

NEL CINQUANTENARIO DELLA CANOTTIERI
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CAPRERA
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1883-1933)
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del Po, e mai sotto la sua guida ebbe a verificarsi il
benché minimo incidente, tanto famigliali gli erano
tutti i segreti del fiume; e quando un qualche sinistro
pareva profilarsi per un fatto impreveduto o per l’im
perìzia di qualche vogatore, messo da parte il confiden
ziale comando piemontese, latinizzava alla macchero
nica e... il perìcolo era scongiurato. È ancora vivo il
ricordo fra i vecchi lupi del «Caprera» il
Tenet Fiat
(trattenete il respiro) pronunciato seccamente che
valse a scongiurare un sicuro speronamento. È lui che
pochi giorni prima della sua dipartita mi narrava una
freddura gandoliniana. Nel 1893, durante i festeg
giamenti che per le nozze d’argento di Umberto e
Margherita si svolsero a Roma, ebbero luogo le
Regate Nazionali cui presero parte anche i canottieri
della « Caprera ». Gandolin partecipò ad un banchetto
di rematori i quali, entusiasti deU’improwisato col
lega, alla notte, verso le due, si recarono sotto le
finestre della redazione dove lavorava, invitandolo
a parlare. Gandolin non seppe esimersi e il suo discorso
fu il seguente: « V i ringrazio della vostra manifesta
zione, ma adesso é tardi e andate a riposarvi. Riti
ratevi giovanotti, che a quest’ora non siete più
cannott'ieri,
ma siete
canottaggi
». Chiamato dai con
soci « padre del canottaggio turistico » fu lui a pro
muovere le numerose gite in barca, fra le quali
quella tradizionale
a Moncalieri,
e
molti torinesi
ricordano
tuttora la « veneta
» ad otto vogatori
che
ogni domenica risaliva il fiume sino alla confluenza
del Sangone e ridiscendeva al crepuscolo, montata
dal classico equipaggio della vecchia guardia canot-
tieresca che nel 1 9 1 1 durante i festeggiamenti flu
viali, eseguì impeccabilmente la parata dei « remi
in alto ». A l principio del 1920 Luigi Rovere con
chiuse la sua semplice e laboriosa giornata, e la
Società lo ricordò nel modo più affettuoso e acconcio,
intitolando al suo nome un’imbarcazione alla veneta.
Accanto alle figure di questi primi pionieri della
« Caprera » fiorì una schiera di campioni. Dopo Enrico
Balocco che aperse la serie delle vittorie sociali,
s ’impose Antonio Masera, singolare tempra di appas
sionato dello sport fluviale, divenuto campione
d ’ Italia di
skiff,
che cominciò a « correre » a 35 anni,
e nel 1905, a 49, comparve ancora in gara. Auto
didatta nel senso più puro ed eroico della parola,
allineò sul suo petto numerose medaglie e nelle
vetrine sociali i più preziosi trofei. Quando si alle
nava, si riduceva tutto ossa e nervi e scemava di
dieci o quindici chilogrammi. Ma quanta passione,
quanta energia, quanto entusiasmo in questo atleta
che nell’età in cui altri ammainano quasi le vele,
s ’iniziava ai cimenti sportivi colla giocondità d ’un
fanciullo! E assieme a lui e dopo, comparvero — a To
rino, Roma, Rapallo, Pavia, Palermo, Venezia, Como,
Stresa, Lione — a tener alti i colori della « Caprera »,
Carlo Tardy; Gianni Vaudano, campione italiano di
sandolino; Sibaldi; Opezzi che per quanto fosse sfor
tunato a Lione, venne definito dal Séguin:
le plus
beau rameur d'Italie, le plus stylé!.
Fra la serie dei presidenti, oltre quelli già accen
nati, vanno ricordati Giuseppe Bosco che fu il primo;
il dottor Santi che lo fu per ben tre volte, largo
sempre alla diletta Società di consiglio e di appoggi,
e l’avvocato Giuseppe Moglia che lo fu per circa
otto anni. Prima giornalista, resocontista giudiziario
arguto e caustico ed epigrammista felicissimo, accanto
a Bottero, aveva posto amore alla vita giornalistica,
che abbandonò per consacrarsi interamente all’avvo
catura, cogliendo in questo campo larga messe di
estimazione per la dirittura del suo carattere e le
doti della sua mente. Dotato d ’una virtù che va
facendosi sempre più rara, era modestissimo, e sep-
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