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GIORNALISMO ANTICAVOURIANO A TORINO: CARLO BEOLCHI

contro coloro che minacciavano

la libertà spagnuola.

Si vennero così formando tre

compagnie italiane: alla prima

fu eletto capitano il Pacchiarotti,

alla seconda il maggiore Brescia,

alla terza il conte Ceppi.

Le vicende delle tre com­

pagnie furono molteplici; più in­

nanzi, di esse vennero formati due

corpi, un battaglione e uno squa­

drone di lancieri. Il battaglione

contava più di duecento esuli ita­

liani; a capo vi stava il Pacchia­

rotti (2); a quella dei lancieri il

conte Briano— il Ceppi era morto

nello scontro di Pineda — e si eb­

bero la propria bandiera tricolore

e il proprio inno, l’«Inno degli

esuli», scritto da Luigi Monteggia

che fu il bardo della compagnia.

Fu solo al ritorno della terza

spedizione di Vich che gli italiani poterono formare

il battaglione e lo squadrone de’ lancieri, fonnato

intieramente da ufficiali italiani, comandato dal

conte Bianco (3), già maggiore dei dragoni del Re

in Piemonte.

Il

battaglione era composto di oltre duecento

esuli. All’assalto si cantava l'inno scritto dal Mon­

teggia, musicato da un maestro di musica italiano

di Barcellona.

Voci calunniose si diffusero in quel tempo sul

valore dei soldati italiani. Il Beofchi fu incaricato

di stendere un manifesto e in esso vi espose i fatti

della rivoluzione piemontese, senza esprimere per

altro giudizio alcuno, lasciandolo alla pubblica opi­

nione.

Il

partito conservatore spagnook) intanto apal­

leggiato dall’esercito francese comandato dall'Angou-

léme andava prendendo sempre più piede: il generale

Rotten assediato in Borga veniva subito aiutato dagli

esuli italiani.

I

costituzionali fecero

di terra in terra

cito di Francia che

e

vinceva i nemici, gli amici colla

cortesia. I francesi lo chiamarono

« le brave des braves ». Le cose

volgevano a male per i costituzio­

nali: i francesi stringevano ogni

giorno più il blocco e gli esuli

stanchi, decimati, visto che ogni

sforzo era ormai inutile, pensa­

rono di cercare più respirabil

aere in altre terre.

Barcellona capitolava il 2 no­

vembre. Ai profughi italiani e di

altre nazionalità, il Duca di Cone-

gliano, Maresciallo di Moncey,

prometteva il passaporto ed in

ogni caso uguaglianza di tratta­

mento coi militari spagnoli. Il

Beolchi con altri compagni, fra

cui il Bardieri e il Fontana, a

bordo di una nave svedese si

portò a Palma e di

11

ad Ali­

cante. Triste viaggio durante il

quale il Beolchi seppe dell'arresto e della pri­

gionia di Riego. Da Alicante il Beolchi si portò a

Cartagena e proprio ne' giorni in cui

te città

capitolava. Non v'era scampo: o andare prigioniero

in Francia o ripartire al più presto. Ma per ripartire

ci volevano denari, che fortunatamente trovò, e così

potè giungere, in un a molti disertori francesi e a

compromessi nella rivoluzione spagnola, a Gibilterra.

Nuovi dolori e nuove miserie: fu per generosità di

un tal Busetti che il Beolchi potè salpare per l’In­

ghilterra, senaochè il capitano della nave dove il

Beolchi si era imbarcato volle toccar terra a Cadice

per caricar zavorra. Invano il Beolchi ed i

compagni protestarono