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LA MOSTRA STORICA DI COSTANTINO NIGRA

S c r iv a s i* a p p a r ta a a la a N a p a la a a a I

artista, ravviva, colorisce, anima. Passano tra i

suoi versi non larve evanescenti, ma figure vive di

eroi che con luminoso auspicio vedono e salutano

nel Re Sabaudo il Re d ’Italia.

Nella Mostra si gusta l’autografo del carme più

noto del Nigra, quello della gondoletta veneziana.

Accanto si legge con vivo interesse, di pugno del

Nigra, la relativa illustrazione con qualche partico­

lare nuovo. Scrive il Nigra:

«L'Imperatore Napoleone III, negli anni 1862 e 1863

quando studiava le imprese navali di Giulio Cesare aveva

fatto riunire sullo stagno di Fontainebleau un certo numero

d'imbarcazioni a remo, diverse di origine, di forme e di de­

stinazione. Egli le esperimentava nelle tiepide ore estive

navigando sullo stagno ora sull'una ora sull’altra e l'impe­

ratrice Eugenia amava anch'essa fare il giro del piccolo

lago in barca al chiaro di luna. Ma nessuna di quelle imbar­

cazioni era abbastanza vasta e comoda per accoglier**

l’imperatrice e una parte almeno del suo seguito. Ella fece

quindi venire da Venezia, nella primavera del 1863 una

gondola e un gondoliere. Per una bella sera di giugno di

quell'anno, il gondoliere Luigi Zanovello fu richiesto di

cantare, vogando, una canzone veneziana. Ma egli non

aveva voce e non sapeva canzoni. Io era, quella sera, nella

gondola imperiale con altri ospiti, tra i quali ricordo la poe­

tica figura della Duchessa Adele Colonna d’Afirey, prema­

turamente morta di poi. Dissi all’imperatrice che se desi­

derava una canzone io gliel'avrei trovata. La proposta fu

accolta. La canzone, che è quella qui scritta, era pronta

per la sera seguente, e approvata prima da Prospero Me­

riroée, che era uno degli ospiti, la recitai all’imperatore in

gondola. L ’Imperatore seguiva dappresso in altra barca.

Ascoltò la canzone, e s'allontanò, senza parlare.

«La canzone quando fu nota (non pubblicata da me)

fece il giro d'Italia e d’altri paesi. Il comitato Veneto, per

mezzo d’Alberto Cavalletto, mi mandò un indirizzo. Il

Principe romano di Santa Croce mise i miei veni in musica

e fu imitato da altri. Mi fu anrha tradotta in versi latini.

La storia di questa breve poesia è riassunta nel seguente

brano

di

un

articolo di Carlo Yriarte, inserito

od

Figaro

illustri

di agosto 1891: “ Ces vers ont eu leur destin. Pen­

dant que tous les organes politiques les commentaient à

l’envi, ils étaient reproduits par la presse des deux mondes.

La

Revue de l'instruction publique,

sous la signature de

M. Lafarque, en publiait unc traduction en langue fran-

Qaise et une autre en vers latins, et rette poésie prenait le

valeur d’un document historique. Dans nos Licées on prit

La Gondole Venitienne

pour sujet de concours. et la jeunesse

fran^aise d'alors, animée d’une fiamme généreuse, et émue

de pitié au souvenir de Venise enchainée, se plut à répéter

les vers du diplomate italien. Trois années après l'Italie

était libre depuis les Alpes jusqu'à l’Adriatique. Signé

C h a r l e s Y k i a r t e „ «.

L'indirizzo dei Veneti a cui allude il Nigra e

che figura nella Mostra merita finalmente di vedere

la luce:

«Eccellenza

«Voi ci mandaste la parola, noi vi rimandiamo la nota

del dolore.

«Al gentile pensiero risponde tutta la nostra ricono­

scenza.

«SI, veramente, Venezia aspetta da lungo tempo, da

troppo lungo tempo, l’adempimento di una doverosa pro­

messa.

«Altera della sua stessa sventura, gelosa della sua dignità,

essa non scende a patti coi suoi oppressori, nè si strugge in

inani querele ma collo spettacolo dei suoi dolori ammonisce

i potenti che l'onore d’Italia non sarà salvo, nè la pace

d’Europa sicura, finché Venezia non sia congiunta alla

grande patria italiana.

«Eccellenza! Voi che sapete e potete, continuate a cal­

deggiare le parti di questa non degenere figlia di splendi­

dissime glorie e con dò fare adopererete cosi la sagace poli­

tica come da vero patriota e da degno italiano.

«Venezia, Febbraio 1865.

<

Il Comitato centrale Veneto segreto

».

Molte nella Mostra le bozze di stampa, colle

correzioni autografe dell’autore, delle poesie del

Nigra, specialmente degli « Idillii », veri gioielli di

poesia limpida, di sapore zanelliano. Nel rileggerli

ci paiono quadretti fiamminghi che riproducono sug­

gestive bellezze della natura, nelle varie stagioni

dell’anno; nella cornice di pochi versi sono conden­

sate vivaci impressioni sulla campagna, sulla pace

dei campi, sulle fatiche mal compensate dei lavo­

ratori. Piccole foglie di alberi diversi, definì il Nigra

i suoi versi, ma invero sono concettosi nel conte­

nuto, impeccabili nella limpidità classica della forma.

Ed altri leggii della Mostra presentano altri auto­

grafi, appunti glottologici e tavole genealogiche a

prova della non comune erudizione del Nigra.

E di rincontro a questi autografi una parete ricca

di quadri, di cimeli, di oggetti d’arte. Campeggiano

due ritratti ad olio del Nigra; uno specialmente

richiama l'attenzione, quello del Ricard, felice per

la rassomiglianza e per non comuni pregi artistici.

Spicca l’eretta figura del Nigra, verso gli anni più

fiorenti della maturità: avvenente, signorile nel por­

tamento, dagli occhi limpidi, penetranti, sfolgoranti

tutta la vivacità dell’ingegno. Accanto gli è un bel

ritratto di Cavour che dal discepolo più volte attinse

utili consigli.

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