

LE ORIGINI TORINESI DELL'
“
ETTORE FIERAMOSCA
„
A a ls r llr a t t a d i M i— l i » d ’A n f l I *
Ma, a novembre, la perdita del padre apre un
periodo di turbamento, che se non il pensiero, gli
fe’ dimettere ogni possibil cura del lavoro. Periodo
protrattosi fino al maggio del '31 e concluso con...
le nozze con Giulia Manzoni; per le quali appunto
— secondo abbiamo precisato in due saggi coordi
nati (4) — il Cavalier Massimo sera di proposito
recato a Milano, a stabilirvisi.
NelTimparentamento con Alessandro Manzoni en
trava, con le maggiori ragioni ideali e sentimentali,
anche il pensiero di porre quel figliuolo della mente,
per cosi dire, sotto la tutela morale dell’alto Maestro.
Ma... i calcoli, anche i più onesti, non sempre tor
nano, per causa di qualche imprevisto; ed è nota
abbastanza la disavventura d'una conversazione
serale, accanto al camino, nella quale il Manzoni
si scapricciò, in tema di romanzo storico, abbando
nandosi a una requisitoria senz’appello, da annichi
lire il povero novizio proprio sul punto in cui stava
per tirar fuori il suo scartafaccio, e da far
gliene dimettere all’istante l’idea.
Più fortunato nel disegno capitale, riu
sciva a impalmare la primogenita del Grande,
tornando temporaneamente in Piemonte per
presentare la sposa al parentado e alla
cerchia delle aristocratiche amicizie, con un
soggiorno nel proprio tenimento al Castello
di Azeglio. Naturalmente, a Torino, reca a
conoscer la sua Giulia a Balbo; il quale in
si gradita occasione ebbe a chiedere nuove,
al cugino, del romanzo..., giacché Giulia
stessa — consapevole sin dai primi giorni
del fidanzamento, ma tenuta all’impegno
d’un segreto che molto le costava — potè
alfine riferire, pel suo Massimo, che il Conte
Balbo «le gronda beaucoup de ce qu’il le
négligeait ». Onde, l’uno a spiegar la ragione
del suo scoraggisi, e l’altro, con l’ostinatezza
del temperamento subalpino, a ribattergli
«qu’il fallait risquer le tout pour le tout et
qu’il devoit achever un ouvrage fait avec
tant de soin... ».
A una carica di tanta risolutezza devesi,
senza dubio, se il romanzo non restò oltre
negletto. Ancora Donna Giulia ne attesta,
in piena luna di miele, dal castello di Azeglio:
il suo Maxime, presente la marchesa madre
Donna Cristina, «
ayant un peu repris courage
à Turin,
il en fait lui-méme la lecture le soir
à haute voix » a lei e al diciottenne fratello
Pier Luigi ch’era presso di loro.
Manco a dirsi, superlativamente entu
siasta anch’essa, la sposina soave; che si
vedeva condannata nella sua ammirazione
senza limiti; «On pretend »— e si capisce da parte
di chi! — , «on pretend que je n’y comprends
rien... », col pretesto, dichiara, che «je suis per-
suadée d’avance que ce que fait Maxime est bien
fait! ». Onde, simpatica estremamente, la protesta
incontenibile: «Mais moi, je dis et je soutiens que j ’y
vois assez clair pour pouvoir dire que ceux qui ne
sont pas la femme de Maxime seront fort contents
de son ouvrage » (5).
Bellezza del presago cuore della giovane amoro
sissima Compagna, «delle cose patrie studiosa cul
trice», come le sarà proprio
da Lui
riconosciuto,
nella pubblica dedica, «superbo di poter raccoman
dare l’umile lavoro a tanto e si caro nome »!! (6).
Con Balbo, invero, spetta a Lei il merito d'una
ripresa che dovè riuscire decisiva per la tempesti
vità, si noti, della realizzazione del nostro primo
romanzo politico, quando più urgeva qualcosa che
supplisse al lamentato difetto d’un’epica nazionale.
(4) In •L'Illustrazione Italiana»:
Cent'anni sono...:
Come Massimo d'Azeglio
s i
fece milanese,
Milano, 6-XII-’3i,
834 seg.; e in *Giornale d’Italia », Roma, 3-VI-’32:
D‘Azeglio
genero di Manzoni alla luce di
muovi
documenti,
dove esau
rendo l’argomento producemmo le due lettere di M. del
14 e 16 aprile *831, pubblicate nel numero del nov. '33 di
questa Rivista da G. Bustico, evidentemente ignaro di
questi precedenti.
(5) G . S f o r z a
e
G . G a l l a v r e s i ,
Carteggio di A .
A#.,
parte II, Milano, Hoepli, 1921, 686 segg.
(6) In capo
al
voi. II deU’E.
F.
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