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NEL CINQUANTENARIO DELLA CANOTTIERI "CAPRERA „ (1883-1933)

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dalla C«prm

il teologo Bertola ad officiare i riti religiosi, e le

nobili parole da lui pronunciate per Sergio Matteoda

assunto nel cielo della patria, richiamarono nel cuore

dei presenti le figure di due caduti: Massimo Chiap­

perotti, volontario di guerra, e l’avvocato Mario

Testa, ambedue decorati di medaglia di bronzo, che

i consoci della « Caprera » hanno voluto ricordare con

una severa targa murata nel salone della sede. Del

caduto sulle vette inospiti del lontano Tronador

disse degnamente il consocio Luigi Sacchetti, ricor­

dando l’ardita impresa dell’Aiguilles e quella gene­

rosa dell’Artide alla ricerca dei naufraghi

dell’Italia,

gesta eroica che il Matteoda definiva semplicemente

« un aperitivo per il pranzo nella immensità ». E

quando la snella imbarcazione scese nelle acque

Eridanee pronta per i sereni cimenti sportivi, la

figura del legionario fiumano e dello squadrista

diciannovista che le diede il nome era veramente

presente.

Quando, una lontana sera del 1882, all’albergo

del

Vascello d’oro

(nome augurale per canottieri che

si radunano a convegno) si gettarono da pochi ani­

mosi le basi della futura « Caprera », altre più vecchie

consorelle solcavano il fiume colle loro imbarcazioni.

I nomi più tradizionali erano già monopolizzati da

quelle:

Cerea,

dal caratteristico saluto piemontese;

Eridano,

dal nome mitico del massimo fiume ita­

liano;

Armida,

che vanta pure origini piemontesi,

chè la descrizione dei giardini omonimi venne ispi­

rata al Tasso dal suo soggiorno nel Parco che i Duchi

di Savoia avevano creato dove ora sorge la Mani­

fattura dei tabacchi. La recente morte del Duce dei

Mille ispirò ai fondatori il nome sociale; felice ispi­

razione che fondeva assieme l’amor di patria e quello

dello sport, e che dal rosso fiammeggiante della

camicia e dal candore dell’anima

garibaldina

traeva

pure i colori della

divisa

sociale.

Prima

sede dei

novelli argonauti

(che s’erano staccati

dalla

Socùti

Ginnastica

per dedicarsi completamente al canot­

taggio) furono due modeste ca ­

mere appigionate dal lavandaio

Gaspare Crivelli alla barriera di

Piacenza, prospicienti quella lin­

gua di terra che incanalava una

parte di fiume dal popolo defi­

nita

Po cit,

e i concerti serotini

gracidanti che le rane intona­

vano in quella località, valsero nei

primi tempi l’appellativo di

babiot

(ranocchi) ai baldi bianco-rosso

vestiti. Comunque, dopo l’adu­

nata decisiva del 1 5 aprile 1883,

la « Caprera » era un fatto com­

piuto. Erano tempi in cui lo

sport anziché essere un’attività

riconosciuta e stimolata, era piut­

tosto trascurato, e il fiorire di

competizioni, specialmente nel

campo del canottaggio, rappre­

sentava anzitutto un atto di

puro amore allo sport, e secondariamente richiedeva

tenacia non comune a vincere le larvate derisioni e

la freddezza pressoché generale, e inoltre non indif­

ferenti sacrifici pecuniari. A questi provvidero i soci

tutti fraternamente, senza distinzione di condizione:

artigiani, ingegneri, medici, avvocati, e fra tutti si

distinse per la sua disinteressata generosità il dottore

Paolo Gianotti che fu anche presidente della Società.

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