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LA MOSTRA STORICA DI COSTANTINO NIGRA

neità di sentimento e calore di sensi pa-

triottici. Merita che siano riportate le due

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strofe Anali:

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Ma se una volta, lasciati i carmi

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andrò in battaglia, stringerò l'armi

con te, mio lido compagno antico,

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avventerommi contro il nemico.

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Santa è la guerra pel suol natio

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nacqui in Italia, son forte anch’io.

Alza la testa. mio bel leardo

aprì le nari, spia fuor il guardo

agiti il vento lucida e nera

superbamente la tua criniera

tutta la terra coll’avida ugna

corri alla pugna, corri alla pugna.

L’autore, si legge in un foglietto auto-

grafo del Nigra, esposto nella Mostra, «compì

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il voto in essi espresso combattendo nel

i° battaglione dei bersaglieri insieme coi

suoi compagni d’Università la guerra d’indi-

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pendenza del '48 rimanendo ferito nella

battaglia di Rivoli del 21 luglio di quel-

l’anno. La forma di questo breve compo-

nimento e il sentimento che ne anima la

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chiusa ne segnano la data. La prima è morta

NB

per la nuova generazione, ma l’altra vive

*

in essa, spero, di vita robusta ».

^

Porta la data del gennaio 1849 un’altra

poesia dedicata ai compagni di studio e

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d’arme, caduti in battaglia. «Dormono »,

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dice un autografo del Nigra nella Mostra,

«nel povero cimitero di Pozzone Veronese,

sotto l’altipiano della Corona, dove morirono

combattendo il 29 maggio 1848. I nomi di

due fra essi, Antonio Longone, Sebastiano

Roggiapane, sono conservati in un’iscrizione posta

nell’atrio dell’Università di Torino nel 1853 ».

A questo periodo giovanile della vita appartiene

una interessantissima fotografia del Nigra assieme

a due intimi suoi coetanei, Bartolomeo Casalis e

Michelangelo Castelli.

Nel ’54 in Silvio Pellico si spense il simbolo più

puro del martirologio italiano. Commosso il Nigra,

allora impiegato nel Ministero degli Affari Esteri,

pubblicò nella «Gazzetta del Popolo » un’ode vi­

brante di sentimento patrio e religioso che passò

quasi inosservata. La ripubblicò nel 1889 per il

primo centenario della nascita del Pellico suscitando

calda ammirazione. «Il carme », leggiamo in una

lettera, esposta nella Mostra, di Alberto Cavalletto,

uno dei santi dell’emigrazione politica veneta in

Piemonte, «dettato da V. E. con nobilissimi e rari

concetti e con stile pindarico ci ricorda le vicende

del nostro Risorgimento, i generosi sforzi del 1848*49,

i lutti successivi, dovuti principalmente alla mancata

concordia degli Italiani, e le speranze, che nei

veggenti erano certezza, del lieto avvenire, che co­

roni le secolari aspirazioni italiche... Io vorrei che il

carme alto e generoso di V. E. fosse largamente

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diffuso in Italia, ad ammonimento di quella con­

cordia e di quella fidente lealtà che ci fecero vitto­

riosi, e senza le quali difficilmente si può mantenere

in onore, forte e rispettata la Nazione nostra ». Il

carme fu corretto e rimaneggiato nel 1904, nel cin­

quantenario della morte del martire saluzzese e

pubblicato nella «Gazzetta del Popolo della Dome­

nica ». Esso si chiudeva con versi che il Nigra tra­

scrisse nel registro dei visitatori dello Spielberg,

quando vi andò mentre era ambasciatore a Vienna.

Uno dei suoi canti più celebri è la t Rassegna di

Novara ». Composta nel 1861 e stampata nel 1875

a beneficio della Società degli Ossari di San Martino

e Solferino, ristampata nd 1892, riapparve nd 1903

in una superba edizione disegnata dal Salvadori. È

un canto solenne, in 234 versi sciolti, glorificatori

dell’eroismo dell’esercito a cui è dedicato. Carlo Al­

berto risorge dal sno avello di Superga, sale in groppa

al suo destriero e cune al campo di Novara a pas­

sare in rassegna tutti i cadati per la patria. Sfilano

innanzi a lui, piegando le insegne, i soldati piemon­

tesi di tutte le armi, poi i morti dd Risorgimento.

Un poeta mediocre, enumerando i corpi e le uniformi

militari, sarebbe riuscito monotono, ma il Nigra,

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