

LE ORIGINI TORINESI DELL’ " ETTORE F IERAMOSCA
piare. In proposito, anzi, il cugino tornerà alla carica
quattro giorni dopo, con questa terza lettera palpi
tante e accorta:
Torino, 24 Apr.
Fai furore, già lo sai, c colle poche copie giunte: Che sarà
poi? Intanto ecco. Ieri l’altro Bocca venne da me. e «per
carità la mi dia la copia sua. — Signor no, certo no. — Ma
l’è pel Re che ha mandato per una, ed io non ne ho. — La
prenda suòbito il i° volume che è qui sul caminetto, vada
a prendere il
2°
in casa a Silvio
Pellico che l'ha [in prestito], e
rechi i due a S. M. con iscuse
che sia già tagliato, usato, lo
goro, ecc. ». — Cosi fece, ed è
fatto.
Ora, se mi credi, me ne
manderai una bella copia, ben
legata e scriverai tu, o m’inca
richerai di dire o far dire (ma
sarebbe meglio scrivere) che
essendo cosi poca cosa, leg
gera etc. non avevi pensato;
ma che sapendo che aveva
voluto conoscerla, la mandavi
etc. — Cosi farei io, or fa tu.
All'incontro (e cosi van le
cose qua) ho udito dire che
avevi fatto un errore grave
a non domandar permissione
qui per la stampa.
Sla
e Botta,
e [I)eì Maistre e tanti altri
l'hanno chiesta? dissi io. —
Non importa: c'è la multa,
più le pene corporali (frusta o
sculacciate, non so quali). —
fc scioccherìa, ed io tei dico
come tale; ma ecco come si fa
qui. Re odierno che intende
le cose del mondo, servitori
tali sovente che non intendono
un cavolo.
Ora sei informato di quanto a te spetta, ed io aspetto
la risposta tua. — Ebbi tua lettera del
22,
e posdomani
avremo dunque la spedizione, salve le revisioni, permis
sioni etc.
Buon di e tutto tuo
C.
B a lb o .
La lettera di Massimo del giorno 22 crediamo
debba esser proprio quella edita parzialmente dal
Passamonti con la data del... 31 aprile; data, vedremo,
da riferirsi ad altra. Rispondeva, infatti, a quanto
Balbo avea scritto il sabato 20, con la sollecitudine
del caso; e sta appunto a riprova della data che a
quella s’è posta.
«... Mi fai coraggio, ché ce n’era bisogno. Il
giorno della pubblicazione, al vedere il mio nome a
tanto di lettere su per le cantonate mi si era messa
addosso una tremarella e pensavo: ora davvero ri
siamo: e mi pareva un sogno d’avere fatto un libro
io! Basta, come Dio vuole, vado riprendendo spirito.
Poiché prendi tanta premura delle cose mie, ti dirò
che in quattro giorni ho venduto più di 250 copie,
onde sono fuori delle spese; questo po’ di fortuna
è stato cagione che non s’è potuto in cosi poco tempo
fare costà l’invio perché il legatore non ha potuto
in cosi poco tempo legare tanti esemplari che bastas
sero, ma domani credo assolutamente potranno par
tire per mezzo di Brago spedizioniere...
«Addio, caro Cesare; non ardisco pregarti di
dirmi il male del mio lavoro, dopo che hai voluto
dirmene il bene; perché una critica per iscritto non
è un lavoro divertente: ma se ti trovi un giorno in
vena e che mi vogli scrivere ciò che ne pensi e ne
pensano i nostri amici, mi farai un piacere ed un
servizio da amico e potrò
valermene se mai seguitassi
a lavorare in questo ge
nere... » (13).
Per la trepidazione del
primo momento, basterà
riportarsi ai
Miei Ricordi',
e cosi pure pel pronto deli
nearsi del successo, che nel
giro di pochi giorni aveva
già francato delle spese
l’autore, a conferma tut
tavia della scarsa efficienza
della stamperia del Fer-
rario nell’apprestare copie
dell’edizione: causa, que
sta, del tanto
itato
ritardo de’ Torinesi, gen
tiluomini e librai. Rial
lacciando con l’ultima di
Balbo, il primo arrivo a To
rino di copie per lo smercio
non fu prima del 26, e solo
ne’ giorni appresso avrà
avuto luogo la vendita...
Comunque, a noi interessano i rapporti tra i due
cugini corrispondenti, i quali si trovano anche ad
essere esponenti di due centri spirituali altissimi,
milanese e manzoniano l’uno, torinese e regale l’altro.
E appare in una luce di propria bellezza lo spirito
d’assistenza solerte che questo reca a quello, renden
dogli «servizio da amico», anzi da fratello, meglio
che con la critica invocata, col richiamare lo stordito
artista al dovere di convenienza dell’omaggio al suo
Sovrano.
Occorreva riparare all’omissione, prima che suo
nasse sgaibo; i fattori costituivano, allora, un’anor
malità per la comune, massime nell’ossequente ceto,
formalista per tradizione, da cui Massimo era uscito.
La delicatezza stessa della proposta urgente, dimostra
come Balbo cercasse di prendere pel suo verso quel
balordo di cugino sfociato appena dalla pittura nel
romanzo: •... se credi, ma sarebbe meglio,... cosi
farei io •.
Manco a farlo a posta, consiglio sprecato; ché
Massimo fece a modo suo, con una spiegazione die
a Balbo dovè suonare non meno strana della creduta
negligenza o dimenticanza. Questa, si, à da esser
(13) «Il Momento », dt.
N t m a n l * » f»W« a d IM O < « ll» Cit tà di B a r l t t a
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