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LE ORIGINI TORINESI DELL' " ETTORE F I ERAMOSCA

I l M ia a it o r » l«rti

dei 30 aprile '33; e il ritardo d’una settimana vale

a denotare che per la gravità del contenuto si ebbe

a riflettere, nel rispondere, non brevemente.

Scrisse, dunque, al suo consigliere:

«Mi dispiace davvero che per cagion di

Fiera-

mosca

abbi da avere tante seccature: perdona a lui

ed a suo padre, che non le aveva potuto prevedere.

Ti dirò dunque che il consiglio di mandare la copia

ben legata [al Re], forse avrò torto a non seguirlo;

ma, prima, mi pare tardi o non avrebbe buon garbo

porre al secondo grado chi è al primo, poi ti dirò

che parrebbe avere il viso di chi [si] vuol ficcare e

desidera un compenso, qualunque sia. Mi risponderai

che ho presentati quadri [a Casa Reale] in altri

tempi; è vero. Ma posso dire avanti a Dio che pensai

a fare piacere a mio padre e non altro. Ora la vita

di starmene nel mio cantuccio, lavorare per chi mi

paga e svolazzare a mio modo, mi pare tanto divina

che procuro di allontanare anche più la rimota

possibilità d’incontrare un filo che si attacchi all’ala.

Riguardo alla licenza che avrei dovuto domandare,

non ne sapeva nulla; e se anche l’avessi saputo,

avrei pensato che, andando il Sovrano di costi tanto

d’accordo con quello di qui, poteva bastare l’appro-

vazione della licenza d’uno dei due. Ora il male è

fatto: se le " sculacciate ” verranno, sia per l'amor

di Dio.

«Mi duole davvero che le copie non siano giunte

ancora, ma è stata colpa di nessuno. Mi vado tastando

r t r r H U

p m m

i t l l t C U

m

*

L it a fr a la d i M w ia o d A « « llo d e l 1 8»

per vedere se son io veramente che ho avuto tutta

questa fortuna: in dieci giorni sono andate via circa

quattrocento copie, ed a legare pure ci vuol tempo.

Chi me l’avesse detto! Son come Artaserse contro

Ciro; nel meglio che se la faceva sotto per la paura,

gli son venuti a dire che aveva vinto. E credo che

la sua fortuna militare fosse dovuta ai suoi talenti,

ail’incirca com’è dovuta ai miei la mia fortuna

letteraria. Basta, accettiamo

in utilibus

* (14).

Artista, artista!... Par di vedere il Conte Cesare

nel leggere questo po’ po’ di lettera, tra scapigliata

e obiettiva: sul bello austero volto accennare un

contrasto di corruccio e di compiacenza, che ritorna

corruccio quando, poc’oltre, trova — su la omessa

richiesta al Sovrano di pubblicare — più esplicita

la ragione del no: *Riguardo alla licenza..., anche

se l’avessi saputo, avrei pensato che, andando il

Sovrano di costi tanto d'accordo con quello di qui,

poteva bastare l’approvazione della licenza d’uno

dei due »!

Ah, quel Massimo, dalle «boutades irréflé-

chies»!... Sempre cosi diverso dal padre...

Ma come? Non aveva, proprio lui, Massimo, in­

cluso in una delle illustrazioni litografiche della

Sacra di San Michele

una veduta recante in primo

piano la figura di Carlo Alberto in comitiva di cava­

lieri?! Se ancora non molto tempo prima, ei mede(

14

)

lbxd.

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