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Nasso », oltre alla cospicua messe di poemi

sinfonici, testimoni, tutti della fantasia e

della particolare sensibilità del maestro ba­

varese.

Ed un poderoso lavoro è pure 1* « Elet­

tra ». Se nella consorella ebraica, attraverso

allo spasmodico congegno scenico della

perversione tracciato da Oscar Wilde, è la

sensualità esasperata che si sprigiona dalle

spire di un tessuto orchestrale tutta perfidia

felina, se nel « Rosenkavalier » il linguag­

gio tende alla caricatura pure in concomi­

tanza a notevoli e rasserenanti oasi pateti­

che e nell’ « Arianna a Nasso » l ’interseca­

zione tra il sereno ed olimpico ambiente mi­

tologico e l ’arguta commedia settecentesca

italiana si compie con un gioco audace che

sa del prodigio, nell’ •<Elettra » è la sete di

vendetta unicamente, l ’odio implacabile che

costituisce la chiave di volta dell’edificio

ideato da Hugo Von Hofmansthal. L’odio

che ingrandisce di mano in mano in mano

e nella gioia si appaga : la danza tragica e

folle in cui si consuma, si annienta e si ina­

bissa la protagonista.

E non meno violenta è la musica, tranne

pochi istanti, come il dolce incontro di Elet­

tra e di Oreste in cui le fila della polifonia

si allentano e l'orchestra si fa d ’un tratto

canoramente affettuosa ed intenerita : vio­

lenta e convulsa, quasi esclusivamente di­

namica ed irresistibile come il fato che so­

vrasta e domina gli eventi nella fosca reg­

gia di Micene.

Ciononostante, malgrado lo sforzo d ’at­

tenzione e di tensione che la partitura esige

dallo spettatore nel seguire il groviglio di

una polifonia complessa quanto mai, è tale

e tanta la veemenza sua che ci sentiamo a

nostra volta soggiogati, trascinati e travolti

dal demone inesorabile della velocità e del­

la quantità.

Nella corsa vertiginosa, come fulmine

durante la burrasca, l ’armonia sembra rive­

larci con opposizioni e sovrapposizioni to­

nali, colle modulazioni improvvise, coll’e ­

nergia possente di ritmi scagliati con gesto

brutale, le imperscrutabili regioni della no­

stra vita istintiva e l ’essenza stessa del mon­

de fonico e le attrazioni reciproche e le an­

tipatie dei suoni e ricreare al di sopra della

tragedia un’altra tragedia che supera per

impulsi le figure pur esagitate e sconvolte

che sulla scena urlano e gestiscono più che

non cantino veramente, ove per canto non

s ’intenda l’accessibile forma stereotipa, ma

quel modo d ’esprimersi colla voce che il

dramma stesso riesce a manifestarci pas­

sando e purificandosi attraverso <*d uno sta­

to lirico.

L ’ebbrezza dionisiaca — se fosse consen­

tito un parallelo tra l ’arte greca tanto pura

e limpida quanto quella di Riccardo Strauss

è turbolenta e spuria — si riallaccia qui alla

sinfonia del « Don Giovanni » di « Vita

d ’Eroe » di « Così parlò Zaratustra » : emi­

nentemente strumentale con un discorso

svolto e dissolto in se stesso : in un clima

cupo e più tempestoso anche se sostanzial­

mente la materia è analoga e come sempre

rudimentale.

Poiché l ’intrinseco valore della musica di

Riccardo Strauss — sarebbe ovvio il ripeter­

lo — deriva dalle facoltà indiscutibilmente

personali e forse uniche di elaborare i temi,

le melodie le più semplici ed euritmiche :

gli spunti di danza stessi non infrequenti,

che, difformati e sfruttati alle estreme con­

seguenze, sino a divenire irriconoscibili, as ­

sumono gli aspetti più diversi, le più anti­

tetiche espressioni : magico specchio in cui

la medesima fisionomia muove dal tragico

al comico, dal dolore straziante al riso bef­

fardo e sfrenato, in riflessi congiunti solo

dall’occulto legame dell’eccezione e dell’i­

perbole.

Guidati dalla sicura bacchetta del maestro

Capuana che colla concertazione dell’ope-

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