorita...

Ah la mia vita,

cosi sognata, così vanita

ne l’infantile serenità!

Tra i suoi sogni, ci fu anche l’amore. Diciamo tra

i sogni, poiché nessuno fu più naturalmente schivo

dal fare entrare l’amore nel campo delle esperienze

realistiche. Il pensiero dell’amore gli è suggerito dal

pensiero di sua madre. Privato di lei, senza casa,

senza una ragione perentoria della volontà di vivere

e degli sforzi coerenti necessari ad attuarla, egli

creava a sè stesso giorno per giorno l ’immagine della

casa che non aveva, a cui non voleva abdicare, della

famiglia che non aveva conosciuto e di cui non

voleva star senza;

e

si fingeva una compagna di vita,

e fantasticava un bimbo sul quale versare tutte le

dolcezze che egli non aveva avuto;

e

si costruiva

un alberello fiorito

e

profumato da sostituire al fascio

di spinisecchi che lo aveva ferito sin dall’infanzia.

La regina di questo orto chiuso ed incantato non era

ancora apparsa suU’orùzonte, eppure traluceva

in

un sorriso

di

bimba,

in

una preghiera susurrata

da

una bocca verginale, in un trillo di risa gioconde,

in

un

capino biondo

s

variante sotto

il sole

di primavera.

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parte degli amici che lo desideravano, il volume

maggiore delle sue poesie intitolandolo

Intimi Van­

geli.

Il volume oggi è irreperibile e rimane l’opera

a cui sono ancora adesso legati i ricordi degli ammi­

ratori del giovane poeta. Se ne interessarono i gior­

nali di Torino, di Firenze e di Roma. La misura

dell’arte di Gianelli, della sua sorvegliata disciplina

insieme con i segni essenziali della sua anima candida,

della sua ispirazione pura, e della sua effusa tenerezza

sono già quasi tutti inessoperfettamenterappresentati.

Gli spettacoli naturali non sono più rievocati

soltanto in forma di quadretti ma ricevono una

maggiore delicatezza e suggestività da un più Ubero

confronto con una più profonda esperienza psico­

logica. La sua povertà non lo ingombra, anzi egli

la porta in mano come un dono che gli sia dato.

Sogna un mesto idillio davanti al mulino, contento

delle scene di agiatezza e di fecondità che si celebrano

intorno ad esso, ma è contento ugualmente che il

mulino macini per i ricchi, egli che di grano non ne

possiede; parla agli alberi sorpresi nei loro sogni al

lume di tranquille notti; invoca un raggio dalle stelle,

dal vento una parola d’amore per gli uomini; canta

il battesimo del sole apparso dopo le tempeste sulle

tenere mammole dell’orto; contempla in

Cose d’altri

mme cétre

gli spettacoli di bontà famigliare e di geor-

gica purezza che la campagna gli presenta, conten­

tandosi per la sua fame

di

poche bacche

di

mirtillo.