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NEL CINQUANTENARIO DELLA CANOTTIERI

"

CAPRERA „ (1883-1933)

pure il suo ingegno gli avrebbe consentito di salire

in alto, se ne stette sempre neH’ombra. Per la « Ca­

prera » fu un presidente intelligente ed affettuoso,

ancor oggi ricordato dalla vecchia guardia per la

sua rettitudine e per il suo spirito di sacrificio.

Fra le balde schiere di canottieri che si susse­

guirono in mezzo secolo, molti sarebbero da ricordare,

il che esorbiterebbe dai limiti di questa cicalata che

vuol essere semplicemente un tributo affettuoso alla

simpatica « Caprera ». Mi limiterò quindi a ricordare

l’on. Gino Olivetti, socio onorario; Attilio Viriglio,

brioso giornalista sportivo, e il pittore Giuseppe

Augusto Levis, allievo del Delleani, che sulle imbar­

cazioni della Società portò la cassetta e le assicelle

rispirandosi alle rive Eridanee per qualche suo quado

paesistico. Morì a Racconigi nel 1926, e mi piace

ricordare che oltre i quadri di paesaggio, si rese

famoso per quelli ispirati agli episodi della guerra

italo-austriaca, alcuni dei quali figurano nella qua­

dreria di Vittorio Emanuele III.

E mi perdonino i dimenticati.

Tornando al canottaggio turistico che è stato una

delle attività precipue della « Caprera », ricordo le

gite — oggi le chiamerebbero

raid

— al Lago Mag­

giore, a Staffarda, Venezia, Milano, Carignano, ecc.

e le numerosissime a Moncalieri. Ricreazione salutare,

sviluppo di muscoli, serenità di spiriti. Si cantavano

le oggi vecchie canzoni sociali:

Le dolci canzon dei

trippofagi-canottier

(il primo appellativo era giusti­

ficato dalle abbondanti razioni di

busecca

che i

gitanti consumavano). Ne erano autori

Troy

e

Tony

(Troise e l’avvocato Rollé). Una si ispirava (non era

esclusiva della «Caprera») alle grazie di

Madamin

Taitù

e parlando della sua toeletta, cantava:

Su cól musò da mòdión,

nón pà ’d cipria, ad dà 'd carbón;

man e piote je ramassa

Ras Sebat el decróteur,

e per tuta la carcassa

ciapa a bota ’n verniseur.

ed era stata musicata dal Maestro Galimberti. L ’au­

dizione di quella era alternata dall’/nno

dei trippofagi

(sul motivo della « Ritirata » nell’operetta

Coquelicot

)

che cominciava:

Noi trippeggiam, — Noi tripudiam,

Noi folleggiare — Di qua, di là,

cui seguiva il canto trionfale

II canottier della

«

Ca­

prera

» (sul motivo di

Fanfan la Tulipe):

Bianco-rosso veste fier

di «Caprera * il canottier;

alla voga, al remo ognor,

a nessun cede in valor;

in valor!

È suo regno il vecchio Po,

ch’ei già tutto misurò,

sè rendendo PO-PO-lar

da Staffarda fino al mar;

fino al mar!

Il Sangone a destra là

col suo bagno fornirà

al tuo corpo, nei calor,

nuovo serbo di vigor;

di vigor!

Di «Caprera » canottier,

leva colmo il tuo bicchier,

brinda al Po, che onor ti dà,

col tuo: hipp! hipp! hipp! hurrà!

hippl hurrà!

Si cantavano nei boschi del Sangone o sui canali

veneziani o sul Naviglio meneghino, e la passione

dell’acqua non escludeva quella per qualche bicchiere

di schietto vino piemontese. E dovunque andavano

le maglie bianche-rosse portavano una nota di gio­

vialità e di marzialità. Nota che si è trasmessa alle

nuove reclute, che nell’atmosfera creata dal fascismo,

hanno trovato la completa traduzione in atto del

sogno dei vecchi pionieri fluviali.

TERESIO ROVERE