

uomini. Il libro non appare nè troppo audace
nè troppo rivoluzionario. L ’idea in esso con*
tenuta che l’indipendenza d’Italia sarà faci
litata dalla stessa Austria quando questa,
sfasciatosi fatalmente l’impero ottomano, sen
tirà la convenienza di abbandonare il Lom-
bardo-Veneto per i possedimenti balcanici
fa pensare, non a torto, al Giusti, che quelle
del Balbo siano le speranze di un disperato.
Ma se noi riguardiamo le pagine dello scrit
tore piemontese per ciò che esse possono
valere al di fuori delle troppo ingenue consi
derazioni sul futuro, troviamo che esse ubbi
discono ad una profonda esigenza del tempo,
nulla essendovi di casuale nel moto del pen
siero.
Tutti i grandi fatti di un popolo vengono
compiuti in nome della Storia. Nelle rivolu
zioni come nelle conquiste, si cerca una giu
stificazione nel passato, una legittimazione
nelle rivoluzioni e nelle conquiste che pre
cedono.
Nella conoscenza e nel ripensamento della
storia ogni popolo trova il compimento della
propria personalità. L’Italia aveva vissuto
troppo a lungo nella propria dimenticanza.
I na ragione di vera necessità la spinge a
volgersi verso il passato ora che è sull’atto
di staccarsene, per rinvenire oltre la paren
tesi secolare dell’addormentamento politico,
i motivi remoti della grandezza e gli stimoli
della rinascita e come per sentire più pun
gente l’urgenza di riguadagnare il tempo
perduto. Le
Speranze
ed ancor più il Som
mario, comparso due anni dopo, ubbidiscono
a questo bisogno generale del pensiero sto
rico del tempo. La loro apparizione non è
gratuita quindi ma necessitata. Balbo attri
buisce alla conoscenza della storia lo stesso
valore decisivo delle armi. Lo sforzo del
>uo pensiero è tutto diretto a cercare nella
contraddizione dei secoli e fra le alterne
vicende della Penisola, una coerenza di prin
cipi, una continuità di ideali, insomma l ’unità
di una storia nazionale alla meditazione della
quale volgere l’ attenzione dell’ Italia suddi
visa e contesa.
Il
centro ideale,
cioè
l’interesse durevole
lungo
i secoli, intorno al quale si raccolgono
di
necessità tu tti
i
fatti, alla luce del quale
vanno
dunque interpretati tu tti
i
fenomeni,
cioè
il principio generale unitario della storia
d’Italia
è,
secondo il Balbo, l’idea d’indi
pendenza. Idea che nasce agli albori del
•Medioevo coi pontefici e procede col partito
guelfo. Tutto ciò cbe di cesareo *i oppose
alla politica dei Papi è posto dallo storico
piemontese sotto l’accusa di rappresentare
l’Anti-Italia. Da questo punto di vista, troppo
intransigente per essere comprensivo e troppo
arbitrario per pretendere alla spiegazione di
tutti i fatti storici, è naturale che le vicende
della Penisola gli si rivoltino contro e fini
scano col configurargli piuttosto come il
triste spettacolo di una dipendenza quasi
continua. Tiranneggiato dalle proprie pre
messe, Balbo investe in uno stesso giudizio
negativo l’istituzione teocratica del Sacro
Romano Impero, il sogno ghibellino di Dante
e tutto quel Quattrocento « che salve l’erudi-
zioni e l’arti, si potrebbe ricordare all’ingrosso
col nome di secolo della mediocrità ».
Ma anche il guelfismo di Balbo — che
tuttavia non gli impedisce di scorgere ciò
che di utopistico, effimero e inattuabile è
contenuto nel disegno pontificio di Gioberti
— risponde
.in bisogno di libertà e di
indipendenza che spinge il pensiero italiano
a resistere, in nome di un principio superiore
trascendente, all’ invadenza mimanentistica
del pensiero straniero. La filosofia francese
aveva assalito con la novità di obiezioni
imprevedute ed inquietanti i dogmi delle
fedi rivelate, negata ogni legittimità alle
potestà tradizionali, capovolto il principio
di autorità. La democrazia minacciava di
travolgere, col contrattualismo materialistico
ed utilitario del repubblicanesimo popola
resco, ogni gerarchia di valori spirituali. Con
tro l ’ateismo del secolo dell’Enciclopedia,
Balbo afferma che Civiltà e Cristianesimo
e non Civiltà e Libero Pensiero sono parole
di una medesima idea e che il miglior governo
è quello dove si ordina la maggiore autorità
possibile colla maggiore possibile libertà. In
altri termini: la Monarchia costituzionale,
giusto mezzo fra gli estremi dell’assolutismo
medievale e del democraticismo moderno.
Balbo traccia i lineamenti di una filosofia
della storia su queste tre affermazioni: 1) Dio
dirige gli eventi umani; 2) ma i dogmi cristiani
sono i soli che rendono ragione di questa
direzione; 3) dunque in questi dogmi è la
vera ragione di quegli eventi, cioè della
storia universale dell’umanità.
Il
16
marzo
1848,
due giorni prima delle
Cinque giornate di Milano ed otto prima
della dichiarazione di guerra all’Austria, il
Conte Cesare Balbo fu chiamato da Carlo
Alberto ad essere Presidente del primo Mini
stero costituzionale del Piemonte.
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