

Primavera avanzata del 1751. Era in un
periodo di stanchezza che finì per diventare
vera malattia. Corpo affaticato e spirito de
presso. « ... Alterata dall'assiduita del lavoro
la mia salute scrive nelle
Memorie
« caddi
malato e così pagai il fio della mia follìa >.
Questa prodigiosa follìa era consistita nello
scrivere in un anno sedici commedie nuove,
secondo il solenne impegno da lui pubblica
mente assunto alla recita di chiusura della
compagnia Medebac, a Venezia, nel carne
vale 1749. Impegno che voleva significare
piena rivincita sull'avversa fortuna con cui
erano stati accolti i suoi tre atti de
L'Erede
fortunata.
Il gruppo di sedici commedie, al quale
appartengono
II teatro comico. I l bugiardo
,
La Pamela. L'adulatore,
la
Fam iglia dell'Ari’
tiquario. I l cavaliere di buon gusto
,
La fin ta
malata
,
I l giocatore
, ecc., veniva rappresen
tato fra l'autunno del '750 e il carnevale del
*751. E a quasi tutte arrise ottimo successo.
L'alloro s'infoltiva intorno alla fronte dello
scrittore fecondissimo; ma il suo fisico non
poteva non risentirne. Opportuna occasione:
la compagnia de* suoi comici doveva recitare
a Torino nella primavera e nell'otate. Detto
fatto: risolve di prender con sè l'affezionata
moglie Nicoletta e venirsene a Torino a ripo
sare. « Pensai • dice « che la mutazione del
l'aria e il divertimento di un viaggio potes
sero contribuire al ristabilimento della mia
salute. Seguitai perciò la compagnia a mie
spese ed essendo nell'intenzione di portarmi
poi anche a Genova, condussi meco la cara
mia compagna > che era appunto genovese.
Onesta preoccupazione: il viaggio effet
tuato
a sue spese,
nonostante fosse agli sti
pendi della compagnia. Ma col capocomico
Medebac non si scherzava in materia d’inte
ressi. Pochi mesi innanzi aveva addirittura
negato il permesso alla stampa delle opere
del Goldoni, stampa da cui il commediografo
si riprometteva un guadagno, tanto pia legit
timo dopo quel po' po' di lavoro straordinario
al quale s*era sobbarcato, non ricavandone
« neppure un obolo sopra il prezzo convenuto
per un anno ». Il Goldoni, a scanso d'equi
voci. precisa: « Neppur la minima gratifi
cazione: molti elogi, molti complimenti, mai
però la p i j piccola riconoscenza •>. Egli rilut
tava dall'avviare una lite, ben sapendo che
cosa implichi di fastidi, spese e lungaggini il
(•ottenerla. S'acconciò, mal suo grado, a una
transazione: il Medebac concedeva che delle
opere si stampasse * un sol volume all'anno «
e il primo, che comprendeva quattro comme
die. uscì a Venezia l'anno medesimo — 1751
— a cura del libraio Antonio Bettinelli.
Ma il contralto col capocomico era state
un non lieve motivo di • afflizione » morale
B
che s'aggiungeva al malanno fìsico. Ce n’era
più che a sufficienza per giustificare gli « ac
cessi d'ipocondria » da cui il Goldoni narra
d'esser stato colto. Per tuttociò chiedeva
conforto al clima e alla quiete di Torino.
Vedremo poi che razza di riposo sarà.
* * *
Quanto a tranquillità, Torino era allora
in un momento adatto per offrirne con lar
ghezza. Le armi tacevano e le finanze dello
Stato rifiorivano. Sedeva sul trono Carlo
Emanuele I I I , ma si era, ormai da tre anni,
alla parte pacifica del suo regno. Il trattato
d'Acquisgrana del 18 ottobre 1748 aveva
concluso un trilustre periodo di guerre. Bale
navano i ricordi della propizia giornata di
Guastalla (19 settembre 1734) e quelli più
recenti della vittoria al Colle deirAssietta
(19 luglio 1747). Il dominio sabaudo s'era
ingrandito con l'annessione del Novarese e
d'altre terre.
Ora il figlio di Vittorio Amedeo I I , con
l'ausilio del ministro conte Bogino, badava
a rimetter ordine nell'amministrazione e vol
geva le sue premure ad alleviare la popola
zione de' gravami impostile nel precedente
decennio. « Così ben regolato è il governo di
quella Reai Corte • scriveva il Muratori nel
'749. " così rette le massime del savio e beni-
gni»imo principe Carlo Emanuele I I I , tanto
l'amore verso i sudditi suoi, ch’essi non tar
deranno ad asciugar le lacrime ». E Davide Ber
tolotti (1) rammenta che il Sovrano, parlando
un giorno co' suoi gentiluomini, uscì in questa
frase: «Sono al pia bel dì del viver mio, poiché
vengo dal tor via l'ultima imposizione straor
dinaria ».
Come si presentava Torino quando vi fu
il commediografo veneziano? Ci soccorre la
« Guida di G. C. Craveri, posteriore di appena
due anni, pubblicata nel 1753, « in vendita »
avverte il frontespizio » da Gian Domenico
Rameletti, libraio sotto a* portici della con
trada di Po, vicino alla Posta >: la più antica
guida torinese a stampa che si conosca. In
quell'epoca erano in corso i lavori di con
trada Dora Grossa, l'odierna via Garibaldi,
che s'andava rifacendo tutta secondo una
uguale architettura e già vi sorgevano parec
chi dei nuovi fabbricati.
Lar città, in un irregolare circuito di tre
miglia, presidiata da quattordici « bastioni
reali » e da altre opere di fortificazione, era
compresa da nord a sud fra Porta Palazzo e
Porta Nuova, da est a ovest fra il termine di
via Po e l'attuale corso Yaldocco. Aveva circa
settanta^imila abitanti: si divideva in cento-
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