Table of Contents Table of Contents
Previous Page  317 / 1821 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 317 / 1821 Next Page
Page Background

signorina Lemaire, Eleonora Duse, notato con par­

ticolare interesse e compiacimento dalla meravigliosa

artista.

Gran conforto all’opera febbrile gli veniva dalle

amicizie, che furono cordiali ed effuse. Giovanni Cena

lo amava come un fratello minore; Marino Moretti

gli si fece compagno assiduo nelle visite ai due

ragazzi adottivi; Felice Carena se lo voleva spesso

compagno nelle sue peregrinazioni così come lo aveva

già considerato un confidente dei suoi tormenti e

dei suoi sogni d ’arte; e Attilio Selva e l’avvocato

Giacomo Molle, e l’on. Mattei-Gentili, e Marcello

Piacentini lo consideravano un piccolo caro amico

a cui si fa festa, da cui si piglia un pensiero gentile

che è dolce ricambiare; ed altre illustri conoscenze,

tra cui quella di S. E. Federzoni, secondavano e san­

zionavano tanto le nuove conquiste d’arte di Gia-

nellino quanto le generose iniziative della sua so­

gnante paternità.

Le sue ultime poesie, pensate, martellate, in

parte compiute, e in parte rimaste nello stato di

frammenti, testimoniano le altezze a cui il suo spirito

si era in quei pochi anni innalzato. Sfortunatamente

per la sua fama, esse rimasero ignote ai più, poiché,

sebbene pubblicate nella «Nuova Antologia » e in

un grande giornale di lusso dei fratelli Cascella, diretto

da Marino Moretti, «La Grande Illustrazione », non

ebbero modo di giungere all’attenzione di una cerchia

vasta di lettori.

Chi però vorrà ricordare di Giulio Gianelli sola­

mente il valore poetico, e non la poetica vicenda

della vita a cui noi abbiamo accennato, dovrà rivol­

gere l’attenzione sopra questo gruppo di componi­

menti poetici, in cui emergono veramente bellezze

di prim’ordine.

In

Montagna viva,

quale noi leggiamo nella

«Nuova Antologia » del i ° giugno 1912, egli celebra

la sua figliolanza dalla montagna, al cui contatto

si risveglia il senso ideale ed assoluto della vita.

Mille cuori di avi remoti gli divampano nel contem­

plare foreste, cime, burroni, e assimilato con quelli,

spirito e forma, con essi prega nei riti millenari.

I venti gli detergono gli occhi dal pianto vile, i baci

dell’aurora gli ridanno il sapore dei baci materni,

si sbrama nella luce dei prossimi cieli, attinge le nubi

impregnate di sole, sente la patria vera, mentre il

sangue, pulsandogli al ritmo delle cascate, attinge

dall'aria la primitiva giovinezza dei padri. Si confi­

dano a lui le foreste, le acque, le voragini; ed egli

succhia l'essenza di radici perenni, contempla milU>

flore imminenti, riesce là dove dappertutto è il

germe redentore, e quindi

può, vittorioso,

nel bado

trionfale della vita

essenziale,

cancellare dal pensiero

la morte.

La sua famiglia

è

in quelle

forme imperiture:

una roccia chiomata di

neve

è

la sua avola cara, la

genitrice natura è

qui ritrovata,

abbracciata,

rivissuta.

L’afflato cosmico conquista più raffinate altitu­

dini nelle poesie

Vita nello

spazio, Fuori

itila ima,

SteUé.

Sente se stesso mistero inalzato contro un

altro mistero, e la volontà die ne trae è di presto

morire per dissolversi nella verità; s«..........1 non

concepibile spazio tra i mondi, prossimo agli elementi

primigeni dove attendono germi di vita entro l’alveo

di non rivelate maternità, e rinuncia sgomento a

interrogare e comprendere; fuor della terra, doman­

dando senza aver risposta, a quale dei viventi astri

sia figlio, a qual mèta o sosta troverà riposo. Il capo­

lavoro di questo gruppo è la saffica:

Io, raggio i i sole,

in cui raggiunge un equilibrio solenne e intenerito.

In tutte, il pensiero ha una cadenza leopardiana, e

il sentimento è d’un primitivo candore.

Sotto il titolo maggiore di

Elegie del mio soggiorno

sulla terra,

la «Grande Illustrazione »del marzo

1914,

pubblicava alcuni componimenti che sarebbero tutti

degni di essere conosciuti. Scegliamo

II pane i d Poeta,

in cui ritorna il motivo giovanile della sua santa

povertà:

Se non ti sprigiono dal solco

arando, sarchiando, mietendo,

perchè non soa nato bifolco;

se devo comprarti ogni giorno,

digiuno, fra mule accorrenti,

spiandoti al varco d d forno;

se ingrata è la man che ti tocca

e an mono ti dò. non an bado,

appena ti porto alla bocca;

se sono

uo

poeta, smarrito

tra gli nomini, omesso da an canto

che mcuore mi trema, infinito,

—mi spetti, a agni costo ti vagho. —

Semino con l'anima mia

le

aoUe pii and» e

grame:

il asme d’amar vaia ria,

il fratto

che minio è la fame.