

quarantacinque « isole »; vantava trentadue
strade primarie e dieci piazze, delle quali
sette specialmente spaziose.
Le parrocchie erano undici nella cerchia
urbana, più sette nei sobborghi; complessi*
vamente cinquantaquattro le chiese, tren
tadue i conventi, sette gli ospedali, due gli
ospizi, tre i collegi per religiosi e due quelli
per secolari. Si contavano due ritiri di donne,
tre per fanciulle, l’Albergo di \ irtù per i giovi
netti e <-un’Accademia per le Arti cavalle
resche », ossia la Reale Accademia Militare
di Savoia.
Non elenchiamo palazzi e ville. Fin dal
secolo decimosettimo valorosi architetti quali
il \ ittozzi, Carlo e Amedeo di Castellamonte,
il Lanfranchi e l'audace Guarini avevano ar
ricchito la città di edifìci pubblici e privati.
Nel secondo e terzo decennio del Settecento
il Juvara, figura dominante, vi aveva pro
fuso le sue geniali concezioni. Sulle orme
incancellabili di lui lavoravano, alacri, i suoi
seguaci, primo fra tutti Benedetto Alfieri.
Questo monumentale decoro strapperà al Gol-
doni alte lodi. « Non conoscevo Torino > af
ferma « e la trovai deliziosa. L’uniformità
delle fabbriche nelle vie principali produce un
colpo d'occhio graziosissimo e sono parimenti
di estrema bellezza le sue piazze eie sue chiese.
La fortezza presenta una superba passeggiata
e nelle abitazioni reali, in città come in cam
pagna, si trovano gusto e magnificenza ».
Il che lascia supporre ch’egli abbia visitato
diversi palazzi anche nei dintorni, dal castello
del Valentino a quello di Rivoli, dal palazzo
di \enaria alla palazzina di caccia di Stu-
pinigi.
Quanto alla « fortezza » i cui bastioni lo
hanno gradevolmente attirato, si tratta della
cinquecentesca Cittadella, alla quale Vittorio
Amedeo I I aveva fatto aggiungere un vialone
a quattro filari d’alberi: lo spazio centrale
per le carrozze, i due laterali per i pedoni.
Il triplice viale, con gli alberi « piantati a
livello », conduceva « in quattro tirate infino
alla porta Susina * (che s’apriva press’a poco
all' incrocio di via del Carmine col corso Val*
docco), e c’era « a mezza strada un vago labi
rinto formato dagli alberi stessi »: un labirinto
dove per orientarsi non occorreva di sicuro
il mitico filo d’Arianna.
\ediamo come si vivesse in questa piccola
Torino, regale e laboriosa. I cittadini, dice il
Craveri, « sono cortesi e splendidi in tutte le
occasioni in cui è da farsi onore; ingegnosi in
ogni sorta di traffico, amanti delle scienze,
atti alle armi e alle lettere, fedeli a chi li
governa ». Riguardo
al
tenor di vita e alle
fogge di vestiario delle classi più elevate:
*
Le persone
civili »
continua
• hanno
per
loro
uso grandi e ben forniti appartamenti
e
molti servidori: vestono finissimi drappi di
seta, lana e oro alla moda francete ». Moda
che invadeva un pò* tutti i campi e ce ne dà
ragguagli il Goldoni. « I torinesi » egli giudi
cava «sono per loro carattere molto garbati,
molto peliti, partecipando tt*ii dfi cottami
m