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pteomofologici della regione, povere le vegetazioni

l>a«<*oli\e, troppo frazionati i possessi, misere le ca-

panne adibite ad abitazione che ancora ricordano i

tempi delle emancipazioni servili.

Ouando le condizioni di vita della montagna sono

raffrontate dal montanaro con quelle del piano, ove

industrie e commerci, fattori potenti di civiltà, ele­

vano le condizioni di vita delle classi lavoratrici,

allora non stupisce se la differenza riscontrata spin­

ge l'uomo del monte a scendere a valle in cerca di

esistenza migliore. Le cause di carattere generale,

come frane, disboscamenti, vincoli forestali esa­

gerati, mancanza di strade e mezzi di comunica­

zione, pietose condizioni edilizie, cooperano ad ag­

gravare la situazione e a trasformare le popolazioni

agricolo-pastorali in classi operaie più o meno spe­

cializzate.

Nè devonsi dimenticare tutte le altre concause

che contribuiscono a ridurre le fonti di reddito, co­

me l'eccessivo frazionamento della proprietà mon­

tana della valle del Cesso, mentre la progressiva

mancanza del maschio fecondatore, precedente-

niente emigrato, contribuisce a depauperare di ele­

menti giovani la razza montana.

Può certamente rattristare il vedere tante zone

destinate al progressivo abbandono nello sfacelo

delle case consunte dagli agenti meteorologici, come

ad esempio nell'alta Val Ripa “* ove la bontà dei

pascoli permette tuttavia di ospitare in poverissime

capanne alcune disperse mandrie.

Fenomeno naturale la discesa al piano. Non lo si

ferma distruggendo il patrimonio boschivo per im­

piantare industrie naturalmente non convenienti.

Come la rivoluzione industriale un giorno depau­

però progressivamente le campagne patriarcali e

artigiane ove l'agricoltore accomunava il lavoro dei

campi con quello della casalinga filatura, favorito

da un ben organizzato « putting out system », così

oggi l'incremento industriale spopola i monti e le

campagne. E nei centri maggiori cittadini vi giun­

gono non a stadi successivi, ma come il Mortara ha

dimostrato<7> in modo continuativo, quasi a rap­

presentare, ieri, uno sfogo ai naturale incremento

delle popolazioni circonvicine al centro cittadino

assorbitore, oggi, un compenso provvidenziale alle

condizioni economiche ed agrarie della campagna.

Dalle statistiche si rilevava che al principio del

secolo, il movimento d'immigrazione dalle campa­

gne circostanti verso Torino era il più ingente, in

cifre assolute, nei confronti di qualsiasi altra città.

Di fronte all'evidente differenza di vita tra monte

e valle, non è sufficiente trattenere le popolazioni

locali narrando la poesia georgica dei monti inari­

diti. La mobilità dei fattori produttivi spinge fa­

talmente a questa redistribuzione delle forze lavo­

ratrici. Le cui ulteriori conseguenze sono quelle di

ridurre i limiti dei coltivi e il patrimonio zootec­

nico, mentre, per l'attenuata densità demografica,

alcuni campi diventano pascoli e si rimboscano le

terre peggiori, e fatalmente si trasformano le basi

su cui poggiav*' ' • *r.idizionale famiglia agricolo-pa-

storale.

Esistono rimedi? Se ne cercarono, ma con scarso

successo. Mentre alcuni autori vedono nel dirada­

mento demografico delle montagne piemontesi la

possibilità di un più razionale sistema di colture in

rapporto alle condizioni ambientali

altri chie­

dono un ordinato e controllato movimento migra­

torio stagionale tale da compensare, per gli emi­

granti, gli scarsi redditi montani, un miglioramento

delle abitazioni, un alleggerimento tributario, una

più accurata istruzione elementare, un incremento

di industrie e attività turistiche. Ben modesti ri­

medi al prepotente reagire di forze che nella orga­

nizzazione evolutiva della società trovano la loro

spontanea ineluttabile origine.

Si rende pertanto necessario non già un rinno­

vato esame della situazione in sè sin troppo chiara,

bensì un pronto risolutivo intervento di carattere

generale che può andare tanto lontano quanto si

vuole. Nè ai soli organi locali tale intervento può

essere affidato poiché ad essi spetterà, se mai, il

coordinare secondo le necessità particolari le gene­

rali disposizioni.

ANTONIO POSSATI

• 1 • Lancialo—or è un drrrwio —l'allarme *u lo «popolamento

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della tona lijurc-piem«nie»e. il problema venne immedlia-

t-intenteconsideralo dal • Comitato nazionale per la p agraia dei

<>n*iglio Nazionale delle ricerche• e dall*» latitato N«rionale di

^•ataia Afrana a. Cmwfwmi ne fa il torgere della nata in-

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lo «popolamento montano in Italia aenra del «Comitato

per la papaia del CntHigUo Natianale delle ricard» a e del-

I* I tif a Nmanale di Enaoma Agraria• l«S2 Iti arasti.

<* O. B—Ut. La manici,

f h

afta «a .papaia, m « L'Italia

ttrMofaa.

mutmktt

H».

IJi P. Binatila, in • Echi e (/otinnenti a, 192*; D. Ent, in

aAni del 1*

C—

grama piemontese di economia montanaa, To­

rino. 1920.

(4) a— 111, La nawapa ipnpalata, in aRivista del CU Al-

pino italiano a, voi. XLVI.

(Si la aL'Italia Aprica laa. Inolio 192*. pag. 429.

<*i Cininni di CeaatmTarma» • di Ckviere.

IT*C. Marnai.

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