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I prospetti d ’entrata del padiglione sono
anch’essi riccamente scolpiti e dorati a ca
riatidi, conchiglie, aquile e cartocci, e in
alto campeggia lo stemma di Savoia fra due
leoni.
Anche il timone è intagliato come la ri
bolla che lo regola, in capo alla quale da
una parte è un drago alato, dall'altra un
delfino.
Questa peota, nella sua parte plastica è
adunque un buon esemplare di quella fa
stosa, fantasiosa e anche un po ’ macchinosa
scultura veneziana del principio del ’700
che ancora rispecchia intieramente le forme
seicentesche e che ebbe a rappresentanti
maggiori Andrea Brustolon, Jacopo Piaz
zetta e Francesco Pianta. Abbiamo poi già
nominato quell’Antonio Corradini che scol
pì nel Bucintoro veneziano del 1728 e dal
quale certamente si inspirò il minore Cal
deroni.
Giunta così al Valentino la Peota regale
fu collocata sotto un’ampia tettoia espressa-
mente costrutta lungo il bastione che fian
cheggiava il Palazzo del Valentino verso
Moncalieri, ed ebbe inizio la sua attività
«<per il divertimento delle LL. MM. ».
Di questa attività noi non possiamo ri
cordare qui che alcuni fatti salienti, cioè ce
rimonie nuziali in occasione delle quali la
festante folla torinese adunatasi sulle sponde
del Po potè ammirare le coppie degli sposi
sulla dorata peota, con Re, Principi e per
sonaggi della Corte, e chissà quale turba
di altre imbarcazioni a fare loro corteo.
La prima volta fu nel 1776 quando si
celebrarono le nozze di Carlo Emanuele IV
con la principessa Clotilde di Francia. La
seconda nel 1842 per gli sponsali del Prin
cipe Ereditario di Sardegna Vittorio Ema
nuele con Maria Adelaide Arciduchessa di
Austria. La terza infine quando il Principe
Amedeo di Savoia Duca d ’Aosta sposò la
principessa Maria Dal Pozzo della Cisterna.
La festa sul Po ebbe allora luogo il 2 giu
gno 1867.
E questa fu l'ultima pagina della storia
della nostra peota nelle sue funzioni auliche.
Poi cambiarono i tempi : la Corte Sa
bauda presso altri fiumi aveva trasportata la
sua sede, l’Arno e infine il T evere a com
pimento dei prcprii destini : il Castello del
Valentino era divenuto sede del Politecnico ;
le acque del Po non erano più solcate che
dalle più moderne e più snelle imbarcazioni
delle nuove Società di canottaggio ; lo pseu-
cio Bucintoro era crmai un nobile sorpassato,
la sua vita era finita come era tramontato il
fastoso settecento veneziano e la gloria del
la sua patria.
Ma giustamente lo si volle conservare.
Sua Maestà Vittorio Emanuele li nel 1873
ne aveva fatto dono alla Città di Torino e
questa dovette decidere sul modo di conser
varlo.
E* interessante rileggere le discussioni che
allora si fecero nelle sedute del Consiglio
Comunale a questo proposito, con varie e
non sempre sensate proposte.
Per fortuna prevalse il più saggio propo
sito, quello di includerlo in quel Museo Ci
vico che da pochi anni era stato costituito
nella sede che ancora attualmente occupa.
Dal Po per corso S. Maurizio, il pesante
barcone fu trainato; deposto nel giardino
sito a settentrione del Museo, gli fu co
struito attorno un padiglione coperto rac
cordato mediante un breve passaggio con
gli altri locali a terreno del Museo stesso.
Dopo parecchi decenni di riposo non tur
bato che dagli infrequenti visitatori, parve
un momento che un episodio imprevedibile
dovesse venire a restituire al regale naviglio
un periodo di gloria fastosa. Se le cose han
no un’anima, quella della nostra peota
avrà forse palpitato nel sentire del progetto
di tornare a vedere quelle sponde della La
cuna Veneta donde circa due secoli fa ave
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