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NEL CINQUANTENARIO DELLA CANOTTIERI

"

CAPRERA

„ (

1883-1933)

Dalla primitiva sede, dopo una breve pa­

rentesi trascorsa in uno stabilimento di bagni

dove vennero messi a disposizione dei canot­

tieri, dai soci che ne erano proprietari, due

locali, la « Caprera » passò alla fine del 1885

nella nuova sede sulla riva sinistra del Po,

fra il Borgo Medioevale e

YEttdano.

Dal gra­

zioso

chalet,

meno fortunata della vicina con­

sorella, benché i soci si fossero quotati tutti

per l’abbonamento all’Esposizione, dovettero

sloggiare prima del 1 9 1 1 , e dopo un periodo

trascorso in un baraccamento, periodo che mise

a dura prova la vitalità della Società stessa,

risorse a nuova vita nella sede attuale presso

il ponte Umberto I, sulla sponda destra, che

nel 1930 ebbe l'onore di una visita del Prin­

cipe Ereditario recatovisi per assistere alle

gare degli equipaggi militari allenati dalla

« Caprera ».

La Società dalle insegne bianche-rosse cominciò

presto — sin da quando era ancora nella prima

umile sede — a partecipare alle tenzoni fluviali, e,

benché avesse nei suoi... cantieri pochissime imbar­

cazioni, fece subito avvertire alle consorelle che una

nuova forza s’era posta in lizza e che con quella

bisognava fare i conti. Dopo mezzo secolo è lecito

compiacersi e riconoscere che quel pugno di valen­

tuomini che la fondarono erano sicuri del fatto loro,

e che nelle cavalleresche competizioni portarono non

solo la loro tenace volontà e il loro sconfinato amore

per il fiume prediletto, ma anche una perizia tecnica

i cui frutti sono tuttora tangibili. Le vetrine dove

sono allineati i trofei conquistati sul Po, sul Tevere,

sul Volturno, a Lione e sui Laghi, stanno a dimo­

strare di quanta passione fossero anim.

varchi

Eridanei, chè a quei tempi lo sport non arricchiva

certo chi lo praticava! Esorbiterei dal compito che

mi sono assunto se elencassi la serie di vittorie della

« Caprera », compito esaurito egregiamente dal Fi-

gliuzzi nel suo prezioso libro. A me, come figlio del

segaligno poppiere Luigi Rovere, basta rievocare

dall’archivio della memoria e del cuore le gagliarde

figure che mi erano famigliali sin dall’infanzia. E

nella Società che sin dai suoi primordi fu la benia-

mina del pubblico torinese, le figure tipiche costitui­

vano una galleria. Fra i fondatori si faceva rimar­

care quella baffuta e moschettieresca del professore

Isacco, {Mima insegnante e poi ispettore generale di

ginnastica, vero apostolo dell’educazione fisica, col­

locato a riposo nel 19 1 5 ; veramente baldo canottiere,

che durante le lunghe gite, preposto all’approvvigio­

namento delle vettovaglie, abbondava sempre gar­

gantuescamente, tanto che qualche volta parte delle

provviste doveva essere buttata a fiume. Un altro

fondatore. Luigi Rovere, ebbe tre sole cose nel cuore:

la

patria,

la

famiglia e la sua «Caprera». Per un

ventennio la « veneta » a quattro da lui

capitanata,

assieme a

Cravero,

Frette e

Morano, conseguì

inva­

riabilmente il

secondo premio, tanto

che i canottieri

e la stampa

sportiva l’avevano

definita « l’eterna

seconda ». L ’aveva

battezzata

Amor

forse a tradurre

tangibilmente la sua passione

per

tutto quanto sapeva

di voga, e nel 1907, già presso la sessantina, scese

ancora in campo con Vuetaz, Treves e Sansone,

strappando un primo premio nella gara

Armida.

Nel 1911, quando il Touring Club Italiano bandì la

Crociera Rentier* Torino-Pavia

egli fu... l’ammiraglio

scelto

a capitanare

la flotta

fluviale,

e, come

sempre,

condusse brillantemente

a termine k non facile

impresa. Per circa mi quarantennio solcò le acque

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